FACCIAMO AMICIZIA - LA RIVISTA DEL SODALIZIO SAN MARTINO
 LA RIVISTA DEL SODALIZIO SAN MARTINO - FACCIAMO AMICIZIA

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 LA RIVISTA DEL SODALIZIO SAN MARTINO




INDICE

INTRODUZIONE

Le parole per uscire, Elisa Ferranti,

RADICI, TRA POESIA E PROSA

Poesia Perugia, Maria Lorvich,

Poesia Roma, Maria Lorvich,

Racconto Roma nel Cuore e per sempre, Maria Ausilia Paris,

Racconto Roma… Si Ama!, Ferruccio Rondana,

Racconto C’era una volta Roma, Cristiano Fanucci,


IL LINGUAGGIO DELLA CUCINA

Racconto Quando il pane si faceva in casa, Cristiano Fanucci,

Racconto A proposito di pane, ovvero: Quanto è buono il pane, quando si ha fame,Maria Ausilia Paris,

Racconto Il pane senza sale a Perugia, Cesarina Mencarelli,


LE RICETTE SCRITTE A MANO

Ricetta umbra della Ciaramicola, Cristiano Fanucci,

Ricetta umbra della Torta di Pasqua al formaggio, Cristiano Fanucci,




TACCUINO DELLE PIANTE OFFICINALI

LE PIANTE OFFICINALI - Una casa nel bosco, Ida Cassetta,

FINOCCHIO,

SALVIA,

ROSMARINO,

ALLORO,

RADICCHIO,

GINESTRA,

BOTANICA DEL PAESAGGIO

Poesia L’oliveto e l’orto, Giovanni Pascoli,

Racconto L’Uliveto del Chinino, Silvana Bascaccini,

Racconto L’Umbria e gli Olivi, Marisa Rasimelli,

I MEZZI DI TRASPORTO

Racconto Il trenino della Centrale umbra, Silvana Bascaccini,

LA SIGNORA DELLE FAVOLE

Favola Il cane Rocco, Gabriella Secco,

IL “NOSTRO” CANTASTORIE SOLITARIO

Storia Una capretta innamorata, Mario Mangiamacco,

PITTURA IN VERSI

Poesia intorno all’opera di Marc Chagall, Due innamorati, Gabriella Secco,

ILLUSTRISSIMI PERSONAGGI

Racconto San Francesco di Assisi, Gabriella Secco,




DEI COMPAGNI PELOSI…

Racconto I nostri magnifici animali, Maria Ausilia Paris,

ANEDDOTI

Racconto Osservando Roma, Giovanna Zerini, Antonio Marionni, Elisa Ferranti,

LA DEDICA DE I SETTE CERVELLI AGLI OSPITI

Poesia I vostri vecchi, I sette cervelli,

LA MODA

Racconto Tu non sei alla Moda!, Cesarina Mencarelli,

TANTO PER RIDERE

Le Barzellette, Maria Lorvich,


Le FAVOLE di una volta, Cristiano Fanucci,





INTRODUZIONE

Le parole per uscire...

Carissimi Lettori e Lettrici,
Abbiamo il piacere di presentarvi il primo numero di
Facciamo Amicizia.
Rivista degli Ospiti del Sodalizio di San Martino.

In questa sezione, ci si chiede di raccontarvi Chi Siamo e Di cosa parliamo...
Nel mondo rurale, l'Inverno è la stagione più Delicata e Straordinaria... La maggior parte di Noi, crede che la pioggia la neve il vento e l'oscurità siano Melanconia... Tuttavia, è in quei mesi, che, i germogli di ogni Vita si preparano...
La sosta, la "noia buona e sana", la lentezza ci preparano ad un Oltre... Anno dopo anno, la nostra Valigia di Memorie cresce... così come le rughe o un filetto di pancia...
Anno dopo anno, possiamo riuscire a riscoprire e trasmettere la capacità di Meravigliarci per l' Ordinario... l'Abitudine... l'Evasione semplice e folle... Un Fiore di Campo...
La Storia, manifestandosi in tradizioni consuetudini invenzioni e colpi di scena "capricciosi", è Ognuno di Noi in Relazione con l'Altro.
Il grande ammaestramento, che, Noi, e Chi Fu prima di Noi, può darci è:
«Ehi, continua a Sorprenderti nella Vita... anche un minuto al giorno, come i bambini...»
Credo che non ci sia un giorno o un'ora, in cui abbiamo detto «Sì, Vogliamo fare una Rivista!»
In un periodo di Chiusura, Insieme, abbiamo provato a condividere... Ci siamo riscoperti, e lo stiamo ancora facendo... Semplicemente, parlando... discutendo... leggendo... interrogandoci... scrivendo... Partendo dalle nostre Radici, ovvero le città natie... arrivando a Storia, Piante, Moda e Cucina...
In ogni riga, Noi usciamo con le Parole dal Sodalizio di San Martino... Usciamo con coraggio...
Usciamo ammettendo che ci emozioniamo ancora... piangiamo sorridiamo e... ci arrabbiamo!
Queste parole Diranno di Noi, e... del Desiderio ardente, mai sopito, di continuare a Conoscere e Esserci...
Eccoci, Facciamo Amicizia è pronta a mostrarsi al Pubblico. Con cadenza semestrale, vi accompagneremo in una passeggiata, tra Sali e Scendi...
Non abbiamo la presunzione di sapere dove andremo... Assaporiamo il Viaggio...
Certi che gli Istanti Insieme e le Parole sapranno far navigare i Movimenti delle nostre Vite, teneri e ruggenti, nell' Oceano del Mondo.

(Elisa Ferranti)





TI AUGURO TEMPO

Non ti auguro un dono qualsiasi.
Ti auguro soltanto quello che i più non hanno.
Ti auguro tempo, per divertirti e per ridere,
se lo impiegherai bene, potrai ricavarne qualcosa.
Ti auguro tempo, per il tuo fare e il tuo pensare,
non solo per te stesso, ma anche per donarlo agli altri.
Ti auguro tempo, non per affrettarti e correre,
ma tempo per poter essere contento.
Ti auguro tempo, non soltanto per trascorrerlo.
Ti auguro che te ne resti
per stupirti e per fidarti,
e non solo per guardarlo sull'orologio.
Ti auguro tempo per toccare le stelle,
e tempo per crescere, ovvero per maturare.
Ti auguro tempo, per sperare nuovamente e per amare.
Non ha senso rimandare.
Ti auguro tempo per trovare te stesso,
per vivere ogni giorno, ogni ora con gioia.
Ti auguro tempo anche per perdonare.
Ti auguro di avere tempo per la vita!

(Elli Michler)






RADICI, TRA POESIA E PROSA...

Perugia


Quando appare Perugia da lontano,
distesa sui colli, in posizione,
si vien presi da un sentimento strano:
un insieme di stupore e ammirazione…
Se poi proviamo tutti noi ad entrare
e giriam la città dal basso al centro,
non ci stanchiamo mai mai d’ammirare
tutto quello che noi troviamo lì dentro.
Guardiamo le sue piazze, la fontana,
il Municipio col suo Campanone
e l’Arco Etrusco e poi Piazza Grimana
e il pozzo antico, il Tempio ed il Frontone,
guardiamo le tante viuzze strette,
guardiam le chiese, i chiostri, le sue mura,
le scalinate, i gradini, le piazzette
quel suo misto d’etrusco e di natura.
Dicon che l’Umbria de l’Italia è il cuore
e siam certi che sia proprio così,
allor Perugia è il cuore di quel cuore,
apposta essa è stata fondata qui.
Fu fiera città e signora superba,
sempre in guerra e se vinta mai doma,
mai sottomessa al giogo, ne serva,
ribelle perfino al dominio di Roma.
Augusta Perusia, Tu bella città,
ammirata da tutti, grandi e piccini,
tutti stupiti da tanta beltà,
ti abbiamo nel cuore noi perugini.

(Maria Lorvich)





Roma


Bella. Mitica, famosissima città:
chi non conosce Roma e la sua storia?
Ogni Donna e Uomo di tutte le età,
l’ha imparata sui banchi di scuola.
Chi non conosce Giulio Cesare e le sue guerre?
e il suo assassinio da parte di Bruto
e il gran cordoglio in tutte le terre,
sì, sì, in tutto il mondo allora conosciuto…
E Antonio e Cleopatra e le navi distrutte
E Ottaviano Augusto e la sua gloria…
tante vicende ora belle, ora brutte,
che abbiamo appreso dai libri di storia.
Non sol per la sua storia Roma è famosa,
ma perché è una città bella da guardare.
Sì, certo. E’ una città meravigliosa
che non ti stanchi mai tu di ammirare.
Sì, è bella da vedere in ogni sua parte:
piazze, viali, fontane, giardini
e gli archi, le ville e Campo di Marte,
l’ammirano tutti grandi e piccini.
Roma, bellissima, famosa città,
lì ci ho trascorso la mia giovinezza.
Roma ammirata da tutte le età
perché Roma è proprio “La grande bellezza”.

