Don Ubaldo Braccini e Fabrizio Cece
Don Ubaldo Braccini e Fabrizio Cece nell'Archivio Vescovile di Gubbio.

x       ALCUNE FOTO D'EPOCA


RINGRAZIAMENTI

q       Archivio Comunale di Gubbio;

q       Archivio Vescovile di Gubbio;

 Carta della zona

q       Biblioteca Comunale Sperelliana di Gubbio;

q       Don Ubaldo Braccini;

q       Mario Franceschetti.





PRESENTAZIONE

Don Ubaldo Braccini, attualmente cancelliere ed archivista vescovile nonché parroco di Torre Calzolari (Gubbio), è stato testimone oculare di alcuni avvenimenti accaduti nella zona di Scheggia - Costacciaro nel marzo-luglio 1944. Tali episodi, noti da tempo nelle loro linee generali, altri affatto conosciuti, hanno avuto tuttavia uno svolgimento alle volte diverso da come è stato fino ad oggi raccontato.

Scopo di queste righe è appunto quello di fissare sulla carta la testimonianza di don Ubaldo e sentire da lui la ricostruzione di quelle terribili giornale di paura e di lutto.

Si precisa, infine, che certi episodi, come quello della messa al muro, don Ubaldo li ha resi noti - anche ai suoi amici e conoscenti più intimi - solo in epoca recente.

La testimonianza di don Ubaldo è stata raccolta nei giorni 18, 24 e 25 ottobre 2003 presso l'Archivio Vescovile di Gubbio. Sono seguite precisazioni e dettagli su di un testo che, prevedendo l'inserimento di brani documentari originali, di "pezzi" ripresi da bibliografia edita e anche da internet, ha richiesto un esame circostanziato di certe fonti. Si cita come esempio l'inserimento nel presente contributo dei testi delle leggi razziali del 1938.

Gubbio, gennaio 2004

                                                                                                                                                        Fabrizio Cece


 

Racconto di don Ubaldo Braccini
di alcuni episodi del marzo e luglio 1944 che lo videro, in parte, diretto testimone.

 

 

Don Ubaldo Braccini, classe 1928, frequentava il seminario regionale di Assisi (1a Liceo, anno scolastico 1943-1944) quando, a causa dell'imminente passaggio del fronte, il vescovo di Gubbio Beniamino Ubaldi, in questo sollecitato dai genitori degli studenti, richiamò da Assisi gli alunni eugubini[1]. A Gubbio essi avrebbero potuto proseguire negli studi. Il 16 febbraio 1944 Ubaldo è nella sua famiglia che abitava al vocabolo Rubbiano.

Dopo pochi giorni di vacanza si riprendono gli studi nel seminario eugubino. A maggio, concluso l'anno scolastico e chiuso il seminario, tutti gli studenti tornano a casa.

Nella zona di Scheggia, come anche in altri parti della diocesi di Gubbio, già all'indomani dell'8 settembre erano apparsi gli ex prigionieri alleati, già detenuti nei campi di prigionia italiani, e anche i soldati del disciolto Regio Esercito che vagavano per la campagna in cerca di cibo e, soprattutto, per raggiungere l'Italia meridionale già liberata. Alcuni di questi si fermarono anche a Rancana e, dopo essersi rifocillati, ricevevano le indicazioni sulle strade migliori da percorrere, ovviamente al di fuori di quelle più trafficate, per raggiungere le Marche. Il Purello (Fossato di Vico) era uno dei luoghi più spesso consigliati per attraversare la strada Flaminia e raggiungere la zona di Fabriano[2].

 

 

Il rastrellamento del 27 marzo 1944 a Rancana[3]

 

Il 27 marzo si era nel frattempo verificato il grande rastrellamento tedesco che aveva interessato il triangolo di territorio compreso tra le strade Scheggia-Gubbio, Gubbio-Fossato e Fossato-Scheggia.

Una sola pattuglia, delle famigerate "SS"[4], attiva nella zona di Rancana (frazione di Scheggia) - Troppola (vocabolo nel comune di Gubbio), si rese responsabile in tale circostanza dell'uccisione di 9 persone. Lungo la strada che dal cimitero di Scheggia conduce a Rancana vennero uccisi[5]:

1.      un certo Bugliosi (ragazzo minorato psichico) che si era messo a correre alla vista della pattuglia;

2.      Enrico Rosi, detto "Rigo de Balucchino", a Col di mezzo;

3.      un ragazzo, nipote del Rosi, nativo di Costacciaro;

4.      quattro maschi della famiglia Fiorucci (detti "del Picchio") al vocabolo Bellavista: i fratelli Giulio e Romano e i figli di quest'ultimo, Ubaldo e Ugo; vennero fucilati perché in casa loro fu rinvenuta della polvere e della miccia che usavano per rompere i "ceppi";[6]

5.      dopo aver superato la collina, la pattuglia tedesca si diresse verso la località Troppola, nella parrocchia di Sant'Angelo Dopo Serra (comune di Gubbio); qui vennero uccisi Salvatore Pascolini ("Tore di Lumachella") e sua figlia Fernanda; in loro memoria fu posta una lapide nel cimitero di Villamagna[7].

 

Verso Villamagna furono invece fucilati tre israeliti: Alberto e Pierluigi Guetta con il loro amico Piero Viterbo.

Don Ubaldo li aveva conosciuti quando era tornato dal seminario di Assisi e più volte si era loro unito in alcuni giochi e passatempi.

I Guetta erano di Firenze che avevano lasciato dopo il settembre 1943[8] per essere ospitati in casa riadattata per l'occasione di proprietà di Tommaso Lupini, padre di Dusolina, loro domestica nel capoluogo fiorentino. Nella zona tutti sapevano che in casa Lupini era rifugiata una famiglia di ebrei costituita dai genitori Dante e Irma e da almeno 5 figli (i fucilati Alberto e Pierluigi e tre altri più piccoli, una femmina e due maschi; uno di questi ultimi di nome Sergio).

Pare che i tre ragazzi, alla notizia dell'imminente rastrellamento[9], si siano nascosti nei boschi vicini, allontanandosi da casa. La pattuglia tedesca passò vicino alla casa abitata dai Guetta,, ma non la perquisirono. Alla domanda: "Avere armi?" formulata da un soldato, Dante Guetta rispose mostrando il bocchino usato per fumare le sigarette. Al che il militare rispose: "Ah, buono!". Chissà, forse se i tre ragazzi si fossero trovati in casa, probabilmente si sarebbero potuti salvare[10].

Una volta scoperti dai tedeschi, i Guetta e il loro amico Viterbo furono portati in casa Radicchi a Villamagna, punto di raduno dei rastrellati. Qui vennero ben presto rilasciati quasi tutti perché muniti di regolare documento di identificazione. I tre ragazzi, invece, sprovvisti di tutto, furono fucilati e i loro corpi abbandonati.

