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POESIE IN ITALIANO di EURO PULETTI:


CHILLO

Dolce e ridente, in un mattin di maggio,
rivedo ancora il tuo volto di saggio
e, insieme con la luce che si spande,
ecco apparire l’anima tua grande.

Mi fai sedere al tavolo ospitale,
dove ogni cosa appare tale e quale,
tale e quale la lasciasti allora
che un male oscuro ti strinse la gola.

Ma quella voce, che ascoltai bambino,
mi parla ancora, mentre tu versi il vino.
E ritorniamo a dir della Natura
e dei segreti d’ogni sua creatura.

Di nuovo io l’allievo col Maestro
che mi fa uscir dal mio cammin maldestro,
che mi parla di esseri e di cose,
di frutti, fiori, di canine rose.

Dell’uomo, i suoi tormenti e la sua gioia...
... donne antiche che portan la corójja...
... d’ore liete trascorse nel tuo maggio,
sotto l’ombra d’un albero selvaggio.

E ci piace riandar con la memoria
a vite senza voce nella storia.
Dei tuoi luoghi d’infanzia apprendo i nomi,
degli alberi i segreti e dei lor pomi.

Mi culla il suon della tua voce vera
e non mi accorgo che si è fatta sera.
Triste dal ramo quel solitario chiù
par che mi dica: “Non lo vedrai mai più”.

Ci salutiam sul ciglio della porta
e il tuo sorriso al mio cammino è scorta,
da casa mi saluti con la mano,
finché ti vedo scomparir, lontano.

Addio, grande amico della vita,
te ne sei andato, ma non è finita:
spero ti accolga nuova primavera
in quel paese in cui non si fa sera.

Ti voglio ancora ricordar com’eri
quando ci siamo salutati ieri.
Eri la terra a lavorar provetto,
abile falegname, anzi perfetto.

E del tuo nome resterà, lo credo,
eterna la memoria, o caro Alfredo,
perché mai sulla terra nulla muore
di una vita vissuta con il cuore.

E voglio ancora richiamarti come...
... tutti lo conoscevano il tuo nome.
Un nome sol risuona come squillo,
quel nome tanto amato è solo... Chillo.