(Maria Lorvich)






Roma nel cuore e per sempre

Per le vicissitudini dell’esistenza sono tornata poi alla mia città di origine, a vivere in questa struttura ove si respira il senso della protezione.
Quando non si è più giovani si è prevalentemente soli, la protezione ti sembra la cosa più importante.
Ma la vita, la vita di prima, sta dentro di te, nei ricordi, nella nostalgia che, secondo una bella definizione, è l’ “amore che rimane” o, meglio, sta in quella che i portoghesi chiamano SAUDADE: cioè la presenza dell’assenza.
Quante presenze dell’assenza: persone, percorsi di vita, eventi eccezionali o routinari, volti, panorami, sentimenti, odori che si ripresentano all’improvviso dentro di te accompagnati da uno struggente ricordo, da un momento di allegria, da lacrime, a volte racchiuse nel cuore. E queste presenze ti spingono a riviverle, a ricordarle.
Ma altre presenze ti incalzano, si pongono all’attenzione e non per caso. Distogli lo sguardo da ciò che è stato e lo volgi a nuove realtà, a nuove storie.
Tanti caratteri, tante modalità di esistere, tanta voglia di sospendere ogni giudizio ed accettare la pluralità e la bellezza delle persone che, al di là delle loro rughe, fanno intravvedere una ricchezza di vita che ti riempie.
E’ sempre bello il Mondo finché riesci a metterti in contatto con i tanti che ti stanno accanto, che, con la loro vita ti arricchiscono la tua.
Ti senti parte di un tutto dove fluisce l’esistenza.
Capisci, come dice la canzone: Fratello Sole, Sorella Luna, che non sei più solo, ma che sei parte di una immensa vita, che generosa risplende intorno a te.

(Maria Ausilia Paris)






ROMA, NON SI DISCUTE...SI AMA!

Pomeriggio, verso il tramonto.
Bocca della verità, Tempo di Vesta.
30 metri, e sono sul Lungotevere.
A sinistra Isola Tiberina... più lontano Regina Coeli.
A destra la Sinagoga... Lontano vedo il Cupolone e Castel
Sant’Angelo.
Il sole che tramonta con dei colori da favola.
Tutto è accompagnato da una romanità, che, aiuta a vivere e... puoi
solo amarla se la vivi.
Roma è una Città Ruffiana... Ti prende un po' alla volta... è come
le sue Matrone.
Mi domando e chiedo: esiste al mondo un quadro comparativo a
questo?
Non credo.
Roma è unica.
Il tifoso romanista è solito affermare:
«Roma non si discute... Si ama!»

(Ferruccio Rondana)






C’ERA UNA VOLTA ROMA…

Come cambiano le cose... Di solito si pensa che oggi tutto vada meglio di ieri... C'è il progresso... I computer.. Tutti hanno l'automobile.. La povertà forse sarà sconfitta?!
Comincio ad avere dei DUBBI… Nella Roma della mia infanzia, non c'era Tanta Immondizia nelle strade... I cassonetti non esistevano...
Gli spazzini venivano da noi a casa, sistemavano l’immondizia nel proprio sacco e la portavano via... Avevano persino un DODGE, residuato bellico, come mezzo per recarsi alla discarica. Naturalmente ai miei tempi non c'era tanta spazzatura come oggi… La maggior parte delle cose era venduta sfusa... dalla pasta allo zucchero, e… anche le bottiglie dovevano essere rese (vuoto a rendere)… i vestiti non si gettavano via… i fratellini più piccoli potevano usarli e poi... c'erano gli stracciaroli!!! Gli stracciaroli acquistavano tutto… dagli stracci, alla lana e al ferro vecchio… Nella campagna di Campitello, gli stracciaroli barattavano piatti, giocattoli o fischietti per le pelli dei conigli e/o le piume di oca.
Da bambino, alla Garbatella e nelle altre zone di Roma, era difficile intravedere un’automobile!!! E… se nei film con Totò e Fabrizi, si vedevano automobili… erano comparse!!! L’unica automobile che conoscevo bene era la Giardinetta del mio maestro… Era di Frascati… insegnava e… di tanto in tanto, si arrabattava portando a Roma qualche damigiana di vino buono da vendere ad amici e conoscenti.
Niente MERENDINE!!!
Mattina… Tutti dal fornaio… Una ciriola farcita di mortadella profumata… Pomeriggio… Pane olio e sale… oppure Pane acqua e zucchero...
Poi un giorno, la Ferrero inventò la Super Crema al cioccolato… La Nonna della Nutella… era buonissima... Mia madre ne comprò una pentola di alluminio (confezione speciale per i negozianti!!!) Di solito infatti, veniva venduta sfusa, e incartata nella solita carta oleata…Noi… Noi ne consumavamo a bizzeffe, ma… d'estate, a Campitello, Noi facevamo a cambio con i nostri Amici con il loro pane casareccio col prosciutto o con il formaggio!!! Nostalgia della Giovinezza...
Forse è la Nostalgia che spinge a credere, che Tutto degli anni della mia infanzia fosse più Buono da condividere e da mangiare.

(Cristiano Fanucci)







Quando il pane si faceva in casa

Saper Fare del Pane buono è un’Arte Antica e… un’impresa “Tortuosa” e Bella…
Sorrido… se ricordo i miei vicini di casa bolognesi, che, avevano comprato una Macchina per il Pane… ci avevano offerto la Loro Pagnottona!!! Non siamo nemmeno riusciti a finirla… prima era un po' gommosa, e dopo poche ore era già un mattone!!!
Il pane della zia Lucia era tutto un'altra cosa! Settant’anni fa, d'estate, andavamo a Campitello… il paesino natio di mio padre, in comune di Scheggia e Pascelupo… Avevamo una casetta nella frazioncina di "Case Alte". Proprio davanti alla nostra casa c'era il forno della Cattarina. Ogni giorno, una delle sei famiglie di Case Alte andava al forno a cuocere il pane.
La scena era sempre la stessa: una Donna… con in testa una tavola con le pagnotte da cuocere, ricoperte da un telo bianco… Ogni famiglia conosceva il numero di file di pane necessarie per tutta la settimana… di solito, si andava da un minimo di 7 a un massimo di 14.
Il lunedì, c’era la Viola, aveva 6 figli, e… il pane da cuocere era tanto, tanto, tanto. Il martedì, la Cattarina... Il mercoledì, zia Lucia… e così via...
La Domenica, il forno era di tutti… su prenotazione, si portavano arrosti di pollo, arrosti di coniglio in porchetta, e dolci, tanti dolci, tanti ciambelloni... Solo la Cattarina sapeva regolarsi con la legna (ovvero le Fascine)... E quando la legna aveva smesso di ardere e rimaneva solo un po' di brace, la Cattarina raccoglieva dei ramoscelli verdi, che chiamano nebbi e... con i nebbi formava una scopa per pulire il pavimento del forno dalla cenere… spostare le braci… Subito dopo, cominciava a infornare le file di pane con una pala di legno lunghissima… Poi richiudeva lo sportello di ferro.
Ma quando riapriva lo sportello... nell'aria, arrivava un profumo pazzesco... Mi viene ancora l’acquolina in bocca... Che cos’era? Pane umbro, senza sale… diverso dalle ciriole, dalle fruste e dalle rosette di Roma…
Ma com'era buono!!!
Me ne davano subito un pezzetto… il culetto della prima pagnotta, ancora bollente, ma croccante e profumato... Ancora lo ricordo come se fosse ieri...

(Cristiano Fanucci)







A proposito di pane, ovvero: quanto è buono il pane
quando si ha fame

Parlare di pane e del profumo del pane ha ridestato in me il ricordo del periodo della adolescenza. E’ come parlare di Casa, della tavola ove veniva servito il pranzo o la cena.
E’ come parlare di Mamma, che, tagliava in fetta la filetta o il filone, uniche due forme di pane usate nelle famiglie perugine.
E’ come parlare di Condivisione, di Piccolo e Grande Mondo. Ci pareva particolarmente buono quel pane, perché unito all’adolescenza, alla giovinezza o perché più prosaicamente ma veramente, unito alla Fame.
Io non ho il ricordo della mamma, che, preparava le pagnotte... Mi dissero che venivano poi portate al forno per cuocerle. Sono nata dopo la Guerra. Ho comunque il Ricordo di un Pane semplice, senza sale, unito all’olio e allo zucchero. Era un Pane, che, mediava l’affetto materno.
E’ proprio il caso di dire: sapore di pane, sapore di mamma.