Saputo che verso Villamagna erano stati fucilati tre uomini, Dante e Irma Guetta, presaghi del triste destino toccato ai propri cari e avuta conferma della triste sorte loro toccata, si rivolsero a Sebastiano Braccini, il babbo di don Ubaldo, per essere accompagnati con il resto della famiglia a Gubbio onde sfuggire ad un paventato imminente ritorno dei tedeschi. Temevano infatti di essere stati scoperti giacché tra tutti i rastrellati solo i tre ebrei erano stati fucilati[11].

In Gubbio la famiglia Guetta, cioè quello che ne resta, viene sistemata nel Vescovato, dove risiedeva don Carlo Braccini, fratello di Sebastiano, allora cancelliere vescovile. Lì rimasero per un po' di tempo. Mons. Beniamino Ubaldi, vescovo di Gubbio, ha lasciato traccia di questo fatto nelle sue memorie di guerra[12].

A mons. Carlo, oltre che la custodia dei pochi oggetti preziosi, dei libretti di risparmio e di alcuni indumenti dei signori Guetta, fu affidato l'incarico di procedere alla sepoltura dei tre ragazzi. Per far ciò senza destare alcun sospetto, Mons. Braccini denunciò ai carabinieri la morte di tre uomini sconosciuti e in tal modo poté avere il consenso dello Stato Civile di Gubbio per il seppellimento dei tre cadaveri di ignoti nel cimitero di Madonna della Cima.

Successivamente al passaggio del fronte, i Guetta fecero riesumare le tre salme e mons. Carlo, con apposita dichiarazione resa in Pretura, attestò l'identità dei tre fucilati che vennero sepolti assieme nel cimitero ebraico di Firenze[13].

Questa triste vicenda cementò l'amicizia tra i Guetta e i Braccini. Prove se ne ebbero anche a molti anni di distanza da quel luttuoso episodio.

 

 

8 luglio 1944

 

Dopo il rastrellamento del 27 marzo, fino a luglio, a Rancana - frazione isolata - null'altro accadde. Don Ubaldo ricorda soltanto una visita del militi della R.S.I., spregiativamente indicati come "repubblichini", i quali, durante una delle periodiche perlustrazioni, giunsero in casa Braccini e rilevarono che lì c'era troppo grano, facendo intendere che non tutto fosse stato versato all'ammasso[14].

Il pomeriggio del 7 luglio 1944 due soldati tedeschi passarono per le case coloniche della zona di Rancana per prelevare cibarie occorrenti al sostentamento del reparto germanico di retrovia che si era installato nel vocabolo Pascolo[15], proprietà di Vittorio Fantozzi. Il presidio era rimasto senza vettovaglie dopo che erano stati fatti saltare i ponti della zona per proteggere la ritirata del grosso delle truppe tedesche in ritirata verso la linea gotica.

La pattuglia in cerca di vivande prelevò da casa Braccini tutto il pane disponibile al momento, costituito da sei o sette file e nient'altro.

Il giorno seguente, 8 luglio, era giorno di mietitura. Anche al vocabolo Rubbiano si erano date appuntamento molte persone, come si usava allora, per procedere alla raccolta del grano. La maggior parte di tali persone era costituita da sfollati provenienti dalla zona di Scheggia che aveva subito un bombardamento proprio pochi giorni prima, esattamente il 29 giugno[16].

Nella tarda mattinata arrivarono sul luogo tre soldati tedeschi in cerca di cibarie per il presidio del voc. Pascolo, come avevano fatto i due della sera precedente. Uno era armato di mitra, l'altro di fucile e il terzo, capopattuglia, di pistola. I trio giunse proprio mentre la mamma di Ubaldo, Palmina, stava sfornando il pane fresco. Il soldato armato di mitra, che parlava un buon italiano, esclamò: "Che buon odore di pane!". Scambia alcune parole con i presenti e, saputo che la sera avanti la madia di casa Braccini era già stata visitata e ripulita, il soldato sceglie "due forme" sole e chiede che vengano messe da parte per poi poterle caricare nello proprio zaino al momento del ritorno. Accettata una merendina con pane fresco, prosciutto e un bicchiere di vino, i tre militari proseguirono il loro giro.

Giunsero quindi all'edificio voc. Rancana, da cui erano uscite le donne per portare il pranzo a chi stava mietendo nel loro campo. I soldati entrarono in casa, accettarono del cibo e si misero a sedere al tavolo per  mangiare. Era in casa l'anziana Letizia, moglie dal capo di casa Antonio Lupini.

Nel frattempo, anche al voc. Rubbiano, ci si stava preparando per il pranzo in quanto il campo da mietere era nei pressi di casa Braccini.

Passa un aereo da ricognizione, forse si trattava di un velivolo alleato perché già nel mattino erano stati trovati nei campi dei volantini propagandistici in tedesco diretti alle forze germaniche di occupazione.

Ubaldo si affacciò ad una piccola finestra che si apriva sul tetto di una rimessa attrezzi. Saltò su per far posto agli altri ragazzi che da dietro cercavano di sbirciare in alto per vedere l'aereo. Proprio in quel momento Ubaldo sentì chiaramente provenire da casa Rancana, distante circa 200 metri, il grido "Savoia!" seguito immediatamente da una scarica di mitra.

Era accaduto che Antonio Lupini, avendo saputo che in casa erano entrati dei militari, si era allontanato dal campo dove gli altri pranzavano per assalire con il falcinello da mietere i tedeschi penetrati in sua casa. Appena entrato si scagliò, al grido dell’assalto, sul soldato più vicino cercando di colpirlo. Il tedesco seduto accanto a quello che stava per essere colpito alzò il braccio per proteggerlo dal colpo e ricevette il filo del falcinello sul braccio. Il primo, imbracciato il mitra che teneva addosso, sparò una raffica ed uccise all'istante l'assalitore. In casa Braccini, ai primi colpi, i mietitori fuggirono, anche perché i tedeschi spararono qualche altro colpo a scopo intimidatorio non sapendo bene se fuori l'uscio di casa ci fossero altri intenzionati ad attaccarli. La tavola restò imbandita. I militari retrocedettero subito verso Rubbiano, cioè sulla via che li avrebbe ricondotti al loro presidio di Pascolo. Il capopattuglia, con fare sospetto e con la pistola spianata, ad ogni cespuglio gridava: "Banditen banditen!". Il soldato ferito perdeva sangue. Giunti a casa Braccini Ubaldo apprese che quello che aveva sparato era proprio il tedesco che parlava italiano il quale ai presenti disse queste parole: "E' la prima volta che ho sparato ad un uomo". Sebastiano e Ubaldo aiutarono il tedesco che parlava italiano a fasciare il ferito e a fare una legatura che potesse contenere l'emorragia. Il padre di Ubaldo si offrì per accompagnare il ferito al confinante voc. Palazzo dove lui sapeva trovarsi, sfollato, il dottor Bartolomeo (Meo) Morelli, medico di Costacciaro. Sebastiano, per prudenza, ordinò alla propria famiglia di abbandonare tutto all'istante e di recarsi dai parenti a Campitello, frazione di Scheggia, distante circa 7 chilometri. Questo atteggiamento era anche conseguenza di quanto era accaduto a Gubbio il 20-22 giugno precedenti, quando 40 cittadini erano stati fucilati per rappresaglia. Tale episodio aveva avuto una vasta eco nella zona e aveva contribuito a creare negli abitanti non pochi timori e paure.