L’ULTIMA LETTERA

TUTTI QUEI SOGNI CHE CULLAI, BAMBINO,
ORA LI SPETTINA IL VENTO DEL DESTINO.
VANNO LE STELLE MIE IN CERCA DI CIELO:
SPOSE NOVELLE SENZ’ABITO NÉ VELO.
DENTRO DI ME ULULAR SENTO UNA LUPA:
ORRIDA LATRA L’IMMONDA BESTIA CUPA.
SOPRA DI ME VOLTEGGIANO LE RUPI:
VOLI D’AQUILA IMPIETRITI NEI DIRUPI.
L’ULTIMA LETTERA CHE SCRIVERÒ SARÀ…D’AMORE:
AMORE PER UNA DONNA IMMAGINARIA,
CHE SARÀ BRUNA, MA ETEREA COME L’ARIA.
UN PENNELLO USERÒ E QUATTRO COLORI:
LA TAVOLOZZA DEI MIEI SBIADITI AMORI,
DI TUTTE LE OCCASIONI MIE MANCATE,
LA STORIA INUTILE CHE VISSI A PUNTATE.
PERFETTA LA SCRIVERÒ AD UNA FANCIULLA
A CUI, DAVVERO, NON MANCHERÀ NULLA:
BELLA LA PELLE, PIÙ BIANCA DI BETULLA
E LISCIA, COME L’HA UN BAMBINO IN CULLA.
LUNGHI I CAPELLI, E MOSSI DAL VENTO,
RIPARO DELLA VITA ALLO SPAVENTO.
ALATA SARÀ DAVVERO UNA CREATURA,
RIFUGIO DEL MIO CUORE ALLA PAURA.
E A RIPOSARE ANDRÒ TUTTI I MIEI MALI
ALL’OMBRA CALDA DELLE GRANDI ALI.
SARÀ UN PO' AMORE, POI SOLO COSE AMARE:
APPENA USATO, LEI MI VORRÀ GETTARE,
CHE UOMO MI SENTO GIÀ DA ROTTAMARE,
SOLO IL SUO AMORE MI POTRÀ RICICLARE.
POI NELL’AMBIENTE MI VORRÀ DISPERDERE
COME A VOLTE FA COI VUOTI A PERDERE.
FINCHÉ VIVRÒ SARÒ “CONTEMPLATTIVO”:
ADESSO MORTO E, ADESSO, REDIVIVO.
TESSUTO SON DI FIBRA UN PO’ SPECIALE:
VELINA TUTTO FATTO SON DI CARTA,
CHÉ FU LA LUNA LA MIA PRIMA SARTA,
ORO PURO, IO DONO A CHI MI SCARTA!
LA CARAMELLA DOLCE CHE IO SONO
A QUELLA SOLA IO TUTTA LA DONO.
CHÉ FU LA LUNA LA MIA VERA MADRE
E LUMINOSO IL SOLE EBBI PER PADRE.
ORMAI PERDUTO NEI MEANDRI DELL’IO,
HO IMMAGINATO D’INCONTRARTI, O DIO.
D’INABISSATE NUBI IL ROMBO IMMANE,
COME RUMOR DI FONDO ORA PERMANE.
DI MOTOSEGHE STRIDULO È IL LAMENTO,
SORDO IL TONFO DI CHI MUORE IN UN MOMENTO.
QUESTO È IL TORMENTO FORTE DI UN TRENTENNE,
COL SUO DOLORE GRANDE E, ORMAI, PERENNE.
MA IL VENTO SECCO, CHE I MIEI SOGNI SCHIANTA,
DI FIORI COLMA LA RINNOVATA PIANTA.
SE, TU CHE LEGGI, SEI PROPRIO LA FANCIULLA
CHE QUESTO CUORE NEI SUOI SOGNI CULLA,
SE, DEL MIO CIELO, LA LUCE PIÙ BELLA,
BARCONDOLANTE COME BALLERELLA,
SE DELLA VITA MIA L’ULTIMA SORTE,
TU, DOLCISSIMA MIA PICCOLA MORTE:
DUBITA CHE NEL CIEL CI SIAN LE STELLE,
DUBITA CHE NEL BUIO SIAN FIAMMELLE,
DUBITA DEL LORO NAVIGARE A FLOTTE,
VERSO IGNOTE ED INSONDATE ROTTE,
DUBITA DEL LORO VOLO A SCIAMI,
DUBITA TUTTO QUESTO, SE MI AMI.
DUBITA CHE LE ABBIA ACCESE UN DIO…
PERÒ … NON DUBITAR DELL’AMOR MIO!







TU, COME LA LUNA

Stanotte t’ho sognata come amore,

tu, della notte mia, unico albore…

e… all’improvviso, eccoti, o Luna,

sorgere nel mio cielo senza stelle.

Dolce e ridente,

il tuo volto rischiara la mia notte.

Antelucana, la tua lattea luce

allaga soffusa il mio essere

e deborda e dilaga e...

ne trabocco raggiante.

Lucore tremulo d’astro nascente,

insperato come rugiada

sopra un disseccato deserto.

Ma quando, tornata inattingibile,

ti rivesti del tuo alone di mistero...

la mia felicità si eclissa e, illune,

torna la notte...






«Ècci alcuni che altro che transito di cibo e aumentatori di sterco e riempitori di destri chiamar si debbono, perché per loro alcuna virtù in opera si mette; perché di loro altro che pieni e destri non resta».

Leonardo da Vinci

L’UOMO “CAPIENTE”

UN CONTENITORE,

FRA TUTTI

IL PIÙ…

“CAPIENTE”,

DI MERDA,

È L’UOMO.







CONCHIGLIA NEL MARE


IO SONO UNA CONCHIGLIA E TU SEI IL MARE,

SU QUESTA RIVA NAUFRAGATO UN GIORNO,

IN ME TI SENTO ANCORA RIMBOMBARE.

NO HO CHE UN DESIDERIO, O PADRE MIO,

NEL GRAN MARE DELL’ESSERE

DI POTER RITORNARE IN TE,

O MIO DIO.