(Maria Ausilia Paris)







Il PANE SENZA SALE
FILA DI PANE UMBRO
Il pane, materialmente, è stato da sempre l’elemento base della vita del genere umano, ma che metaforicamente ha molti altri significati che non hanno a che fare con il pane vero e proprio: il pane per molti di noi ci rimanda al sapore dell’infanzia, delle merende che ci preparava la mamma sulla fetta spalmata di marmellata, di burro o anche di buon olio d’oliva con un pizzico di sale…
Già, perché dalle parti nostre un tempo il pane veniva confezionato senza sale, come nella maggior parte dell’Italia centrale.
In Toscana, lo si chiamava “pane sciocco” ed affiancava quello salato che veniva usato in altre regioni, oltre che da noi in Umbria, dove appunto c’è solo il “pane sciapo”.
Il sale era merce preziosa ma era anche una necessità per la confezione del cibo, cui né ricchi né poveri potevano sottrarsi, quindi una tassa sul sale era praticamente “ineludibile” da parte di tutti i conquistati. Per dare al papato meno tasse possibili, i perugini presero a confezionare il pane senza sale.
L’introduzione del pane insipido a Perugia faceva parte del Regno della Chiesa, essendo stata conquistata dal papa Paolo III, dopo la cacciata de i Baglioni, Signori della città. Dato che le casse del papato erano semivuote per il costo delle guerre di conquista, che, i papi avevano ambiziosamente intrapreso, al regno della Chiesa necessitavano nuovi introiti con nuove tasse. Il nostro pane senza sale è l’ideale per un buon panino croccante imbottito di prosciutto, di salame o di saporita mortadella. Con il tempo, tuttavia, lo sfilatino salato e le michette si aggiunsero al classico filone “sciapo”, che, entrava, tradizionalmente, in tutte le case dei perugini. Chi veniva dal Nord Italia, dove esisteva solo pane salato, restava interdetto dall’uso del pane sciapo.
Come avvenne a mia madre, che, trasferitasi a Perugia dal Nord Italia, rimase inizialmente meravigliatissima dell’uso del pane senza sale.
Comunque, salato o senza sale, il pane resta l’alimento base della Tavola degli italiani, di cui quasi nessuno riesce a rinunciare, a meno che non decida di farne questioni di linea…
Agli inizi del XVI secolo, Roma era al culmine degli sfarzi, ovvero per accantonare del denaro per la costruzione della Basilica di San Pietro, il potere papalino prese a vendere le indulgenze plenarie e non solo…
Perugia che faceva parte del Regno della Chiesa, era stata, ed era ancora, città tra le più prospere in Italia all’epoca. Perugia era stata orgogliosamente indipendente come libero comune. Tuttavia, fu durante la Signoria dei Baglioni – a causa di una faida interna a questa famiglia -, che, divenne più debole e vulnerabile, agevolando il Papa nella sua conquista. Agli inizi del 1540, Papa Paolo III impose ai perugini di acquistare il sale, non più delle saline di Siena, ma da quelle pontificie ad un prezzo raddoppiato.
I perugini, tramite il Consiglio dei priori, guida della città, rigettarono in parte l’ingiunzione pontificia, cominciando a confezionare il pane senza sale per usarne meno possibile. Per fortuna l’uso abbondante di carni salate attutiva la mancanza del sale nel pane.
Da allora, l’abitudine al pane senza sale si consolidò talmente, che, quasi nessuno si ricordava più del pane salato. L’usanza del pane sciapo nelle nostre terre, probabilmente serviva anche a ridurre il danno inconsapevole del sale sulla salute dei nostri antenati. Per trovare dai fornai anche il pane salato si dovette attendere il secondo dopo-guerra.
Comunque evviva il pane, con o senza sale, alimento indispensabile di tutte le mense, e che mai ne manchi la sua presenza!

(Cesarina Mencarelli)






LE RICETTE SCRITTE A MANO

CIARAMICOLA
La ciambella detta Ciaramicola è il tipico dolce pasquale di Perugia.
Nel passato, le ragazze lo regalavano ai propri innamorati il giorno di Pasqua.
A Perugia, la Ciaramicola si può acquistare tutto l'anno, presso i fornai.
La tradizione, ripresa dalla studiosa Ida Trotta, sottolinea come il dolce rappresenti la città con le sue cinque Porte.

Ingredienti:
CIAMBELLA
400 gr. farina di grano tenero
100 gr. fecola
2 uova intere e 1 tuorlo
200 gr. zucchero
150 gr. strutto o burro
alchermes, rhum, 1/ bicchiere di latte
buccia di limone grattugiata
1 cartina di lievito istantaneo
GLASSA
1 albume d'uovo montato a neve con lo zucchero
DECORAZIONE
Confettini colorati.

Lavorazione
Lavorare insieme, in una terrina, farina e lievito. Aggiungere lo strutto (o il burro), lo zucchero, le uova la buccia di limone e l’alchermes.
Aggiungere rapidamente altra farina.
L’impasto dovrà risultare alquanto molle.
Una parte dell’impasto viene lavorato a forma di un bastone di circa 5 cm di diametro con il quale si formerà una ciambella che viene sistemata su una teglia ben unta; con un’altra parte di impasto si formano due rotolini di circa 2 cm di diametro, che verranno sistemati a croce nel centro della ciambella. Con la restante pasta si formano le 5 sfere (che rappresentano le 5 Porte) da poggiare sugli incroci e al centro della croce.
Con le forbici si intagliano i bordi e le sfere della Ciaramicola.
La Ciaramicola si cuoce in forno caldo a 180°-200° C per circa 40 minuti.
A cottura ultimata, ancora bollente, viene spennellata con la glassa e decorata con i confettini colorati.
Se la glassa non si rassoda, la Ciaramicola può essere rimessa nel forno tiepido per pochi minuti.

(Cristiano Fanucci)







TORTA (o Pizza) DI PASQUA
Ingredienti
gr. 400 farina (se l’impasto viene troppo morbido aggiungere un altro po’ di farina)
gr. 60 strutto
gr. 50 lievito di birra
½ cucchiaino di sale, un pizzico di pepe
n. 1 bicchiere di latte (bicchiere di carta)
18gr. 150 formaggio grattato (metà parmigiano + metà pecorino
romano)
gr. 100 groviera (tagliata a dadini)
gr. 100 pecorino di media durezza (tagliato a dadini)
n. 4 uova (+ un pizzico di sale)
gr. 30 strutto per imburrare la teglia (possibilmente di
alluminio da circa kg. 1,200).
Procedimento
Scaldare il latte (in modo da renderlo tiepido), e scioglierci lo strutto ed il lievito.
Prendere una ciotola in plastica e metterci la farina a fontana, sale, pepe e latte con lo strutto ed il lievito.
Mescolare tutti gli ingredienti.
Sbattere le uova con i vari tipi di formaggio (sia grattato che a dadini).
Amalgamare le uova sbattute insieme alla farina e sbattere con energia tutto l’impasto per circa ½ ora in modo che si stacchi dalle mani (né troppo duro, né troppo morbido).
Imburrare con lo strutto il tegame (fare in modo che sia ben imburrato da tutte le parti e fino all’orlo). Metterci l’impasto (il contenuto deve essere meno della metà del tegame), e coprirlo con un tovagliolo.
Sistemare, accanto al tegame, due pentole di acqua bollente (una per parte).
Coprire con un telo di plastica (va bene anche una busta della spesa tagliata e messa sopra).
Far lievitare per circa un’ora e tre quarti (due ore), in modo che l’impasto raddoppi il suo volume.
Preriscaldare il forno a 200° (180° se il forno è ventilato).
Infornare la torta, e farla cuocere per 25 minuti a 200°.
Abbassare il forno a 180° (160° se il forno è ventilato), e cuocere altri 25 minuti.
Non aprire mai il forno prima della cottura!!!
Questo è un piatto tradizionale Umbro che va gustato la mattina di Pasqua a colazione, o come antipasto, insieme al salame, al
capicollo e alle uova sode benedette.

(Cristiano Fanucci)






LE PIANTE OFFICINALI - Una casa nel bosco
… Cò la nonna ...a còje l’erba...
All’interno di un un nucleo familiare, c’ è sempre chi si occupa della raccolta di erbe spontanee, come eredità, in primavera o autunno, a mezzogiorno o mezzanotte.
Le erbe di campo hanno avuto molta importanza nella nostra alimentazione fino agli anni ’50. In seguito, con il passaggio dalla campagna alla città sono state gradualmente sostituite dagli ortaggi coltivati. Eppure per chi vive in città è ancora possibile consumare le erbe selvatiche raccolte in proprio durante una passeggiata in campagna, in collina o al mare.
Una Casa nel bosco
Gli edifici che compongono il Sodalizio di San Martino, a Perugia, sono inseriti in un contesto ricco di alberi e di vegetazione spontanea.
Per molti le “erbe” sono solo verdi, di varie tipologie e tonalità di colore e di forme diverse. Spesso non ne conoscono neppure il nome.
Io, invece, le chiamo per nome, le amo e parlo con loro perché, per me, «Tutti i germogli e le erbe che producono seme e gli alberi che fanno frutto sulla terra con il seme, secondo la loro specie, sono stati creati da Dio il terzo giorno e Dio vide che “erano cosa buona”»
ed in seguito Dio aggiunse, rivolto agli uomini: «Saranno il vostro cibo».
Anche le “erbe amare” sono cosa buona e sono state investite di un profondo significato insieme agli “azzimi”, come ho potuto anche vedere in un interessante film, ove venivano cotte con le focacce, stando intorno al fuoco.
So a cosa servono, anche se non pretendo di sapere tutto, e non stanno lì per caso e sono rivestite di splendore più degli abiti di Re Salomone.
Tra le erbe spontanee che nascono nel terreno, intorno al Sodalizio, mi piace ricordare:il finocchio selvatico, la salvia, il rosmarino, l’alloro, il radicchio dei campi e/o giransolo, la ginestra.