Il soldato ferito, dopo le cure prestategli dal medico, fu trasportato in biroccio a Pascolo. Sebastiano tornò quindi da Palazzo a Rubbiano.

Nel frattempo, il gruppo costituito da Palmina e dai figli Ubaldo (16 anni), Mario (14), Maria Santa (13), Luciano (3 ½) si era incamminato verso Scheggia.

 Al voc. Belvedere si unirono al gruppetto diverse donne e bambini sfollati da Scheggia per allontanarsi da quel luogo diventato improvvisamente insicuro. Visto che oramai la comitiva aveva raggiunto un ragguardevole numero di persone, Palmina tornò indietro verso Rubbiano con l'intenzione di riprendere il cammino verso Campitello insieme al marito ma, riunitasi a Sebastiano, decisero di rimanere nella propria abitazione.

Il gruppo, nel frattempo, giunto alla località Prati, nella zona di Col di mezzo, aveva visto che la zona pianeggiante compresa tra La Serra e il cimitero di Scheggia, pullulava di tedeschi i quali avevano al loro seguito numeroso carriaggio. Due giovani che lì stavano mietendo per nulla intimoriti dalla presenza di tanta truppa, avvertiti di quanto era accaduto a Rancana, abbandonarono il falcinello per unirsi al gruppo e proseguire con esso verso Scheggia.

Ubaldo, presa in un certo senso la guida del gruppo, consigliò di attraversare i campi onde evitare il concentramento dei soldati. Fatti pochi passi si udirono colpi di pistola e fischiare le pallottole sopra le proprie teste. Tutti fermi!

Comparvero allora da un fossetto in mezzo ai campi tre soldati tedeschi che intimarono al gruppo di avvicinarsi. Nessuno però si mosse. Furono i soldati ad avvicinarsi a loro. Licenziate le donne e i bambini, i tedeschi trattennero Ubaldo, Mario e i due giovani mietitori: Sebastiano Parbuoni e un altro Braccini di Ponte Calcara (fraz. di Scheggia). Tutti e quattro furono condotti al voc. Ca’ Maggiore e lì messi al muro. I soldati, dopo aver parlato tra di loro, si rivolsero ai ragazzi dicendo: "Fatto kaput a nostro camerata!". Ubaldo, che indossava la talare[17], ma che nella tasca dell'abito, oltre al foglio in carta da bollo che serviva di riconoscimento[18], aveva pure 20-30 di quei volantini in tedesco lanciati dagli alleati la notte precedente, chiese ai soldati se qualcuno di loro parlava francese. Uno di loro rispose in questa lingua. Ubaldo, allora, incoraggiato e un po' sollevato dal fatto disse che lui conosceva quello che era accaduto al loro commilitone; non si trattava di kaput, ma solo di una ferita a un braccio fatta con il falcinello da un pazzo! Il ferito era stato soccorso da lui e da suo padre il quale, dopo avergli fasciato alla meglio il braccio per limitare l'emorragia, lo aveva anche accompagnato dal medico. L'interlocutore, avendo saputo che che l’episodio era avvenuto a circa 4 km di distanza, confabulò con i compagni mettendoli al corrente di quanto aveva appena appreso. A quel punto i quattro giovani che avevano corso un serio pericolo e preso un bello spavento, furono lasciati liberi con loro gran sollievo ma con il timore che, allontanandosi, potessero essere fatti segno di qualche colpo di fucile alle spalle. Invece nulla di tutto ciò accadde ed essi poterono raggiungere Scheggia senza fare altri spiacevoli incontri.

Da Scheggia Ubaldo e Mario si avviarono di corsa alla volta di Ponte Calcara e Campitello. Sulla strada raggiunsero Maria Santa e Luciano, rimasti soli e disperati, e insieme a loro proseguirono verso la casa dei parenti.

Anche a Campitello vi era un piccolo nucleo di tedeschi i quali avevano stabilito un buon rapporto con la popolazione locale. I quattro, naturalmente, non raccontarono a nessuno, tranne che agli stretti familiari, quanto era loro appena successo.

La sera i pastori che scesero dai prati di Monte Motette, sopra Campitello, raccontarono che a Rancana c'era un incendio e si domandarono chissà cosa fosse colà successo[19].

Ubaldo seppe poi dal padre che, appunto, la sera dell'8 luglio, erano passati per Rubbiano una ventina di soldati tedeschi guidati da quello che parlava italiano. Il padre di Ubaldo si trovava nel campo vicino casa dove al mattino si era mietuto. Rivolgendosi al tedesco che oramai conosceva, gli chiese se avesse bisogno di qualcosa. Al che il soldato gli rispose che continuasse pure a lavorare tranquillamente.

 

Saliti verso il voc. Rancana, incendiarono la casa di Antonio Lupini assieme ad un'altra adiacente. Sebastiano, prefigurando qualcosa, salì dal campo alla sua abitazione per poter assistere alla scena.                                                                                                                                                                                                        
                                        

 I tedeschi avevano anche ucciso alcuni capi di bestiame. Il dottor Morelli, che da Palazzo aveva raggiunto Rubbiano, dopo l'allontanamento dei militari andò con Sebastiano sul luogo dell'incendio per vedere se fosse possibile recuperare qualcosa. provarono a scannare qualche capo di bestiame ucciso a colpi di mitra, ma si avvidero che non potevano ricavarne molto e  decisero pertanto di lasciare tutto com'era.

 

 

9 luglio 1944

 

A Campitello si trovava anche Antonio Fanucci, cugino di Ubaldo, seminarista del Pontificio Seminario Lateranense. Il futuro sacerdote aveva fatto conoscenza con un giovane soldato germanico di Colonia e con lui cercava di imparare il tedesco, lingua che aveva conosciuto già durante i suoi studi in Roma.

I Braccini erano senza notizie dei genitori e stavano in pensiero anche perché messi in agitazione dall'incendio visto dai pastori. Lo stesso facevano i genitori che nulla sapevano dei figli. La giornata trascorse così, tra poco piacevoli  pensieri.

 

 

10 luglio 1944

 

 Giunse a Campitello Sebastiano. Dette notizia sugli ultimi avvenimenti e poté quindi tranquillizzare i suoi ragazzi e i parenti. Con i figli riprese la strada di casa.

Arrivati a Belvedere incontrarono di nuovo il tedesco che parlava italiano che anche in questa occasione era in perlustrazione assieme ad alcuni suoi camerati in cerca di viveri. La popolazione del luogo, ben disposta, offriva ai soldati quello che poteva. Sebastiano spiegò al militare che era andato a recuperare i figli scappati dopo quanto era accaduto al mattino. Il soldato rispose che non c'era nulla da temere.

Il gruppo proseguì verso Palazzo Lupini. Lì giunto, mentre erano in conversazione, si udì un grido dalla vicina collina. I soldati inserirono il colpo in canna, e in posizione da combattimento si infilarono in uno stradello in direzione della casa incendiata intimando ai Braccini di non muoversi. Seguirono momenti di preoccupazione perché in quella direzione era la loro casa. Tornata la calma, i Braccini ripresero il cammino verso Rubbiano. A casa appresero che i soldati di prima erano stati richiamati per ritornare al loro comando.