LA TRISTE STORIA DI SER VANNI

«Fu sopra il Monte di Santa Maria

ch’avvenne, gente, questa storia ria.

Baldo de messer Armanno

fu l’autore d’un inganno,

ma di morte, la vivanda,

gliela diêr quei de Ghirlanda.

Di buon mattin da Costaciar partîro,

a ser Vanni per infliggere un martìro.

Di cacciar fingendo allo sparviero

invitar si fêro al suo maniero,

e, aspettando di fare colazione,

il castello tolsero al padrone,

la vita, poi, strappando al castellano,

finanche il Monte gli tolsero di mano.

E, in mezzo a un balenìo di tuoni e lampi,

ingordi, sangue, tracannâro i campi».




“RAFFICA DI BACI”

SOLO, IN APERTA CAMPAGNA,

SCORDATO E SCONFORTATO DA TUTTI,

TI SOFFIO UNA FOLLIA DI BACI,

RAFFICA A SALVE DI MITRAGLIATRICI.


VILLA, 12/02/1999 EURO PULETTI



ABISSI

Neri abissi della terra,

il vostro buio è luce,

plenitudine il vostro vuoto.

Nelle vostre sfolgoranti tenebre,

braci ardenti di cosparse di stelle,

voglio accecare la mia vista troppo acuta.

E precipitare, io voglio, nel mare delle vostre ombre,

e mai più emergere da esso.

Annegare voglio nella vostra immensità

e il vostro silenzio sia l’arcana musica che mi culli in eterno.

E la mia solitudine sia magnificata dalla vostra vacuità incolore,

affinché il vostro Nulla sia il mio Tutto.

Di vuoto voglio riempirmi,

e ritornare a quel Nulla,

da cui ebbero origine tutte le cose.

Silenzio, Solitudine e Tenebre,

siate i miei padroni ed annullate

il mio essere nel vostro Nulla,

ricolmo di Tutto.





SPIRITO DELLA MONTAGNA

A Te un altare voglio innalzare, Spirito della Montagna,

di sudore e di sangue impastarne la calce,

di lacrime e riso voglio farlo, e, facendolo,

cantare la Tua gloria voglio, Spirito del Mare,

dell’Alto e del Basso unico reggitore,

delle infere regioni fiato possente,

che le nubi sollevi e sospingi

e degli uomini schiacci l’insensato orgoglio.

A Te, un altare di carne ed ossa,

di bontà e cattiveria erigere voglio,

Spirito della nera terra,

che ci volesti un giorno innalzare al di sopra di essa,

perché potessimo sporgerci ad afferrare un azzurro lembo di cielo.

A Te un altare voglio dedicare, di sogno e realtà,

di neve e di fuoco, voglio costruire, Spirito delle Sorgenti,

che dai calcinati ossami della terra, con vivificante impeto,

grandi, gelidi e turbinosi torrenti fai scaturire.

A Te, che fai fiorire il deserto, Spirito della Pioggia,

un altare di sabbia e fumo erigere voglio.

E, quando, quest’altare sia finalmente compiuto,

su di esso voglio ardere le mie carni, Spirito del Vento,

e le aeree ceneri posare voglio sul Tuo ansante petto, Spirito della Vita.

E le mie disperse parti, in una sola essenza riunire voglio, Spirito della morte,

e, nella morte trovare la vita, e, nell’olocausto del fuoco,

al fuoco il mio riso mostrare, Spirito della Gioia e del Dolore, re del Tutto e re del Nulla.

Eterna Unità, Spirito immenso ed indiviso,

fa’ di me , folle scoria del Tuo Tutto, molecola essenziale del Tuo Nulla.

In te, Spirito, voglio scomparire e lasciare la dolorosa coscienza del dolore e della morte,

che, quale belva feroce e insaziabile, dilania il mio spirito.

In Te morire voglio e il desiderio supremo, in Te, spegnere,

affogando nella folle coppa, che trabocca del Tuo vino rosseggiante e vivificante nel profondo.

E, bevendo, ridere, ebbro nella plenitudine della Tua luce,

per sempre, Spirito!