(Genesi 1, 18, La Bibbia. Nuovissima versione dei testi originali, Edizione San Paolo, Rotolito LombardaPioltello (Mi), 1997.)





FINOCCHIO SELVATICO
FINOCCHIO Il finocchio selvatico (Foeniculum vulgare oppure officinale) è una pianta spontanea, che, cresce abbondantemente anche sul suolo italiano. Appartiene alla famiglia delle Umbelliferae e viene considerata una pianta perenne molto aromatica.
I frutti del finocchio selvatico si raccolgono generalmente nella stagione estiva, in particolare da agosto fino a settembre.
Il Finocchio è usato da secoli come erba culinaria, ed era noto alle antiche civiltà cinesi, indiane ed egiziane.
Durante il X secolo veniva commercializzato dagli spagnoli, mentre nel Medioevo era usato per proprietà terapeutiche e cosmetiche.
Alcuni rametti appesi sulla soglia della casa nel periodo estivo, tenevano lontani gli spiriti maligni.
Il finocchio era un’altra di quelle erbe che gli antichi usavano per cospargere i pavimenti, per profumare gli ambienti e tenere lontane le infezioni.
Il finocchio selvatico è utile per la digestione e come antiacido.
Ha proprietà anti fermentative, antispasmodiche, espettoranti e tonificanti. Usato sia come infuso sia come integratore alimentare, il finocchio selvatico è un toccasana in vari ambiti:
  • bevuto come infuso aiuta a sgonfiare la pancia;
  • masticare i semi contrasta l’alito pesante;
  • applicando sugli occhi delle garze imbevute di decotto al finocchio aiuta a lenire rossore e stanchezza;
  • assunto come infuso favorisce la diuresi e disintossica il fegato;
  • può favorire la secrezione di latte materno nelle donne in allattamento.






    SALVIA
    SALVIA La salvia (Salvia officinalis) è una pianta della famiglia delle Laminaceae.
    E’ una pianta caratteristica dell’Europa meridionale. In Italia, la salvia cresce spontanea nelle zone centro-meridionali e nelle isole.
    Nella nostra regione, essa è diffusa come pianta coltivata sia in pianura sia nella fascia collinare submontana.
    La Salvia contiene acido tannico ed olio essenziale, perciò è ricca di proprietà toniche, digestive, anti sudorifere, decongestionanti, cardiotoniche e detersive.
    Il decotto serve per gengive gonfie, per gargarismi nelle angine e nelle laringiti; unito al miele, libera i bronchi dal catarro, tonifica il cuore; unito alla melissa e alla camomilla, offre un sonno tranquillo a chi è esaurito, aiuta il fegato a disintossicarsi ed elimina i suoi calcoli.
    Bollita nel vino, la salvia è un prezioso vulnerario, che, favorisce il processo di cicatrizzazione delle ferite. A chi è stanco è consigliabile un bagno con acqua e salvia (fatta prima bollire).
    Il suo nome significa salute, e un vecchio proverbio dice:
    «Chi ha la salvia nell’orto, ha la salute nel corpo.»
    Nel 1100, la Scuola Salernitana ne inneggia le proprietà. La salvia è conosciuta fin dall’antichità per le sue proprietà salutari, ciò spiega il suo nome, proveniente da Salvo, che, significa appunto “salvare”. Alcuni addirittura credevano che avesse il potere di resuscitare i morti, e per questo veniva anche utilizzata nella preparazione di riti magici.
    I Romani la consideravano una pianta sacra, tanto che esisteva un vero e proprio rito per la raccolta, che, spettava a pochi eletti.
    Questi dovevano addirittura indossare un abbigliamento particolare, dopo aver compiuto sacrifici. Nella medicina popolare, già nel Medioevo, veniva usata come cicatrizzante sulle ferite e piaghe difficili da rimarginare. I Cinesi ritenevano che la salvia fosse in grado di “regalare” la longevità. Infatti, nella medicina tradizionale cinese utilizzano ancora oggi la salvia per curare l’insonnia, la depressione, le afflizioni gastrointestinali, le malattie mentali, i disturbi mestruali. Nella medicina ayurvedica, con impieghi analoghi,prescrivono anche per uso esterno per le emorroidi, la gonorrea, contro la vaginite e le affezioni dell’occhio. In ambito cosmetico, i preparati ottenuti dalle foglie di salvia si utilizzano per: il trattamento della cute grassa o che presenta impurità; per stimolare la crescita dei capelli; ridurre la produzione di sebo del cuoio capelluto; forfora grassa;la preparazione di deodoranti per il corpo.







    ROSMARINO
    ROSMARINO Il Rosmarino (Rosmarino officinalis) appartiene alla famiglia delle Labiatae.
    Del rosmarino, esistono numerose varietà, che, si differenziano per la maggiore o minore presenza di olio essenziale e per il portamento.
    L'etimologia del suo nome deriverebbe per alcuni dal latino da rosa e maris cioè "rosa del mare", secondo altri rhus e maris,che, significa "arbusto di mare". In ogni modo, qualunque sia la sua origine, è una pianta sempre strettamente legata al mare, visto che cresce spontanea sulle scogliere che si affacciano sul Mediterraneo.
    Il rosmarino è considerata la pianta balsamica per eccellenza conosciuta ed utilizzata fin dai tempi più antichi per le sue proprietà medicinali.
    Nel Medioevo, si aveva l'abitudine di realizzare oggetti di ogni tipo con il legno del rosmarino, da usare come talismano, tra i quali i pettini che avrebbero impedito la calvizie. E ancora sacchetti contenenti rosmarino sono spesso messi negli armadi per tenere lontane le tarme.
    Nell’antica Grecia e Roma, era un corroborante per la memoria, da cui l’immagine ridondante di Rosmarino come Pianta della Fedeltà. Un rametto di rosmarino era collocato nel bouquet della sposa o indossato ai funerali.
    Coloro che dovevano affrontare gli esami lo ponevano fra i capelli o massaggiavano un po' del suo olio sulla fronte e sulle tempie. Il rosmarino stimola la circolazione e l’afflusso del sangue al cervello. Un tempo evitava le infezioni e proteggeva uomini e donne
    dalle forze del male.
    E’ un ottimo tonico e astringente per il viso, e rende morbidi i capelli. L’olio di rosmarino frizionato sulla pelle aiuta a calmare i nervi e a migliorare la circolazione. Alcune gocce aggiunte all’olio del bagno, leniscono i dolori reumatici.
    In fitoterapia, può essere, usato come infuso o decotto, come depurativo del fegato tonico e digestivo. E’ efficace nei casi di meteorismo,dei disturbi intestinali in genere, nel caso di spasmi ventrali, vertigini, inappetenza. In aromaterapia, grazie alla presenza dell’olio essenziale, che, conferisce alla pianta una potente azione antibatterica e antisettica, è impiegato come pianta balsamica utile al raffreddore, tosse e febbre. L'infuso, unito all'acqua del bagno ha un eccellente effetto stimolante, e secondo alcuni avrebbe anche un potere afrodisiaco se mescolato alla menta ed alla salvia. Inoltre il rosmarino ha proprietà astringenti dovute al tannino, per cui è indicata in caso di diarrea emorragia e quando il flusso mestruale è troppo abbondante. Per uso esterno, i risciacqui sono efficaci contro il mal di denti e le frizioni per i dolori reumatici ed il mal di testa. I cataplasmi delle foglie tritate e riscaldate in un olio vegetale sono ottime per le contusioni e le slogature. Questa pianta aromatica è un'erba insostituibile in cucina, soprattutto nella dieta mediterranea.
    Immancabile su carni, pesci e nella preparazione di salse, è la spezia più usata nelle grigliate e nelle marinate.