Il tedesco che parlava italiano, passando per Rubbiano, avevano avvisato Palmina che suo marito con i figli stava per arrivare e salutò con cortesia.

 

 

11 luglio 1944

 

La giornata trascorse calma, senza alcun fatto di rilievo. La notte sul 12, l'abbaiare dei cani segnalò il passaggio del nucleo tedesco che da Pascolo si stava ritirando verso Scheggia, evitando naturalmente di passare per la Flaminia.

Gli Alleati avevano nel frattempo raggiunto la zona di Fossato di Vico.

 

 

16 luglio 1944

 

Nel pomeriggio, mentre Mario pascolava le vacche, Ubaldo stava lasciando le pecore per portarle sui prati e la famiglia del defunto Antonio Lupini stava falciando il fieno in un campo confinante con Rubbiano, arrivò da quelle parti una salva di artiglieria. Ubaldo, rimesse le pecore, si rifugia con gli altri nella cantina di casa. La sera l'intera famiglia Braccini parte da casa abbandonando tutto: si portarono al voc. Chiascio Grande, presso la famiglia Mugnini (detto il Marchigiano), che era stata a contadino a Palazzo. Si sistemarono alla meglio per passare la notte. Gli uomini nella stalla, le donne e i bambini in casa, alla meglio.

 

 

17 luglio 1944

 

I Braccini tornarono alla propria casa anche perché le perché le cannonate non si erano ripetute e quindi ritennero il pericolo passato.

Intanto, da alcuni giorni, si vedevano quotidianamente autoblindo alleate che risalivano la Flaminia. Passata però Villa Col de’ Canali, giunte alla curva dei Colli dopo il Km 209 e ai vocaboli Lanciafame e Ferba, venivano fatte segno di colpi di cannone e costrette a ritirarsi.

Tutta la scena era ben visibile da Rubbiano per la sua posizione elevata e dominante.

In quei giorni giunsero a casa Braccini due soldati alleati che si sedettero nell'aia sotto un pero per allestire un punto di osservazione dotato di postazione radio. Comunicarono la situazione al loro reparto.

I ragazzi si accostarono loro con una certa curiosità. I soldati, con un italiano alla buona, chiesero loro notizie sulla presenza di tedeschi nella zona. Domandarono in particolare se nella località Calvario di Scheggia ci fossero dei monaci. Gli venne risposto negativamente.

Se non che Adamo Fanucci, sfollato da Scheggia con la sua famiglia, fece presente ai militari alleati che la casa annessa alla chiesa del Calvario era piena di sfollati!

Renzo Nardi, detto "Carrettino", disse ai due militari che postazioni tedesche si trovavano nella vigna di don Lorenzo[20]. I soldati chiesero allora di indicare sulla carta topografica la postazione tedesca, cosa che fece Ubaldo[21]. Chiamato il comando con la radio, la postazione di artiglieria alleata subito indirizzò una salva verso il punto segnalato che fu colpito con molta precisione. Qualcuno vide i tedeschi fuggire dalla vigna e rifugiarsi nella sottostante casa colonica voc. San Paterniano: la postazione di vedetta fu smobilitata e le autoblindo alleate ebbero finalmente via libera.

 

Qualche giorno dopo, 28 luglio 1944, partite le ultime retroguardie tedeschi, gli alleati poterono entrare in Scheggia.                                                                                                              

 

 


APPENDICE A

 

 

DOCUMENTI E TESTI RIPRESI IN PARTE DA TESTI EDITI.

 

 

1944, febbraio 3 [22]

Monsignor Ubaldi al rettore del Seminario Regionale di Assisi.

Reverendo Monsignore

Da parecchi giorni i genitori dei nostri alunni del Regionale sono in grande preoccupazione pei loro figli, in dipendenza degli eventi bellici che si fanno sempre più gravi e più vicini.

Il fatto poi di aver visto passare per Umbertide gli alunni regionalisti di Città di Castello, di ritorno alla loro Diocesi ha cresciuto il nervosismo al punto che io non son più in grado di calmarlo.

Invio pertanto il mio Vice Rettore Don Carlo Pierini per sentire come stanno le cose. Certo non vorrei che i miei alunni rimanessero bloccati costì! Sarebbe una responsabilità che non mi sento di prendere di fronte alle loro famiglie.

Quindi se è vero che Città di Castello ha ritirato i suoi alunni, sarei venuto nella determinazione di ritirare anche i miei. A Gubbio è minore il pericolo e i giovani sarebbero, comunque, più vicini alle loro case che potrebbero raggiungere anche a piedi.

Naturalmente io provvederò qui a organizzare nel miglior modo possibile la scuola, sia pei teologi, che per i Liceisti, in modo che non abbiano da perdere l’anno. Le sono grato se vorrà sottoporre questa mia lettera a Sua Eccellenza Monsignor Nicolini[23] chiedendogli di voler approvare la mia decisione

(...)

 

1944, febbraio 10[24]

Monsignor Ubaldi a Monsignor Nicolini, vescovo di Assisi.

Eccellenza Reverendissima

Come ebbi a significarLe per mezzo della lettera scritta il 3 corrente al Reverendissimo Rettore del Regionale, sono venuto nella determinazione di ritirare in Diocesi i miei alunni per le seguenti ragioni:

a) non mi sento più di prendere la responsabilità di fronte ai genitori dei giovani, il cui nervosismo, specialmente dopo la partenza degli alunni di Città di Castello, sta crescendo in modo impressionante;

b) noi ci troviamo in una posizione diversa da quella di Perugia, Foligno, Spoleto, Nocera ecc. Mentre queste città sono più esposte di Assisi e hanno perciò maggiore convenienza a lasciare in Assisi i loro alunni, perché più sicuri; Gubbio invece è meno esposta della stessa Assisi, sia perché fuori delle grandi vie di comunicazione, sia perché mancante assolutamente di obiettivi militari.

Data poi la maggiore distanza da Assisi a Gubbio, in caso che fossero tagliate del tutto le comunicazioni con la distruzione dei ponti ecc. gli alunni di Gubbio potrebbero venire a trovarsi nella impossibilità di raggiungere le proprie famiglie: cosa che potrebbero fare invece anche a piedi, partendo da Gubbio per le loro case.

c) io ho la possibilità di ritenere i liceisti e i teologi nel Seminario Diocesano e di far continuar loro l’anno scolastico regolarmente; e spero che non avendo qui i continui bombardamenti aerei che hanno luogo nelle immediate vicinanze di Assisi, i ragazzi studieranno con maggiore tranquillità e avranno agio di trarre dallo studio il maggior profitto;

d) i ragazzi che torneranno da Assisi saranno tutti obbligati a stare nel Seminario Diocesano; frequenteranno i corsi liceale e teologico già predisposti, e dovranno dare regolarmente gli esami, i liceisti presso questo Liceo classico “Armanni” che è parificato e diretto dalle Missionarie della Scuola, e i teologi presso una commissione di professori sotto la mia presidenza e responsabilità.