“La mia allegrezz' è la maninconia”

MICHELAGNOLO BUONARROTI



SCONFITTA

SCONFITTA SU SCONFITTA

COSTRUIRÒ UNA PALAFITTA,

NEL FANGO

PROFONDAMENTE INFITTA,

COME CROCE SUL GOLGOTA CONFITTA.

QUALE PENA INIQUAMENTE INFLITTA,

SIMBOLO APPARENTE DI SCONFITTA,

AGLI INSULTI DEL TEMPO STA DIRITTA,

CON LA SUA CIMA

SVETTANTEMENTE INVITTA.

LA MIA VITA,

SEMPRE PIÙ DERELITTA,

COME DI CRISTO, NEL FIANCO LA FITTA,

SEMPRE PIÙ

M’ADDITA LA VIA DRITTA.





GIOVE APPENNINO

QUANDO DAL CIELO FORTEMENTE PIOVE,

È SOLO TE CHE HO IN MENTE, O PADRE GIOVE.

GIOVE SOMMO, GIOVE PLUVIO,

CHE SCATENI OGNI DILUVIO.

TU, GRAND’ECO NELLE RUPI,

RIMBALZANTE NEI DIRUPI,

ULULAR DI MILLE LUPI.

TU, LAMPANTE E TU SAETTANTE,

TI RIVELI IN UN ISTANTE.

TU, CHE SCAGLI LA SAETTA,

METTI IN ATTO LA VENDETTA.

QUANDO CADONO I TUOI DARDI,

OGNI LUOGO TU LO ARDI;

QUANDO, POI, LANCI I TUOI STRALI,

TUTTI GLI ESSERI FAI UGUALI.

TU, IL PIÙ GRANDE, IL DIO DEL CIELO,

CHE LO SQUARCI COME UN VELO.

TU, CHE IL GRAN CUMULONEMBO,

LO TRASCINI PER UN LEMBO,

E LO CULLI NEL TUO GREMBO,

PRONTO PER UN NUOVO ARREMBO,

TU, DELL’AQUILA IL GRAN VOLO,

TU, IL DIO GRANDE, TU IL DIO SOLO.

OTTIMO MASSIMO, TU, IL DIO,

TU, DELL’ARIA, IL MORMORÌO,

TU, DEL CIEL, LO SFAVILLÌO,

TU, DI NUBI, IL BRONTOLÌO,

TU DI LAMPI, IL BALENÌO,

NELLA PIOGGIA, GRANDINÌO,

DI TEMPESTE, IL TURBINÌO,

DELL’ALBA, TU, BALUGINÌO.

O SUPREMO E GRAND’IDDIO,

TU, CHE FAI L’IRADIDDIO,

TU, GRAN GIOVE DELLA ROVERE,

CHE SU ESSA SAI FAR PIOVERE

LE TUE FULMINEE FOLGORI,

TU, CHE, PIÙ DI TUTTI, SFOLGORI,

TU, CHE, SU TERRENO EMPIO,

FAI INNALZARE, ALTO, UN TEMPIO,

TU, CHE APPARI IN UN BALENO,

TU, CHE SEI BATTIBALENO,

TU, CHE SEI L’ARCOBALENO.

DI PIETRA, SU UNA SEDE,

VOTIVA, UNA DEDICA SI VEDE,

ALLA PIAGGIA DEI BAGNI RITROVATA,

ED AL GIOVE APPENNINO CONSACRATA,

AL “DIO DELLA MONTAGNA” DEDICATA,

AL GRAN “GIOVE DELLA BALZA”,

CHE, QUI, ALTISSIMA, S’INNALZA.

TU, CHIAMATO, UN DÌ, “GRABOVIO”,

TU, IMPONENTE PADRE GIOVIO,

TU SEI GRAN NUBE PLUVIALE,

TU SEI GRAN SOLE GIOVIALE,

TU, NELLA FOCE DE SOMBO,

SEI PADRON D’OGNI STRAPIOMBO.

FORTE, RIMBOMBA IL TUO SUONO,

CHÉ TU SEI ROMBO DI TUONO,

ALTE GIUNGON LE TUE VOCI,

DEI MIEI MONTI GENIUS LOCI.