    ALLORO
    ALLORO L'Alloro (Laurus nobilis) è una pianta della famiglia delle Lauraceae. Utile in caso di disturbi allo stomaco e coliche, è usato per curare febbre e tosse. Possiede delle proprietà aperitive, cioè stimolanti dell'appetito, digestive e carminative. Per questa ragione l'alloro viene comunemente impiegato per alleviare le coliche, i disturbi dello stomaco, favorire la digestione, aiutare ad espellere i gas dall'apparato gastrointestinale -in presenza di meteorismo o aerofagia-.
    Sia le foglie che le bacche esercitano azione diaforetica, utile per stimolare la sudorazione, in caso di febbre e stati influenzali; ed espettorante, indicata per eliminare il catarro bronchiale e in caso di tosse. Nell'uso esterno, le bacche fresche sono utilizzate per preparare l'oleolito di alloro, o olio laurinato con effetto antinfiammatorio, emostatico e astringente, estremamente efficace per lenire reumatismi, artrite, dolori muscolari o per facilitare la ripresa dell'uso delle articolazioni dopo ingessature, contro traumi di varia natura, ecchimosi ed ematomi. Infine, l'acido laurico contenuto nelle foglie, possiede proprietà repellenti naturali contro insetti e parassiti. E’ diffuso lungo le zone costiere settentrionali del Mar Mediterraneo, dalla Spagna alla Grecia e nell'Asia Minore. In Italia, l’alloro cresce spontaneamente nelle zone centro-meridionali e lungo le coste, mentre è coltivato nelle regioni settentrionali. I Greci pensavano che le sue foglie avessero il potere di trasmettere il dono della divinazione, di allontanare la malasorte e le malattie contagiose. A Delfi, sede dell'Oracolo di Apollo, i sacerdoti del Dio e la pizia masticavano o bruciavano foglie di Alloro per stabilire la comunicazione con gli Dei e dormivano su "materassi" fatti di strati dei suoi fuscelli, per favorire i sogni premonitori.
    Nel mito raccontato da Ovidio nelle sue Metamorfosi, la ninfa Dafne, il cui nome significa appunto "lauro" (alloro), fu il primo amore del dio Apollo. La giovane, per sfuggire al corteggiamento del Dio, si fece trasformare dalla madre Gea, in una pianta di alloro. Il dio, ormai impotente, decise di onorare questa pianta rendendola sempreverde e di farla a lui sacra. Da quel momento in poi, gli uomini l’avrebbero adoperata come simbolo di gloria, da porre sul capo dei migliori, eroi, geni e saggi, capaci 27di imprese esaltanti. Anche a Roma era considerato il segno del trionfo, tanto che i generali vittoriosi ne indossavano una corona fatta con le sue fronde, quando venivano festeggiati sul Campidoglio. Si narra, infatti, che fu Giove stesso a donarla a Cesare per celebrare le vittorie dell'imperatore. Per molto tempo, il Lauro è stato usato come rimedio contro la peste, mentre, nel Medioevo, e le sue foglie erano considerate un rimedio naturale adatto a regolarizzare il ciclo mestruale. Con l'oleolito di alloro si prepara il sapone di Aleppo, tipico della Siria, e più precisamente della città di Aleppo, da cui prende il nome, particolarmente adatto alle pelli delicate e a chi soffre di allergie e intolleranze ai profumi ed altri additivi, comunemente presenti nei detergenti per l’igiene personale. Le corone di alloro vengono destinate a persone con determinati riconoscimenti.
    Oggi, si usano le coroncine di alloro per la laurea.







    RADICCHIO
    RADICCHIO La Cicoria selvatica e/o Radicchio (Cichorium intybus) è conosciuta in Umbria con il nome dialettale di Giransolo.

    La cicoria è una pianta annuale erbacea, che, cresce spontanea nei terreni incolti e negli argini delle aree coltivate.
    Le foglie della cicoria sono simili ad altre foglie del gruppo dei cosiddetti “radicchi di campo”, come il tarassaco. Per raccogliere le foglie basali servirà munirsi di un coltellino ben affilato e afferrare il cesto di foglie di cicoria recidendo alla base proprio sopra al terreno, come faremmo per la raccolta di una comune insalata dell’orto.
    Le foglie della cicoria hanno un sapore estremamente amaro, che, la annovera proprio tra le amiche del fegato, stimolando e tonificando le sue funzionalità insieme a quelle della cistifellea. Inoltre, la cicoria è de tossificante e depurativa, facilita la digestione, favorendo l’aumento di produzione di succhi gastrici. Un tempo veniva raccolta la radice di cicoria per preparare un succedaneo del caffè, e - ancora oggi - il caffè di cicoria è un’ottima bevanda, che, non sovraccarica il sistema nervoso, come gli alimenti nervini. Persino i fiori blu sono commestibili e possono essere aggiunti come decorazione o ingrediente per speciali insalate miste o per piatti con ricette di fiori eduli.
    Questo fiore è utilizzato anche per la preparazione del rimedio Cicory dei Fiori di Bach. Le foglie della cicoria vengono solitamente mangiate crude nelle insalate miste con altre erbe di campo, e – soprattutto - con il radicchio e il tarassaco, oppure con la lattuga e la scarola. Può essere cotta nello stesso modo degli spinaci e usata come ripieno per le torte salate, come verdura di accompagnamento di un secondo piatto o nelle minestre di verdure o risotti, mescolando il sapore amarognolo con altre erbe dal sapore opposto, oppure potenziandolo con altre erbe amare.







    GINESTRA
    GINESTRA La ginestra (Genistrae) è una pianta a comportamento cespugliosoarbustivo, molto diffusa in gran parte del mondo. Nota anche con l’appellativo popolare di Frusta di Cristo, a causa della forma dei suoi rami. Nell’omeopatia, è nota per essere un lassativo ed un sedativo naturale.
    Le specie conosciute sono circa 75. La loro composizione organica differisce lievemente. Il ginestrone, ad esempio, viene utilizzato per decotti epatoprotettivi - utili anche al trattamento di tosse e asma - e tranquillante.
    La ginestra dei carbonai è tra le più note, in quanto i suoi rami e le sue foglie essiccate venivano utilizzate per fabbricare scope.
    La ginestra ha proprietà antireumatiche, che, aiutano ad abbassare l’infiammazione delle articolazioni. Ma può essere utilizzata anche come cardiotonico, poiché è in grado di regolare l’azione del cuore. Efficace per purificare l’organismo, grazie anche alla proprietà emetica, che, favorisce il vomito (ad esempio in caso di avvelenamento). È conosciuta per la sua azione contro ipotensione e sanguinamento gengivale. Contrasta mestruazioni abbondanti, ingrossamento della milza, calcoli renali e biliari, disturbi epatici e affezioni bronchiali. I soli fiori, in particolare, sono indicati contro i disturbi della minzione. La ginestra è un cardiotonico naturale. Dai fiori della ginestra, si ottiene l’olio essenziale, che, viene usato per la preparazione dei profumi ad uso cosmetico e nell’industria alimentare. In tanti, conosceranno la ginestra grazie all’opera di Giacomo Leopardi, che, aveva visto crescere sulle pendici del Vesuvio. Egli rimarcò la figura del fiore di Ginestra, come simbolo della resistenza umana di fronte al destino inevitabile che la natura riserva all’Uomo. La Ginestra accetta con umiltà il suo destino, a differenza dell’Uomo, che, anela all’Immortalità.

    (Ida Cassetta)






    BOTANICA DEL PAESAGGIO

    L’oliveto e l’orto
    E come li amo que’ miei quattro olivi
    che al potatoio (sono morinelli)
    gridano ogni anno. Buon per te se arrivi.
    Nonno di nonno li piantò ma quelli
    buttano ancor la mignola, mentr’esso
    da un po' non sente cinguettar gli uccelli!
    E ne vengono, sì, sopra il cipresso,
    là, verso sera! Ed esso è là: ma sento
    che verso sera è qui con noi, qui presso.
    Tra lusco e brusco, egli entra lento lento,
    venendo bianco dalla vita eterna,
    e versa l’olio con un viso attento.
    E’ lui che il nostro lume ancor governa
    con que’ suoi vecchi olivi e quando l’Ave
    Maria rintocca e splende la lucerna,
    - Filate, o donne - mormora – da brave!-

    (Giovanni Pascoli)







    L’Uliveto di Chinino
    Scrivo, per chi come me, è vissuto prima della 2 Guerra Mondiale e per quelli che amano conoscere come era Perugia prima che nascessero.
    VIA DELLA PALLOTTA A PERUGIA Inizio a parlare della “Pallotta”, che, non era Via come ora. Questo nome apparteneva solo ad una “piazza”, e precisamente dove c’è ora una fontana, che, fa da spartitraffico. Da lì, si diramavano: la via che conduce a Ponte San Giovanni, la via dei “murelli”, che, va verso il “piano” (vedi San Martino in Campo) e verso i colli (San Fortunato eccetera)
    Poi la via San Costanzo, che, conduce al centro della città vecchia.
    Proprio percorrendo questa, sulla destra, c’era l’Uliveto di Chinino (questo era il soprannome del proprietario).
    Che meraviglia!
    Io ci andavo a giocare con le mie amiche.
    Siedevamo sui vecchi tronchi annosi, che, avevano formato delle cavità, e dentro queste… noi immaginavamo le nostre Case. Coglievamo le bacche ancora verdi, e le cucinavamo per le bambole. Cresciuta, andavo lì a studiare e a leggere i romanzi, specialmente quelli che ancora mi erano proibiti.

    Ora il “tappo” con i suoi olivi non esiste più!!
    Se avrete occasione di passare di là, indovinate cosa vedrete. L’Istituto Zooprofilattico dell’Umbria!