Prego Vostra Eccellenza Reverendissima di voler approvare questa mia decisione determinata dalla necessità, alla quale sono arrivato dopo di averci molto pensato e aver chiesto lume al Signore, e non senza il parere delle due Deputazioni del Seminario che mi son fatto un dovere di convocare e consultare.

Se Vostra Eccellenza avesse da fare qualche osservazione in proposito e volesse darmi qualche consiglio, Le sarò molto grato.

(...)

 

1944, febbraio 10[25]

Don Domenico Raimondi, rettore del seminario regionale “Pio XI” di Assisi a monsignor Ubaldi.

Eccellenza Reverendissima,

in seguito alla telefonata di lunedì 7 corrente mese i suoi seminaristi hanno preparato la loro roba e hanno ricevuto il certificato per la carta annonaria. Non essendo venuti ieri il Camion li ho fatti attendere fino ad oggi. Quest’oggi poi, dato che hanno imballato materassi ecc. e che l’Ufficio annonario di Assisi li ha scalati dal numero dei componenti la comunità, ho dato loro licenza di partire per Gubbio sotto la sorveglianza del prefetto Lucarini[26]. Rimangono qui Braccini Ubaldo, perché ha un pochettino di febbre (37,9) e Pastorelli Orfeo, il quale attenderà che la lavanderia riconsegni la biancheria inviata l’ultima volta a lavare[27].

(...)

 

1944, marzo 27

Pro-memoria per il capo della provincia di Perugia.

pro-memoria per il capo della provincia

27 marzo 1944 - Grande azione di rastrellamento ad est di Gubbio ed altre singole azioni a sud di Umbertide, effettuate dal reparto corazzato da ricognizione 103.

 

R i s u l t a t o :

-         57 persone fucilate sul posto;

-         64 persone arrestate perché sospette di far parte delle bande di ribelli;

-         3 case fatte saltare;

-         gran numero di nascondigli distrutti;

-         notevole quantità di fucili, pistole, munizione ed esplosivi catturati;

-         delle 64 persone arrestate, 7 disertori italiani sono stati fucilati sul posto, 17 persone sono state trasferite alla Polizia Italiana, le altre rilasciate;

-         dalle indagini esperite risulta che tra le 57 persone fucilate sul posto si trovava un certo numero di abitanti di quella zona. Secondo le informazioni avute dal Comando di Perugia del Comandante delle Polizia di Sicurezza e del Servizio di Sicurezza in Italia, nonché da quelle avute dalle stesse FF.AA. Germaniche, la fucilazione è dovuta al fatto che all'arrivo delle FF.AA. Germaniche quelle persone si sono date alla fuga e non si sono fermate, allorché i militari germanici hanno intimato l'alto là.

(Nardelli 1997)

 

1944, marzo 27 e marzo 29

Dalle memorie di guerra di mons. Beniamino Ubaldi, vescovo di Gubbio[28].

Il 27 marzo 1944 fu la prima giornata di lacrime e di sangue per la Diocesi di Gubbio.

All'improvviso si videro arrivare dalla strada di Perugia parecchie decine di carri armati tedeschi che si diressero specialmente verso Padule, Torre de' Calzolari, Branca, girando all'altezza dell'Osteria del Gatto verso Sigillo, Costacciaro, Scheggia. Qui, quello che si seppe poi essere un rastrellamento di "ribelli" fece maggiore strage, uccidendo quattro persone in una sola famiglia colonica, altre due (padre e figlia) nella parrocchia di Samt'Angelo dopo Serra.

La sera di questa brutta giornata la colonna ripartì in direzione di Perugia, lasciando oltre venti morti fra Torre de' Calzolari, Sigillo, Costacciaro, Scheggia; tutta povera gente che non aveva nulla a che fare coi "ribelli".

 

Due giorno dopo mi si presentarono un uomo e una donna, padre e madre di due giovani ebrei, tali Alberto e Pierluigi Guetta di Firenze, sfollati a Rancana in comune di Costacciaro. Quei loro due figli e una altro giovane ebreo - Piero Viterbo - erano stati fucilati in quel di Villamagna e i cadaveri giacevano insepolti in aperta campagna. Col le lacrime agli occhi mi chiedevano di far dar loro sepoltura, provvedendo le casse ecc. Ma come far ciò senza svelare i loro nomi allo Stato civile del comune? Ne sarebbero seguite inchieste e fastidi ai genitori e alle famiglie che li avevano ospitati. Mandai il mio cancelliere canonico don Carlo Braccini al Comando dei Carabinieri. Lì fu compilato un verbale di morte di tre sconosciuti e se ne ottenne dal Comune il permesso di inumazione nel cimitero di Villamagna (La Cima).

 

1944, marzo 27

Serie di annotazioni di mons. Carlo Braccini poste sotto questa data in un quadernetto titolato "Memoranda".

 

12. 27.3.44, Fatti di Rancana[29]                               in attivo            £ 2.200

                                                                              in passivo         £ 1.785

                                                                              residuano        £    415

       Armando                                 £  1.000

       Filippetti                                  £     625

       Ramacci custode                     £       50

       carrettiere                                £     110

                                                      £  1.785[30]

 

a)      Pacchetto maggiore importanza: cassaforte[31];

idem materiale Federico

b)      Medicinali: in fondo credenza dispense matrimoniali;

c)      Calzature: credenza N. 3;

d)      Vesti e biancheria: (2 pacchi) credenza vicario;

e)      Pelliccia: credenza camera da letto;

f)        Ombrello.

 

1944, marzo 30

Don Lorenzo Biagiotti da Scheggia a monsignor Ubaldi.[32]

Eccellenza Reverendissima

Eccomi a comunicarle un tristissimo avvenimento. Lunedì mattina 27 marzo a Scheggia fu proprio il lunedì di passione. I soldati tedeschi in un'azione di rastrellamento a poco più di un chilometro da Scheggia uccidevano sette persone: due giovani della parrocchia di Costacciaro non soggetti al richiamo alle armi, uno perché non si fermò al comando di fermarsi che non capiva, l'altro perché si allontanava da casa del cognato sentendo la sparatoria. Gli altri cinque: Rossi Enrico di anni 42 padre di sette bambini veniva ucciso mentre usciva di casa per mettersi più al sicuro; Fiorucci Romano con i suoi due figli Ubaldo di anni 17 e Ugo di anni 15 e il fratello Giulio di anni 38 venivano condotti poco distante dalle loro case per essere uccisi perché fu trovata in casa un po' di polvere pirica con miccia che i Fiorucci adoperavano per spaccare la legna.

Io ho benedetto le salme sul posto e con discreto concorso di popolo le ho accompagnate al cimitero dove ho celebrato  rituali esequie.

Questo fatto ha lasciato in tutti una profonda tristezza anche perché i poveri uccisi erano dei buoni e bravi agricoltori estranei a tutto.