DOLCE RISVEGLIO

Quando la vita

È incubo,

Dolce risveglio

È la morte!









BIANCA LUNA

La luna è all’apogeo,

Bianca è la selva,

Il cielo,

Tutto intorno alla terra,

È senza velo.

Vanno le stelle mie

In cerca di cielo:

Spose novelle

Senz’abito né velo.

Mi trema il cuore,

Come un rosso fiore,

Scosso dal vento.

Un sole, sorgendo,

La mattina,

L’aria fa… divina.

Fossi un uccello, e, dal fiorito suolo,

Spiccar potessi dalla terra il volo;

Andar per l’aria, nel chiaror lunare,

In seno al vento, trasvolare il mare!

Oh! Come dolce suona la foresta,

Come un armonium, come una Celesta.

Tutto il creato ne è in tripudio, in Festa!

Or chi son io, Dio mio, mio Dio?

Odoran le miosotidi e le viole

Lungo i torrenti…

Le Senti? Le Senti?

Brilla la terra, madida di brina,

Tutta d’argento è l’aerea collina.

Possa ogni gioia, che in cuor m’urge,

Soave, tutta del core l’aura liberare!

Fischiano i merli nel silenzio.

Laggiù, nel giardino,

È tutto un concerto d’uccelli,

Là, tra le palme.

Di nuovo, la luna è tonda, ma a Nuovo.

Le stelle si consumano nei loro Bracieri.

Il mio vestito rosso pende dietro la porta:

Datemi, datemi il mio vestito rosso!

Che io voli là, dove gli uccelli levano

I loro gridi, altissimi!

Fra le rose ed i gigli:

E nelle spine m’impigli!

Là, nel giardino nero,

Sotto le stelle, mi cullano

Gli scuri tuoi capelli ed il tuo Sguardo,

Che rallegra un raggio di sole.

Innanzi, foglia lieve,

Mi volteggi, e, simile a piuma, tu Veleggi.

Oh! Dolce Amore,

Mi sei ora come la farfalla

In seno al fiore, e, al tuo tocco,

Leggiadro,

Sento balzarmi il cuore.

È il mio scalpitante cavallo che batte La terra.

Ahi, quel tamburo, quel tamburo che Batte!

Ah, le stelle, spegnete le stelle!

Il cosmo è un rogo…

Chiudete i balconi!

Più non soffro quel battito…

Incalzante.

Laggiù, fra i palmizi dell’oasi fiorita,

Il mio corpo germoglia come un Roseto,

A maggio.

Fiumi di luce fluiscono verso i flutti

Tempestosi

Della mia anima.

No, aprite,

Che io veda il lampeggio delle stelle

Sul mio giardino, un tempo Ottenebrato.

Il tamburo! Il tamburo!

Tu così preziosa come l’oro,

Così stabile come scoglio,

Cui s’ancori un’anima perduta.

Così preziosa come l’aria,

Così gratis come una carezza,

Con la tua scia di dubbi e di Certezza,

Oh, tu, te ne prego, fa tacere quella Musica!

Mi scuote, mi squassa,

Tale una grancassa,

Come il vento una betulla,

Che, alta, abbassa

Ed annulla.

O violini, violini, tacete, di Rosanna:

Quest’anima è involta in una Fiamma.

Le stelle, bellissime, splendono

Nel gran Lago siderale…

Ormai troppo, troppo ormai reale,

Profuma il vento solare.

Chi suona così? Chi fa queste corse?

Il mio cuore, può darsi? Il tuo, forse?

Laggiù nella selva… laggiù?

Si gonfia la mia vela

Ed miei piccoli piedi saltellano.

Come roseo uccellino all’intorno,

Ti sento venire…

Ed io, mi sento, mi sento… svanire.

La tua chitarra è come una fonte, da cui sgorgano

Stelle d’oro,

Su me, che ne riluco

Raggiante.

Ricolmami della tua plenitudine!

Inebriami ancora del tuo balsamo!

E le mie stelle ritroveranno il cielo!