    (Silvana Bascaccini)






    L’Umbria e gli Olivi
    Credo che la verde Umbria debba il suo appellativo non solo, ma anche, alla presenza diffusa di così tanti oliveti.
    L’Olivo è sempre stato una fonte di guadagno notevole, per i poderi che lo coltivavano.
    Ai miei tempi la raccolta delle olive veniva fatta da novembre a dicembre, anche per aumentare la resa. Allora non si conoscevano ancora le proprietà benefiche dei composti fenolici, che, conferiscono, ora si sa, la piccantezza dell’olio novello, anzi il piccante non era particolarmente apprezzato.
    Nel mio palazzo, quando ero giovane, abitava un agronomo, il Dott. Tonini, che, era esperto in potatura e, in particolare, si era specializzato nella cura dei tanti oliveti della nostra Provincia.
    Era il referente dei maggiori proprietari e olivicoltori. A quell’epoca, fino almeno al 1956, anno in cui si trasferì a Roma, la potatura veniva fatta in maniera molto differente da ora. Allora si potava pochissimo per non compromettere il raccolto dell’annata. Subito dopo la guerra, il dott. Tonini, insieme a Mario Spagnoli, si occupò di rimboschire Monte Pulito con la piantumazione di olivi… quegli olivi, che, ancora possiamo vedere e ammirare intorno alla Città della Domenica.
    Il dott. Tonini, contribuì a salvare questo grande oliveto, dopo la grande gelata del ‘56, consigliando a Spagnoli, di non abbattere tutti gli olivi, che, sembravano ormai irreparabilmente perduti, ma di concimarli abbondantemente. Quell’anno ovviamente l’oliveto non diede frutti, ma tutte le piante furono salvate.
    Sicuramente era un gran conoscitore di questa pianta e dei suoi bisogni.
    Ho sempre considerato questa pianta indispensabile alla nostra alimentazione.
    Quasi una pianta sacra, che, caratterizza e illumina con la sua chioma argentata le colline della nostra bella regione.

    (Marisa Rasimelli)

    Gli ulivi del Sodalizio San Martino

    STAZIONE SANT'ANNA A PERUGIA STAZIONE SANT'ANNA A PERUGIA







    I MEZZI DI TRASPORTO

    Il trenino della Centrale Umbra
    STAZIONE SANT'ANNA A PERUGIA Avete mai sentito parlare del Trenino della “Centrale Umbra?”
    Da qualche anno è sparito dalla circolazione.
    C’è un progetto, secondo cui sarebbe dovuto diventare la “Freccia azzurra”, collegando Terni con Città di Castello, attraverso tutta l’Umbria.
    Non si è visto più niente.
    Sono rimaste solo le rotaie e la vecchia “stanzioncina” la stazione Sant'Anna di Perugia

    Quanti ricordi!
    I vecchi sedili di legno,
    il fischio che annunciava il suo arrivo ad ogni piccolo casello, e la corsa per poter salire in tempo!
    Quanti ragazzi, mezzi addormentati, che, con i libri in mano aspettavano per poter venire a Perugia alle scuole superiori! Noi giovani maestrine, all’opposto, andavamo ad insegnare a leggere e scrivere ai nostri piccoli scolarini, che, facevano chilometri per arrivare alla scuolina di sole 5 classi, e spesso anche meno! Tempo passato, ma ricordi felici!


    (Silvana Bascaccini)








    LA SIGNORA DELLE FAVOLE
    Il cane Rocco

    Un cane, che, si chiama Rocco, gioca sempre con un birillo...
    Rocco ha fatto amicizia con una gatta,
    che, gioca sempre con un pupazzo di latta...
    i due si sono incontrati ad un concerto...
    e Rocco ha preso una cotta... lo so di certo!!!
    Anche la gattina birichina
    lo aspetta fuori casa... Ogni mattina,
    gli va incontro tutta sorridente…
    Incurante di tutta la gente,
    gli porge un sacchetto di suoi croccantini...
    Rocco afferra il sacchetto con i suoi dentini.
    Dietro un grande albero, nascosti, Rocco, con tanto ardore,
    mostra a Maya tutto il suo Amore...
    si abbracciano felici e contenti… e,
    Tu, nel tuo lettino, ti addormenti.


    (Gabriella Secco)







    IL “NOSTRO” CANTASTORIE SOLITARIO
    Una capretta innamorata
    In un grande pascolo, tra la montagna e la pianura, vive un gregge di pecore e capre con un giovane pastore.
    Renzo è un giovane pastore, che, ha un bravissimo cane… Bau.
    Bau, con la sua esperienza, controlla ogni movimento sospetto tra il gregge.
    Ogni mattina, pecore e capre escono dall’ovile, e di corsa…
    Con un coro di BEE BEE vengono condotte in un vasto prato di erba fresca, dove iniziano l’abbondante prima colazione.
    Negli ultimi mesi, sembra che sia sbocciato qualche amore tra il gregge, e… lo conferma la visione sul prato di piccoli agnellini e piccole caprette.
    Ognuno di loro, è felice di stare Insieme, e dividersi il PRATO…
    Un giorno, il pastore Renzo si è accorto di una strana amicizia, tra la capretta Bianchina e l’agnellino Brunetto.
    Sovente, si allontanano silenziosi con la speranza, che, nessuno si accorga della loro assenza… Camminano con il musetto a terra, facendo finta di pascolare, mentre si parlano con un continuo di BEE BEE…
    CAPRETTA E AGNELLINO Il pastore Renzo avvertito da Bau è lì… nascosto… non interviene…
    Vorrebbe capire cosa si stanno dicendo, e cosa intendono fare…
    Il cane Bau vorrebbe riportarle, tra il gregge, ma il suo pastore lo ferma dicendo che vorrebbe saperne di più.
    Bau obbedisce, e torna accanto al gregge.
    Dopo qualche minuto, Bau si accorge che la capretta e l’agnellino, dimostrano di essere veramente innamorati, strusciandosi leggermente come fosse una carezza…
    E’ un’immagine nuova, anche per il pastore Renzo, che, pure con la sua esperienza non ha mai assistito a un idillio così strano e unico… Non gli resta che fargli gli Auguri.
    Il gregge si è accorto delle scappatelle tra Bianchina e Brunetto.
    Sono felici per Loro, senza nessuna invidia, ma sperando che un giorno arrivi anche per Loro L’Amore e avere la stessa Intimità.
    Passano molti giorni… Un mattino si sentono dei deboli beati…
    Il pastore, avendo già un sospetto, fa uscire il gregge. Rimangono l’agnellino e la capretta e… un PICCOLO NUOVO OSPITE… una piccolissima capretta, appena nata, che, non riesce ancora ad alzarsi.L’istinto la spinge sotto sua madre, e inizia la prima poppata della sua Vita. La capretta lo accarezza amorevolmente, sotto lo sguardo felice dell’agnellino, suo padre.
    Sembra un bel quadretto, dipinto da un grande pittore, che, ti colpisce per tutto l’Amore, che, si respira tra la nuova famigliola.
    La piccola capretta sta crescendo in salute.
    Il pastore Renzo è felicemente sorpreso per ciò che è accaduto.
    L’unico, nella sua Vita da pastore… ed anche Bau è contento… A Bau non dispiace la nuova arrivata.
    Quando al mattino, Tutti escono sul prato con i nuovi nati…
    E’ UNO SPETTACOLO NELLO SPETTACOLO VEDERE I NUOVI SGAMBETTARE NEL PRATO, CADERE, RIALZARSI, RICERCARE LE LORO MADRI… ORMAI, NEL GREGGE E’ SCOPPIATO L’AMORE… ED ORA CI SONO CONTINUE FESTE PER ALTRETTANTE NASCITE… BENVENUTI E VIVA LA VITA

    (Mario Mangiamacco)






    PITTURA IN VERSI

    Due innamorati

     Storia d’amore tra Bella e Chagall, Marc Chagall

    Due innamorati, intraprendenti,
    avevano degli appuntamenti...
     Storia d’amore tra Bella e Chagall, Marc Chagall

    Che si erano dati venerdì mentre il gallo faceva
    “Chicchirichì”...
     Storia d’amore tra Bella e Chagall, Marc Chagall

    Lui le portò dei fiori…
    Lei sognò mille colori…
     Storia d’amore tra Bella e Chagall, Marc Chagall

    Sempre Lei… decise di andare a cavallo…
    cercò un fiore giallo…
    per cercarlo si mise le Ali…
     Storia d’amore tra Bella e Chagall, Marc Chagall

    e… Trovò tanti animali… Felici e Ammaliatori…
     Storia d’amore tra Bella e Chagall, Marc Chagall

    Lui e Lei ballarono,
     Storia d’amore tra Bella e Chagall, Marc Chagall

    abbagliati da un paesaggio in fondo al mare.
    Lei si tuffò con i fiori…
    Lui si sentì sugli allori…
    decisero di dipingere con il pennello
    un bouquet di fiori... bello...
     Storia d’amore tra Bella e Chagall, Marc Chagall

    e intorno Tanti Adulatori...
    Lui la condusse in cucina...
     Storia d’amore tra Bella e Chagall, Marc Chagall

    con un balzo le si avvicina...
    Lui le dà un bacio all’argentina.
    Soddisfatti, Lui e Lei si mettono a ballare…
     Storia d’amore tra Bella e Chagall, Marc Chagall

    Pensano al fondo del Mare...
     Storia d’amore tra Bella e Chagall, Marc Chagall

    Ad un Mare in tempesta,
    e subito girano le loro testoline...
    Fu allora che decisero di convogliare a nozze...
    salirono su 1000 carrozze.
     Storia d’amore tra Bella e Chagall, Marc Chagall

    Per sempre si amarono…
    nel Castello andarono…
    ancora sono lì…
    CHICCHIRICHI!