Confido che il sangue di questi innocenti scenda in benedizione sulle loro famiglie e sulla parrocchia di Scheggia affinché sia preservata da ulteriori vittime.

Prostrato al bacio del Santo Anello mi professo dell'Eccellenza Vostra Reverendissima

devotissimo servo

Don Lorenzo Biagiotti

 

1944, marzo 31

Ricevuta per lo scavo di tre fosse nel cimitero di Villamagna.

Io sottoscritto Piccotti Adamo, custode di codesto cimitero di Villamagna, sono stati eseguite le fosse dei tre defunti[33] sconosciuti alla presenza del parroco.

Importo scavatura fosse £ 90.

F.to Piccotti Adama

 

nota allegata

Descrizione delle tre salme.

1.

Il più giovane dall'apparente età di 18-20 anni; con baffi e barbino biondi; statura di circa m. 1,65; giacca grigio-scura, calzoni grigi a scacchi rattoppati, scarponi e berretto di pelo nero. 2-10

2.

Altro di colore bruno, dell'apparente età di anni 20-22, con pizzo nero appena pronunziato; giacca grigia senza collo, calzoni bleu rattoppati, scarpe estive, berretto di pelo nero, statura di circa m. 1,65. N. 3-30

3.

Un terzo biondo dell'apparente età di anni 25, senza baffi né barba, giacca chiara, sciarpone di lana a quadri, scarponi da montagna, cappello di feltro verde, statura di circa m. 1,75, di corporatura robusta. Cassa N. 1-8.

(AVG, 3/26)

 

1944, marzo 31

Nota degli oggetti consegnati da Dante Guetta a mons. Braccini.

Sigr Dante Guetta consegna al Can. Braccini:

1.      2 matite stilografiche;

2.      1 orologio a doppia cassa;

3.      4 braccialetti;

4.      5 catene con 4 (quatro) medagliette e 2 cornetti;

5.      3 madagliette unite di spillo di metallo comune;

6.      3 anelli, uno dei quali con brillantino;

7.      anello con brillante grande;

8.      piastra grande con ciondolino;

9.      1 penna stilografica;

10.  Libr. M. Paschi Firenze, 40843, nominativo, 10.418,75[34];

11.  Banca Toscana, 728, nominativo, 500,00;

12.  M. Paschi Firenze, 8958, nominativo, 10.266,65;

13.  Cassa Risparmio Firenze, serie II 8, nominativo, 10.000,00;

14.  assegno M. Paschi Roma, c/c 939, per £ 65.300,00.

(AVG, 3/26)

 

1944, aprile 7

Circolare della questura di Perugia.

polizia repubblicana

questura di perugia

Prot. N. 10.2030 Gab. -

Ai Commissari del Capo della Provincia di Perugia

Uffici di P.S. - assisi - foligno - spoleto

Comando Compagnia Carabinieri Interna-Esterna perugia - spoleto

Comando Tenenza Carabinieri - citta' di castello - foligno - gubbio - perugia

Comando Sezione Carabinieri ­norcia - todi

N. 2354 Gab. Provvedete immediata affissione manifesto seguente tenore:

 

1)      Tutti i detentori a qualsiasi titolo di prodotti esplosivi (dinamite o altro) qualunque sia lo scopo dell'impiego (agricolo, industriale ecc.) devono consegnare immediatamente o comunque non oltre il 31 corrente mese i quantitativi di cui sono in possesso al più vicino presidio della Guardia Nazionale Repubblicana o Comando dei Carabinieri, che provvederanno a richiesta scritta e motivata degli interessati a restituire di volta in volta i quantitativi occorrenti per gli usi consentiti dalla legge;

2)      Alla scadenza di detto termine chiunque verrà trovato in possesso di esplosivi sarà considerato detentore abusivo di armi e come tale, in base alla ordinanza del Feld Maresciallo Kesselring del 23 settembre 1943 è pasibile della pena di morte;

3)      Ad evitare inoltre inutile spargimento di sangue durante lo svolgersi di azioni di rastrellamento ciascuno deve rimanere ove si trova perché nulla e da temere ma senza nascondersi o tanto meno fuggire per non destare l'impressione di sottrarsi alle ricerche ed esporsi di conseguenza al fuoco dei reparti operanti.

 

Provvedete massima diffusione manifesto anche nelle frazioni et nei villaggi et curate d'intesa locale Autorità ecclesiastica massima propaganda capillare ricorrendo anche banditori et richiamando con tutti i mezzi attenzione popolazione soprattutto su scadenza termine fissato per consegna esplosivi.

Si gradirà urgente assicurazione.

il questore

(Scaminaci) 

(ACG, Cart, b. 1944/8/4, fasc. Consegna esplosivi e munizioni. Varie)

 

1944, aprile 20

Cartolina. Ugo Piccardi[35] da Firenze a Fanucci Federico[36] in Gubbio.

Gent.mo Sig. Federico

Perdoni se non abbiamo scritto prima, ma l'abbiamo sempre ricordata unitamente ai suoi cari e ringraziamo infinitamente per tutto e per tutte le premure usateci e mai potremo dimenticare quello che avete fatto per noi. Ci siamo per il momento sistemati e in seguito vedremo.

Tanti pensieri affettuosi da tutti, un bacio alla sua cara mamma, sorella e nipotino con tanti cari saluti anche per suo fratello. Ossequi. Ugo.

(AVG, 3/26)

 

1944, luglio 25

Dante Guetta[37] da Siena a mons. Carlo Braccini in Gubbio.

Egregio Don Carlo

Mi auguro che la presente trovi lei e tutti i suoi famigliari in perfetta salute, come è di noi. Al latore del presente, pregola consegnare tutti i libretti di banca che lei sa e per il resto, mi auguro al più presto venire di persona.

La informo, che a Roma, ho fatto già le prime pratiche per quanto riguarda l'accaduto e la definitiva sepoltura delle salme dei miei adorati figli e del loro amico.

Spero che nel frattempo, la Dusolina, come d'accordo, abbia recapitato presso di lei, la maggior parte dei nostri indumenti, perché fino ad oggi abbiamo vissuto con la sola roba che avevamo quando siamo partiti di lì. Anzi mi farà un gran favore di far avvertito il babbo della Dusolina, che conto al più presto andare a ritirare tutto quanto abbiamo lasciato.

Non può immaginare come il ricordo suo e dei suoi cari ci sia stato presente tutto questo tempo, per tutto il bene ricevuto. Data l'attuale situazione, ritengo inutile far scrivere dal Sig. Ugo Piccardi e la prego indirizzarmi presso il Rag. Piancini - Monte dei Paschi - Siena. Saluti da Filiberto e tante cose affettuose da tutti i miei e da me per lei e i suoi, dev. Dante Guetta

(AVG, 3/26)

 

s.d. (1945?)

“Costacciaro. Relazione sui fatti di guerra” del parroco Angelo Gubbiotti. [38]

Anche questa parrocchia ha sentito il passaggio della guerra.

Il 18/3/1944 l’assalto alla caserma del piccolo presidio repubblicano da parte di Patrioti procurò la morte a due militi e fu una della cause del rastrellamento da parte dei tedeschi.