SBUFFO DI FUMO

Appiccato ho il fuoco a tutte le sorgenti, l’acqua ne ribolle, fiamme sgorgano dalle affumicate bocche della terra, fiumi di fuoco serpeggiano nelle pianure, che avvampano di calore. Divampano roghi inestinguibili nei laghi, ed mari di fuoco crepitano nel grande oceano delle braci. Tutto il mio essere è in fuoco, in fiamma, in cenere e la sua anima si esala nell’aria come diafano sbuffo di fumo.






"ANIMA SALVA"

“Preghiera in gennaio” per Fabrizio de Andrè

NEL TEMPO CHE IL MONTE SI VESTE DI NEVE

E LA SUA CIMA BRILLA

DOLCE DI BRINA

CHE RIDE E CHE SCINTILLA…

…DELLA TUA VOCE IL CANTO

IN NOI SI SCIOGLIE IN PIANTO.

TROPPO PRESTO, IL TUO FIORE SI È CHIUSO,

TROPPO PRESTO, TI HA CARPITO IL FATO,

TROPPO PRESTO, STRAPPATO AL NOSTRO AFFETTO DI FIGLI E DI FRATELLI,

NEL FULGORE SUO INFINITO, PRESTO, IL SOLE TI HA RAPITO.

MA L'ANIMA TUA GRANDE,

SALITA

AD ALTE SFERE,

NEL MIO RICORDO È BELLA,

NEL MIO CUORE CARA,

DEL MIO VOLO ALA.

AQUILA LIBRATA,

VASTA,

DI LUCE SOPRA UNA VALLATA,

DI RONDINI SFERA,

PROMESSA DI PRIMAVERA,

CALMA E DOLCE COME SERA,

CHE L'ANIMA MIA SPERA,

PULVISCOLO DI STELLE,

RUGIADA SULLA PELLE.

ROSA DI NEVE,

DISCHIUDITI AL CALORE

DEL NOSTRO ETERNO E SEMPRE VERDE AMORE!

DISPIEGA ANCORA I COLORATI PETALI AL SORRIDENTE ASTRO!

FREMI DI NUOVO, ANIMA BELLA, ALLE VIVACI BREZZE DELLA STAGION NOVELLA!

PER TE, ORA, TUTTO HA INIZIO,

MAESTRO MIO… FABRIZIO.

11 GENNAIO 1999








Villa Col de’ Canali


Nel mio ricordo squilla un solo nome: Villa!
Da Pian de Spille al Chiascio il tuo pensier non lascio!
Dalla Foce al Chisciòlo il mio pensiero è in volo!
Dal colle della Villa una campana trilla: quella che mi riporta d’infanzia, mia, alla porta.
Fin dagli Alberetelli i tuoi ricordi ho belli!
“La Curva de Puletti”, dove tant’anni stetti, l’avvio fu d’una storia, bella nella memoria.
Io “erba de guaìme”, dai fondi alle tue cime, con l’acqua crebbi della conoscenza, di te, ampia, facendo l’esperienza.
Da casa mia al Pantano conobbi, piano piano, un universo stretto, ma tutto, in sé, perfetto… e, poi, i primi istupori e gli abbozzati amori…
D’antica io famiglia, condòmine e di Villa, le “ratiche” mie fonde, che stan tra piano e monte, giammai le ho rinnegate e, meno, le ho tagliate.
Villa, dal Chiascio al monte, d’ispirazion sei fonte!
Il Santo tuo, dal mare, quel Sant’Apollinare, sulla Flaminia in viaggio, di Fede il bel retaggio, a te recò pregando ed evangelizzando…
Chi furon gli abitanti, che sin dai primi istanti, dal Monte della Croce emiser quella voce, che Villa nominava quel che prima ci stava sul Colle dei Canali, da l’Ónce giù ai Vignali?
Dal Colle a Valbonósa, di querce molto annosa, una foresta c’era, ombrosa e tanto austera e, nelle sue radure, del Bronzo le capanne, ma grandi poche spanne, i cui antichi abitanti i primi fur Villanti.
Dall’anima mia Sali, Villa Col de’ Canali, battendo, piano, l’ali!
Sopra al Ponte del Fosso, ricordo io, commosso, della Foce le “pinare”, ormai sempre più rare ed il monte che emana voce di tramontana e, infine, le tue “neve”, che il monte, piano, beve, riempiendo, poi, la secchia, ad una torta vecchia, d’acqua di Fonte Vecchia… e i “réfeni” ed i “tròni”, della natura i doni.
“Pòssi èsse gito anchi su le stèlle, che, ppo’, t’acòrghi da nn’èsse stato ’ nvèlle!
Per monti podémo gi’, per tanti canti, sempre sémo fieri d’essere Villanti!”…
Spongano (Le), 20 Agosto 2007
Euro Puletti





“LETTO, LETTO, LETTO!!!”