     Storia d’amore tra Bella e Chagall, Marc Chagall

    STORIA D'AMORE TRA BELLA E CHAGALL

    presentata da Gabriella Secco








    ILLUSTRISSIMI PERSONAGGI
    San Francesco d’Assisi
    Entro in chiesa per accendere una candela al mio santo preferito,
    San Francesco…
    C’è tanto silenzio, odore d’incenso e vecchine che pregano.
    Vi racconto la sua storia, e spero di essere concisa.
    Nel 1206, San Francesco d’Assisi scambia i propri abiti con quelli di un mendicante romano, e inizia a chiedere l'elemosina davanti alla Basilica di San Pietro. Gli amici, che, non riconoscono più in lui l'allegro compagno di scorribande di un tempo, lo abbandonano.
    Il padre entra in aperto contrasto con lui.
    Un giorno, San Francesco è in preghiera nella Chiesetta di San Damiano... il crocifisso si anima per chiedergli di riparare la chiesa in rovina.
    Francesco sulla pubblica piazza di Assisi rinuncia così ai beni paterni. E’ il 12 aprile del 1207.
    Da questo momento abbandona Assisi, e si dirige a Gubbio, dove affronta il terribile lupo, che, getta il terrore tra gli abitanti della città. Riesce ad ammansire il feroce animale, semplicemente parlandogli. Si attua così quello che viene considerato il suo primo miracolo. Francesco amava tutti gli animali, e ne divenne loro protettore. Parlava con tutti gli uccelli...
    Si cuce da solo una camicia di tela grezza, legata in vita da una cordicella a tre nodi. Indossa dei sandali, e rimane nei territori di Gubbio fino alla fine del 1207. ASSISI  LA BASILICA Restaura personalmente la chiesetta di San Damiano e la Porziuncola di Santa Maria degli Angeli, che, diventa la sua abitazione.
    E' questo il periodo in cui concepisce i primi abbozzi di quella che poi diventerà la Regola Francescana. La regola principale dell'ordine francescano è l'assoluta povertà, ovvero i frati non possono possedere nulla.
    Nonostante la stanchezza e la sofferenza fisica, compone anche il famoso "Cantico delle Creature"...
    […] Laudato sie, mi' Signore cum tucte le Tue creature, spetialmente messor lo frate Sole, lo qual è iorno, et allumini noi per lui. [...]
    La salute intanto peggiora sempre di più… è addirittura quasi cieco.
    Francesco d'Assisi muore nella sua chiesetta della Porziuncola il 3 ottobre del 1226. Aveva 44 anni.
    Povero frate mio, mi viene da sentirmi buona e mi vado a
    confessare!

    (Gabriella Secco)







    DEI COMPAGNI PELOSI
    I nostri magnifici animali
    MARTINO IL GATTO NERO Al San Martino ci sono anche i nostri amici animali… quelli che ti danno affetto senza chiedere nulla in cambio… quelli che riempiono la vita di molti di noi.
    Creature semplici alle quali, sovente, manca solo una parola. E’ bello che possano starci vicini, che, siano accolti con simpatia.
    In primo luogo, c’e’ Martino.
    La mascotte… il bel gatto nero dal pelo lucido e da due magnifici occhioni.
    Passeggia indisturbato, e ti fa capire subito che questa è casa sua.
    E’ stato “adottato” quando, piccolo, fu ritrovato in cattive condizioni.Ora è amato da tutti, o quasi. Addirittura, per raggiungere qualche ospite particolarmente significativo per Lui, come Silvana, prende l’ascensore. C’è poi il gatto venuto da lontano, che, è entrato nel giardino di Maria L. Vi ha preso possesso, riscaldando il cuore della sua “padrona”…
    Ci sono i due gattini, Jonny e Lulu, timidi e un po' riottosi, della Cesarina, che, preferiscono stare sulle loro, come un po' la loro padrona!
    C’è poi il paffuto, peloso e “codoso” gatto rosso della Raffaella, che, ti guarda con gli occhioni sornioni e ti strappa sempre un
    sorriso.
    C’è Briciola, il gatto dell’Ornella... Cloty, il gatto dell’Ombretta… Maya, la gatta della Gabriella… fantasiosa, come la sua padrona!
    Ci sono gli uccellini di Mauro e i pappagalli.
    Insomma, per chi ama gli animali, il San Martino è un posto ideale.

    (Maria Ausilia Paris)






    ANEDDOTI
    Osservando Roma…
    Giovanna e Antonio si fermano con Me, e con Loro si accende… Béh, si accende di più in me la Meraviglia per delle piccole perle di Grande Storia e Storia della vita Quotidiana… «Quo vadis, Giovanna?!», ovvero «Dove andiamo, Giovanna?» Giovanna è incantata dalla Storia del Cristianesimo, e di Roma… E’ sospinta a ricercare nei film nei libri nei viaggi … instancabile… di Roma...
    La sua memoria mi conduce alla mia Bambina di tanti anni fa, che, divorava manuali di storia… cercava di capire chi fosse Giulio Cesare e Cleopatra…
    Avrò visto così tanti film storici, come Giovanna… Sempre incantata alla vista del Colosseo e delle piazze di Roma… La memoria di Giovanna mi conduce alla mia Studentessa universitaria, che, si ritrovò a scoprire mille perizie sulle vicissitudini dei santi, spaziando dalla agiografia alla demologia… riti, cibi, modi di dire… Scoperte, che, ci dimostrano come Chi eravamo sono delle tracce in Noi, e viaggiano… viaggeranno… ma è così bello Scoprire!!! A volte, fa anche un po' paura…
    ROMA LA LUPA CAPITOLINA IN GABBIA Ecco, oggi, Giovanna mi ha fatto conoscere la storia della Lupa del Campidoglio…
    Ascoltate...
    Il 28 agosto 1872, il Consiglio Comunale di Roma, presieduto dal Sindaco Pietro Venturi, deliberò di collocare sul Campidoglio “in un apposito casotto una lupa vivente come emblema di Roma”, stabilendo persino le spese per il suo mantenimento, 23.50 lire al mese. Fu assunto anche un custode, che, aveva dimora poco distante. I resti della “casa del Luparo” si vedono ancora all’altezza di via Monte Caprino.
    La faccenda aveva però un precedente. Già all’inizio del Quattrocento, infatti, sul Campidoglio era tenuto un esemplare di leone, al tempo il simbolo della città. La cosa durò poco, fino a una domenica mattina del 1414, quando la belva riuscì a trovare la libertà, uccidendo o mutilando diversi bambini. Tornando alla lupa, il povero animale diventò subito un’attrattiva, soprattutto per i più piccoli, che, si fermavano a osservarlo camminare avanti e indietro nello spazio angusto, umido e buio. Il suo comportamento è all’origine del modo di dire “me pari la lupa der Campidojo”, con cui a Roma si apostrofa una persona inquieta, che, non riesce a stare ferma. Nel 1935, come testimonia una copertina illustrata della Domenica del Corriere, la lupa venne temporaneamente spostata dalla vecchia gabbia lungo la scalinata del Campidoglio a una nuova, ai piedi della Rupe Tarpea. Era stata pure attrezzata una gabbia per l’altro simbolo di Roma, l’aquila, ricordata con la consueta arguzia in una poesia di Trilussa.
    Con il passare del tempo, i cittadini prendevano sempre più coscienza delle condizioni pietose in cui vivevano questi animali. Così, quando la sera del 28 giugno 1954 una lupa di appena tre anni cessò di vivere dopo una breve agonia e nonostante le cure prestate dal veterinario del Giardino Zoologico, il dottor Bartolino, scoppiò un vespaio di polemiche. Paladino dell’abolizione della lupa sul Campidoglio era un cittadino inglese da tempo residente a Roma, Marian Johnson, che - come si leggeva in un articolo del Messaggero – aveva scritto al Times affinché intercedesse presso l’amministrazione capitolina per convincerla a non sostituire la lupa morta con un nuovo esemplare.
    ROMA LA LUPA CAPITOLINA IN GABBIA Dalla parte di Johnson si schieravano non solo semplici cittadini, ma anche istituzioni come il Giardino zoologico di Roma e l’Ente nazionale Protezione animali. Il sindaco Salvatore Rebecchini, era però di tutt’altro avviso, considerando la lupa e l’aquila simboli millenari di Roma e meravigliandosi che nessuno protestava per i tanti zoo e per l’infinito numero di uccellini in gabbia. Così il 15 novembre successivo fu a un giovane lupo maschio a essere collocato sul Campidoglio. Solo la gabbia fu un po’ allargata e resa più confortevole. La barbara usanza sarebbe terminata qualche anno più tardi. Resta la gabbia, vuota e ombreggiata da un gigantesco ombù che portò dall’Argentina, nel 1911, il principe Baldassarre Odescalchi.