Il 27 dello stesso mese all’alba numerosi soldati tedeschi con autoblinde e camionette erano schierati per la via Flaminia, nel paese e nelle frazioni, avanzandosi a pattuglie verso la campagna. Mettendo panico e terrore dovunque; asportando animali, grassi e salumerie da quasi tutte le case. In questo rastrellamento la nostra parrocchia ha a lamentare tre morti: due giovani sui 18 anni e un padre di famiglia sui 40.

Dalla data precedente fino alla metà di luglio abbiamo avuto sempre tedeschi in paese, limitandosi a fare piccole razzie, asportando bestiame, fieni, radio e vino.

Nel giugno è stato ucciso un uomo sui 57 anni e gli fu incendiata la casa col cadavere sul proprio letto, avendo egli tentato con un falcinello di uccidere un soldato tedesco, che con altri due da vari giorni frequentava quella casa, mangiando e bevendo.

Verso la metà di luglio sono partiti i tedeschi e per 15 notti continue abbiamo avuto da parte loro le cannonate che hanno rovinato una diecina di case e procurato la morte a tre persone, costringendo così la popolazione a dormire nei rifugi (sotterranei) e in gran parte sul monte Cucco.

Siano rese grazie a Dio e al Beato Tommaso che non è andata peggio.

Il parroco.

 

s.d. (1945?)

"La guerra a Scheggia" del parroco don Lorenzo Biagiotti.[39]

Il 27 marzo, lunedì di Pasqua, molte truppe tedesche motorizzate di buon mattino iniziano un rastrellamento di partigiani, che a Scheggia non ci sono, o seppure ci sono di passaggio.

Poco distante dalla località Serra uccidono un giovane di Costacciaro, scarto di leva. Nel vocabolo Coggio Mulino uccidono Rossi Enrico di anni 40, padre di sette figli, e Lupini Nazzareno sulla ventina, perché uscivano da casa per mettersi più al sicuro. Nel vocabolo Bellavista, messi in libertà gli uomini che avevano preso alla Serra, poco distante dalla loro casa uccidono Fiorucci Giulio di anni 38, suo fratello Romano di anni 42 con i suoi due figli Ubaldo di anni 17 e  Ugo di anni 15 col pretesto che in casa loro è stata trovata due o tre tubetti di gelatina che i Fiorucci, contadini e boscaioli, adoperano per spaccare la legna. Più avanti ancora uccidono un uomo con la figlia della parrocchia di Sant'Angelo dopo Serra mentre si recavano con una somara, anche questa uccisa, a vagliare il seme da erba. Nella frazione di Ranchena vengono uccisi due sfollati ebrei dopo avere tolto ad essi denaro e oggetti di pregio.

Tutto questo è opinione comune che sia stato causato da false informazioni che descrivono alle autorità superiori Scheggia covo di partigiani.

Dopo questi rastrellamenti Scheggia è presidiata da tedeschi e da repubblicani i quali arrestano e costringono con gravi minacce i giovani ad arruolarsi. I giovani di Scheggia quasi tutti si arruolano e qualcuno anche della campagna.

Il 23 giugno una bomba di due quintali e mezzo viene sganciata dagli Alleati. Produce lo sconquassamento della casa del signor Domenico Bartolini e ferisce una donna all'addome. L'intervento chirurgico a Gubbio la salva. Si pensa che altre bombe sganceranno su Scheggia a causa dei suoi tre ponti. Perciò la popolazione comincia a sfollare.

Il 16 giugno festa del Sacro Cuore il parroco, non avendo più fedeli in chiesa, trasporta la parrocchia alla chiesina del Ponte Calcara e tutte le settimane va [a] celebrare per i suoi parrocchiani al campo alla Pezza, a Ranchena e a Campitello. Queste funzioni riescono bene per il concorso di fedeli (anche uomini) e per la devozione.

Intanto le truppe affluiscono sempre più a Scheggia con le tristi conseguenze di asportazione di bestiame, cibarie, foraggi e manestio delle case, molte delle quali nel modo più spregevole sono ridotte latrine.

A qualche civile perquisito viene tolto denaro, orologio, penna stilografica. 

Ai primi di luglio i ponti vengono minati, compresi i belli ed artistici del Corno e Pontabotte. Quando il cannone degli alleati fa bersaglio a Scheggia i ponti sono distrutti; quindici persone tra le quali due donne e tre vecchi, oltre la sessantina, vengono presi in ostaggio per 15 giorni.

Alcune persone e famiglie per mettersi più al sicuro attraverso i monti si recano a Sigillo, Costacciaro, Villa col di Canali, già occupate dagli alleati.

Il 28 luglio, di buon mattino, alcune camionette inglesi sono a Scheggia accolte festosamente dalla popolazione, la quale si adopera per fare proseguire l’occupazione improvvisando strade nei campi e attraverso i fossi.

Alcuni soldati tedeschi sono fatti prigionieri senza alcun maltrattamento da parte dei soldati inglesi, solo qualche invettiva, giusta, da qualche civile.

Il 30 luglio, domenica, il parroco, coadiuvato da più persone, riordina un po’ la chiesa parrocchiale, più volte frequentata, forzando le porte, e vi celebra la Santa Messa.

Il paese è irriconoscibile per la sporcizia, per l’ingombro delle macerie causate dall’esplosione delle mine ai ponti, per l’assenza della popolazione.

Gli sfollati che ritornano fanno le loro meraviglie, si raccontano le loro tristi vicende, i pericoli corsi, ma tutti sono sorridenti perché nessun lutto ha colpito la popolazione di Scheggia.

Il 2 agosto nella chiesa del Calvario parecchi fedeli si sono radunati per lucrare la indulgenza del Perdono di Assisi. Proprio nel momento che si sono sospese le visite per ascoltare la Santa Messa, arrivano cannonate.

Il parroco fa raccogliere i fedeli nella parte più sicura della chiesa, esorta la calma e la fiducia nel Signore, seguita a celebrare e dopo la messa il cannone ha […] a quattro cannonate hanno esploso a pochi metri di distanza dalla chiesa. Anche questa volta, bontà del Signore, rende incolume la sua casa e i suoi fedeli.

 

1947

"Ultimi bagliori di fiamme" [40]

Dietro la pressione delle colonne alleate che avanzavano nelle direttrici di Fossato di Vico - Scheggia, le retroguardie tedesche che si trovavano nel triangolo Gubbio - Scheggia - Cantiano, dovettero abbandonare le posizioni per non rimanere accerchiate.

Nella notte tre il 24-25 luglio i tedeschi lasciarono anche Scheggia.

Questo paese, importante per il suo Passo che immette dall'Umbria alle Marche, in seguito a un bombardamento della aviazione alleata avvenuto il 29 giugno e che cagionò danni e feriti, era rimasto quasi deserto. La popolazione era sfollata nelle frazioni di Ponte Elena[41], Campo[42], Rancana e Campitello.

Quando i tedeschi, durante la ritirata, si fermarono a Scheggia nei mesi di giugno e luglio, si abbandonarono alle solite rapine di bestiame e di oggetti, occuparono le abitazioni vuote e compirono atti di vero e proprio vandalismo.