Letto, lana, latte, lutto, l’aver te è l’aver tutto!

Letto di vita, letto di morte, tutta, in te, la nostra sorte

Letto della malattia, bianco come anima mia…

Letto della guarigione e del cambio di stagione

Letto, tu, mille coperte, letto, tu, delle scoperte

Letto, tu, mille lenzuola, dentro al quale il tempo vola

Letto, tu, dall’alta sponda, in te, tutto me, sprofonda

Letto dai molli cuscini e dei sogni i più divini

Letto dall’alta spalliera, del bambin forte barriera

Letto dalla rete a molle, che saltar mi fece folle

Letto, tu, matrimoniale che ben più dogn’altro vale

Letto, letto a baldacchino, il raggiungerti è un cammino

Letto, tu, letto a castello, che ci vuole lo sgabello…

Letto delle prime cotte, letto della prima notte

Letto dell’ultimo giorno, letto, tu, del non ritorno...

Letto, tu, letto del bosco, il cui nome non conosco

Letto, tu, letto di foglie, di stanchi alberi le spoglie

Letto sposo del riposo al mio incedere affannoso…

E ora, su letto di piume, passo come acqua del fiume…

Passo e annego ogni mio male nel gran mare primordiale.





POESIA TRILINGUE

La stretta commistione fra significato, suono e ritmo rendono estremamente difficile la traduzione di una poesia in lingue diverse dall'originale, perché il suono e il ritmo originali vanno irrimediabilmente persi e devono essere sostituiti da un adattamento nella nuova lingua, ma quando è il poeta stesso a fare la traduzione allora il risultato può essere sorprendente....

« J’aurais voulu… »

Par Euro Puletti

J’aurais voulu te donner tant

J’aurais voulu te rester dedans…

J’aurais voulu être ta tiédeur constante

Sur tes épaules, la plus chaude des mantes

J’aurais voulu être, sur tes mains, un gant

De tous tes doigts le chaleureux amant

J’aurais voulu te dire que je t’aimais et combien

J’aurais voulu te recouvrir, toute, de biens

J’aurais voulu t’arrêter le temps

Mais toi, hélas, tu t’en allais, entre-temps

Toi, désenchanté, mon seul charme

Brisé songe de mon cœur en larmes

Et il me montait, désormais, seulement

Du moi profond, bien triste, un chant

Et, des choses à jamais éteintes,

La grande complainte




AVREI VOLUTO…

di Euro Puletti


Avrei voluto darti…

TANTO.

Avrei voluto starti…

ACCANTO.

Avrei voluto farti…

DI CALORE UN MANTO.

Avrei voluto essere…

Sulle tue mani un GUANTO.

Avrei voluto dirti…

CHE T’AMAVO, E QUANTO.

T’avrei voluto…

MA TU PARTIVI, INTANTO,

TU, DISINCANTATO, MIO L’INCANTO,

INFRANTO SOGNO DEL MIO CUORE AFFRANTO.

E mi saliva…

ORMAI SOLTANTO,

Dal profondo...

UN CANTO,

E, delle cose non vissute:

IL GRAN RIMPIANTO.






I would have”…

By Euro Puletti


I would have given a lot…

to you.

I would have standed…

close by you.

I would have made a hot mantle…

to you.

I would have been a glove…

on your naked hands.

I would have told you…

that I loved you, and how much.

I’d have wanted you…

but, in the meanwhile, you were leaving,

You, my disenchanted charm,

Shattered dream of my broken heart.

And only anymore a song was coming up…

from the core of depth.

And of the unlived things:

a great regret.

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Traduzione della Professoressa Maria Stefania Naso







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