    Il distinto professor Antonio è, apparentemente, un Uomo mite… Se Tu impari ad aspettare i suoi tempi, conoscerai un Uomo appassionato…
    Affascinato dai Misteri delle Lingue del Mondo, instancabile sostenitore del Rispetto e della Cura della Persona, inguaribile Amante del Pianoforte… Quel pianoforte, che, lo accompagnò nel suo viaggio di formazione di Uomo, e di protagonista della migrazione eugubina… Il pianoforte lo Trasformò, e continua a farlo… Un giorno, chiesi ad Antonio di Roma… di tutto punto, così mi rispose:
    «Ma… Roma mi piace!!!
    Quando vedi Roma… ti stupisci… Avevo 12 anni… Ero in gita...
    Roma mi scosse da dentro, perché in quegli attimi iniziai a scoprire e sedimentare il mio Grande Amore per le Lingue…
    A Roma, c’era una quieta e armonica convivenza di costumi e lingue… di Persone…
    A Roma, anche se non sei nato lì, Sei Parte della Città…
    In Francia… Tu dovevi far finta di essere francese, ma in realtà...
    Io sono italiano!!!»


    (Giovanna Zerini, Antonio Marionni, Elisa Ferranti)







    LA DEDICA DE I SETTE CERVELLI AGLI OSPITI
    I vostri vecchi
    Guardate gli occhi dei Vostri Vecchi.
    Oggi portano i colori dell’autunno
    ma ieri hanno donato sguardi
    vivi come bacche di agrifoglio
    teneri come fiori di biancospino.
    Guardate le mani dei Vostri Vecchi.
    Oggi contano i giorni sulle ginocchia
    ma ieri hanno lottato, costruito
    seminato carezze
    momenti di sole...
    Guardate i passi dei Vostri Vecchi.
    Oggi avanzano lenti, discreti come ombre
    ma ieri hanno percorso pianure di
    speranze
    sudato lungo vicoli arroganti del dolore.
    Caduti si sono rialzati...
    Guardateli e aspettateli i Vostri Vecchi
    prima che il tramonto li porti via.
    Se siete qui è perché loro hanno
    soprattutto amato.

    (Omaggio del 24/02/2021 da parte de I Sette Cervelli
    agli Ospiti del Sodalizio di San Martino)








    LA MODA
    “ Tu, Non sei proprio alla Moda!”
    Moda… Sembrerebbe un argomento leggero, anche futile magari… Se ci addentriamo un po' più nello specifico, senza pregiudizi, ci accorgiamo che non lo è, o comunque lo è assai meno di quanto si pensi. Moda è anche sinonimo di “costume”, ovvero di un complesso di comportamenti.
    La moda corrisponde alle temperie sociali e culturali…
    Non è un banale Capriccio, come si potrebbe pensare. La moda corrisponde a precise esigenze sociali ed anche etiche, che, attraverso il tempo si preoccupano di generarla… Essa rappresenta il Marchio di ciascuna Epoca, che, la fa collocare nel tempo storico in cui si è manifestata, ma con un preciso scopo e un approccio estetico.
    Facciamo un esempio dal passato…
    MODA PARRUCCHE Le settecentesche parrucche incipriate, così poco igieniche… Ci rimandano nell’immaginario collettivo ad una civiltà fatua e decadente, che, non teneva conto se non dell’aspetto esteriore della Persona, all’interno di una società superficiale inconsapevole e carica di vanesia.
    I nobili, dame e damerini, nei loro eleganti salotti, in abiti da sera e velluto, si rifiutavano di prendere in considerazione chi li avrebbe portati inevitabilmente sui gradini della ghigliottina!
    La moda non è stata sempre qualcosa di così fatuo. Nel corso dei secoli passati, vi fu addirittura un sovrano come il Re Sole, che, la usò, a suo arbitrio, come Strumento di Potere. Il sovrano lanciava – come nel caso della CRAVATTA - continuamente nuove stravaganti e costosissime mode. I nobili cortigiani si affrettavano ad imitarLO. Un vero e proprio strumento di potere la Moda del Re Sole… Le spese folli cui i cortigiani andavano incontro per imitare il re, servivano a…
    Le spese dei nobili impedivano ad essi di avere così sufficienti risorse finanziarie per assodare un esercito, con il quale eventualmente avrebbero potuto ribellarsi al potere reale… Anche senza arrivare a certi stratagemmi, le spese per seguire i capricci della moda, ieri come oggi,sono una voce finanziaria, socialmente importante, nel bilancio di un paese. E, oggi, cos’è la moda?
    Ma sarebbe meglio dire “Le Mode”, che, quasi sempre passano e durano assai poco, succedendosi senza quasi lasciare Traccia di sé.
    La Moda è una Dea femminile, e come tale, volubile, passeggera, incostante, che, pure viene seguita e onorata dalle sue adepte con rispettosa Fedeltà e Dedizione.
    Soddisfare questo culto capriccioso, infatti è una delle prerogative della femminilità, cui quasi nessuna donna si sottrae. Nel momento in cui le novità della moda si manifestano, Esse vengono accettate volentieri - spesso con entusiasmo -… Se ci capita di riguardare in foto, a distanza di tempo,la moda passata ci sembra spesso quasi ridicola… “fuori moda”… Facciamo un esempio:
    MODA PANTALONI ZAMPA DI ELEFANTE Chi ha portato i pantaloni a zampa di elefante li ha adottati, trovandoli accettabili, gradevoli, e persino belli, al momento in cui erano in voga; ma rivedendo un vecchio paio di quei tanto amati indumenti o rivedendosi in una vecchia foto, siamo presi da una specie di disagio, per quell’abbigliamento ormai desueto, quasi non fossimo state noi stesse ad adottarlo volentieri, sovente con assoluto entusiasmo.
    La caducità e la mutevolezza della Moda, o meglio delle Mode, mette 46a dura prova la nostra coerenza nel giudizio estetico.
    Ciò che avevamo indossato con piacere, trovandone bella e desiderabile l’immagine che la moda ci proponeva, a distanza di tempo, tende a diventare qualcosa di diverso, che, quasi sempre non solo non ci piace più; ma ci mette quasi a disagio, perché le troviamo ridicole…
    Il tempo che passa rende non più piacevole al nostro gusto ciò che ci era sembrato Bello, ma la colpa non è nostra, ma della Dea Moda... Divinità capricciosa, mutevole ed incostante, fino alla crudeltà.
    Tuttavia, per uno strano fenomeno, mentre ci piace scorrere i costumi dei tempi andati, quasi con Nostalgia…
    La moda del passato recente, che, pure abbiamo per alcuni periodi adottata, non solo non ci piace più, ma quasi sempre, ci appare brutta… quasi ridicola, per un Bizzarro fenomeno della Memoria.

    (Cesarina Mencarelli)






    TANTO PER RIDERE
    Le Barzellette

    Il maestro:
    «Chi ha scoperto l’America?
    Vorrei saperlo, avanti, Pierino… dimmelo subito!»
    Pierino:
    «Perché se la piglia con Me, ma... Io non sono stato, signor
    Maestro!»


    Scuola di campagna...
    La maestra: «Stamattina qui si è parlato dej animali de la
    fattoria...
    ora, qualcuno sarà interrogato… Sarai Tu, Pierino a dare il via.
    Quale animale ti sveja al mattino?
    Qual è que l’animale che ti desta?
    Adesso rispondi avanti, Pierino!»
    Pierino:
    «E’ ‘l mi babo, signora maestra!»


    In caserma…
    Tenente: «Soldato, ditemi il vostro cognome.»
    Soldato: «Io mi chiamo Stromboli, sor tenente.»
    Tenente: «C’è anche un vulcano che ha questo nome.»
    Soldato: «Ah sì. Ma lu’ ta me non m’è parente.»

    (Maria Lorvich)






    E per finire
    Le favole di una volta....


    La favola mai raccontata
    LA TROMBA O LA CICCIRUMBELLA?

    Quando ero piccolo io, non era tanto facile farsi raccontare una favola, anche perché le mamme e le nonne di una volta erano sempre molto indaffarate:
    dovevano pulire la casa, fare il bucato, cucinare, fare il pane, fare la pasta, andare nell'orto a raccogliere le verdure per poi cucinarle, e magari se avevano un po' di tempo libero, anche filare la lana, fare la maglia, tessere la tela, zappare l'orto e strappare le erbacce, seminare, annaffiare, allevare polli e conigli, mungere le pecore per poi fare formaggi e ricotta ecc. ecc.

    - "Nonna mi racconti una favola?"

    - "Certo, quale vuoi, quella della Tromba o quella della Ciccirumbella?"
    - "Quella della Ciccirumbella"
    - " Va bene, ma quella della Tromba è più bella e più longa..."
    - "Allora raccontami quella della Tromba..."
    - "Si, ma quella della Ciccirumbella è più longa e più bella..."
    - "E allora raccontami quella della Ciccirumbella"
    - " Va bene, però quella della Tromba è più bella e più longa..."
    - "Uffa, ma allora raccontami quella della Tromba..."
    - "Si, ma te l'ho detto, quella della Ciccirumbella è più longa e più bella..."

    E così fino a quando me ne scappavo disperato perché alla fine capivo che mi stava imbrogliando e che la favola non me l'avrebbe mai raccontata....

    (Cristiano Fanucci)






    E per finire tutti gli ospiti del Sodalizio San Martino di Perugia ringraziano di cuore Elisa, perché senza il suo aiuto questa rivista non sarebbe mai nata!... GRAZIE ELISA per tutto quello che fai per noi...






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