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POESIE di DANIELA MAGNI:

Pioggia Primaverile

 

 

 

 

Cheta plana la soave pioggia primaverile,
essa ammara linda, liliale,
alcunché potrebbe lederne o deturparne l’illibata sussistenza eterea;
tale eccelsa leggiadria ingenera un’edenistica eufonia
la cui idilliaca ambrosia permea qualsivoglia venustà siderea.

Apollineo riverbero traluce sublime asservendo brumose prostrazioni avverse:
ignea folgore brandisco gagliarda allorquando l’aggraziata coltre piovosa
soffonde ieratica laceranti cremisi rimpianti dei quali il vessatorio,
stentoreo gemito è tramutato in un’effimera, evanescente eco.

Madide, roride gocce nivee aspergono ed irrorano l’ecumenica natura
raggiando l’olimpica cristallina beltà maliarda.

Seppur euritmici firmamenti non sfoggino cerulei barlumi
ebbene il virgineo fluido che lacrima dalle sue mere, portentose volte
trascende ardimentoso e plasma ineffabile tersezza ovunque.

Inemendabile, inintelligibile virtù cagiona suddetta divina acqua:
aitante, fulgente albore circonfonde il viscerale, linfatico nucleo
dal quale sempiterna genesi ferve indefessa.

Afrodisiaca pioggia primaverile oggi procrei preternale, rutilante, vivida luminescenza.

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Amata Giovinezza Mai Perduta Nel Lario.

 

 

 

Placide acque argentee sgorgano gagliarde,
qualsivoglia opaca rimembranza od alabastrina sfumatura
si stemperano addentro quell’incommensurabile estuario
ove l’aggraziata, venusta lacustre Lariana rifulge ardimentosa.

Paradisiaco effluvio delibo estasiata orquando riecheggio
gli edenici pomeriggi domenicali vissuti sovra gli inscidibili battelli
i cui linfatici battiti solcavano il leggiadro specchio lacuale
insublimando il mero, virtuoso tersore al cospetto del quale
chicchessia individuo ne respirava l’illibato nitore primordiale.

Ignei lucori riverberano ieratici laddove contemplo inebriata
i remoti meriggi primaverili attinti negli eccelsi giardini di Villa d’Este,
giocondi anni puerili in cui correvo indefessa nell’intima natura
floreale e la soavità d’eufonici zefiri sussurravano l’assiomatica sacralità
dell’idillica floridezza che soffondeva ciascun manto erboso.

L’innocenza fanciullesca traspira nostalgica:
”Oh, mio adorato papà, mi donasti una meravigliosa gioia
durante quell’aprica giornata settembrina spesa a Tremezzo,
l’eterea euritmia, il serico lindore, l’olezzante rigoglio
ch’abbracciai abbacinata peregrinando nell’elisiriaca prolificità
della lussureggiante, insigne Villa Carlotta permeano tuttora
codesta veneranda età gravida di melodiche reminescenze !”

Soffusa mediante senili fattezze discerno l’unico peculiare
mai eliso né obliato: innumerabili gli stranieri d’oltreoceano
anelanti mentre fotografano gli apollinei panorami, virgineo orgoglio
delle afrodisiache Bellaggio e Menaggio, concupiscono famuli
ciò che li circonfonde planando l’edulcorato sguardo
verso i venerei pianori alieni nella loro amata beltà terrigena.

Oh, mia idolatrata Como, pindarico, ceruleo capolinea
dell’ineffabile, magnificente circumnavigazione,
in te spensierata, nivea gioventù rivive redolente

sotto l’indaco splendore sfociato dai tuoi zaffirei occhi cristallini.

 

 

 

 

 

 

 

Il Silenzio Del Tuo Ricordo

 

 

 

Il silenzio del tuo ricordo
è l’impetuoso sospiro che permea
l’incommensurabile cobalto firmamento sovrastante.

Linda rugiada si trasfonde soave

allorquando attingo leggiadre reminescenze
irrorate nell’edenica tersitudine
di quei remoti giorni
vissuti con fulgente e primaverile gioventù.

Respiro tuttora gli scarlatti crepuscoli settembrini,
leggiadri preludi ch’insublimavano
l’etereo, serotino imbrunire.

Vegliarda stagione adunque discerno,
tuttavia gli algidi solstizi invernali
mai germineranno evanescenti sinfonie,
né sfoceranno dinanzi lise, perlacee vetustà
dacché igneo ardor freme indefesso
addentro l’aureo, gemmato
nostro epico cuor.

Mai con te il tempo si fermò,

fuorché oggidì laddove arpeggi melodica
la virtuosa, sintonica euritmia

di quella flautata, diamantina verde età.

 









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