Negli ultimi giorni dell'occupazione tedesca a Ràncana - vicino Scheggia - avvenne un terribile fatto di sangue.

I soldati tedeschi si recavano quasi ogni giorno preso i contadini per le solite rapine.

Un colono dal quale andavano con maggiore frequenza, ora per prendere lardo, ora prosciutto ed altri generi alimentari, stanco di queste continue vessazioni, un giorno reagì: prese una falce e gridando "Savoia" si scagliò contro un soldato tedesco recidendogli un braccio. Gli altri militari ciò vedendo lo freddarono all'istante con un colpo d'arma da fuoco. Quindi, dopo aver perquisito la casa, dopo aver legato il cadavere sul letto e cosparsa la salma e la casa di benzina, incendiarono tutto!

All'avvicinarsi delle truppe Alleate, le retroguardie tedesche fecero saltare il ponte del Corno e il celebre Ponte a Botte e, al solito, presero anche ostaggi, tra cui due donne e tre vecchi.

Varie famiglie, vedendo ciò, cercarono di mettersi in salvo raggiungendo Sigillo, Costacciaro e Villa Col de' Canali, già occupati dagli Anglo-americani.

Il Parroco di Scheggia, don Lorenzo Biagiotti, rimase al suo posto prodigandosi con appassionato zelo a rianimare il popolo, incitandolo a sperare con pazienza e serenità.

Nonostante i rischi e i pericoli, egli non mancò di visitare più volte la popolazione sfollata nelle varie frazioni vicine per svolgervi il suo ministero e la sua assistenza spirituale.

Ritiratisi i tedeschi da Scheggia sopraggiunsero, la mattina del 28 luglio, le prime camionette inglesi.

Prima di entrare nel paese, i militari alleati videro in un prato, a fianco della strada, del fumo e alcuni uomini nascondersi.

Erano cinque soldati tedeschi che stavano fumando beatamente. Sorpresi dal sopraggiungere delle macchine cercarono di occultarsi tra l'erba, ma furono scoperti e fatti prigionieri.

Quando gli inglesi entrarono a Scheggia il popolo, che aveva subìto tante angherie, accolse i prigionieri con grida ostili, tanto che i soldati inglesi dovettero difendersi per evitare il peggio.

Le ultime granate tedesche a Scheggia caddero il 2 agosto proprio vicino alla Chiesa del Calvario, mentre vi si svolgeva una solenne funzione nella ricorrenza del Perdono di Assisi.

Durante il periodo del passaggio del fronte, un'altra opera di bene svolsero le Suore di Scheggia, le Piccole Ancelle del Sacro Cuore, le quali, oltre che prodigarsi nell'assistenza ai bambini[43] fecero anche da infermiere, curando malati civili e militari con esemplare spirito di dedizione.

 

1953, febbraio 18

Irma Guetta[44] da Firenze a mons. Carlo Braccini.

Espresso.

Caro ed Egregio Don Calo

Mi perdoni se vengo con questa mia a chiederle un grande favore. Dato che Sergio deve presentarsi alla visita militare entro questo mese, mi si richiede dall'ufficio leva, i documenti riguardanti la morte dei fratelli.

Ho presentato l'atto notorio che avevo, ma mi dicono che occorre un:

Certificato del Comune di Gubbio attestante la morte dei miei figli, ad opera di soldati tedeschi e fascisti e come sono stati uccisi, (cioè a colpi di mitra) con la firma del Sindaco.

Le sarà molto grata se potrà mandarmelo con tutta sollecitudine, dato che devo presentarlo entro lunedì 23 corr. ed a tal uopo, le unisco L. 1.000 per le spese. L'avanzo, lo darà ai suoi poverelli.

La spero bene, malgrado quest'inverno tremendo pieno di disastri e dolori.

Io ho avuto tutti i ragazzi a letto con l'influenza ed io ho il fegato che dà parecchie noie e probabilmente dovrò operarmi, ma per ora cerco di tirare avanti con le cure.

In attesa di leggerla con buone nuove, ringrazio molto per tutto e la saluto caramente anche a nome dei miei figli, aff.ma.

F.to Irma Guetta

(AVG, 3(26)

 

1953, febbraio 20

Certificato del cancelliere vescovile di Gubbio.

curia vescovile di gubbio

Il sottoscritto Cancelliere Vescovile

c e r t i f i c a

che da sua scienza diretta gli consta quanto appresso:

alberto guetta e pier luigi guetta, di Dante e di Irma Varios, furono uccisi a colpi di mitra nel rastrellamento effettuato dai tedeschi e fascisti, nel territorio di Gubbio, Scheggia e Costacciaro, il giorno 27 Marzo 1944.

Le loro salme rimasero incustodite sul luogo della uccisione, in territorio della parrocchia di Villamagna, Comune di Gubbio.

Dal sottoscritto fu interessata la Tenenza dei Carabinieri di Gubbio; in Comune furono redatti i relativi atti di morte, come di persone sconosciute; i cadaveri furono sepolti nel cimitero di Villamagna, sempre come sconosciuti.

Il sottoscritto sapeva però benissimo che si trattava dei cadaveri dei fratelli Alberto e Pier Luigi Guetta. Non rivelò i loro nomi per non esporre al pericolo di morte o per lo meno di rappresaglia i loro genitori, due altri loro fratelli più piccoli e una loro sorella, tutti sfollati a Rancana, in Comune di Scheggia e Pascelupo, perché  e b r e i.

Al termine della guerra, a cura dei genitori, le salme di Alberto e Pier Luigi Guetta furono esumate dal cimitero di Villamagna e trasportate a Firenze, previo un atto notorio redatto presso la Pretura di Gubbio.

Tanto in fede, per gli usi di legge.

Il Cancelliere Vescovile

(Mons. Carlo Braccini)

(AVG, 3/26)

 

1992

Dal libro di Ugo Jona "Le rappresaglie nazifasciste sulle popolazioni toscane. Diario di diciassette mesi di sofferenze e di eroismi".

Comune di scheggia (pg)

27  marzo [1944]

Tre giovani fiorentini di religione ebraica, dopo l'8 settembre 1943 per evitare la cattura e la deportazione, lasciano Firenze e si rifugiano a Rancana, Frazione del Comune di Scheggia. Un malvagio repubblichino, negli ultimi giorni del marzo 1944 li denuncia al comando delle ss naziste che provvede al loro rastrellamento. i tre sfotunati giovani, tradotti dai nazisti in località "villamagna di Gubbio" in data 27 marzo 1944, vengono fucilati ed abbandonati sul posto. Seppelliti da mani pietose nel Cimitero della "Madonna della Cima", dopo la liberazione, sono stati traslati nel Cimitero Ebraico di Firenze e seppelliti definitivamente in unico recinto, per fraterno accordo tra le due Famiglie: guetta e viterbo.

I nomi dei Martiri:

guetta alberto                     22 anni

guetta pier luigi                   19 anni

viterbo piero              22 anni

(http//www.eccidi1943-44.toscana.it/fset_index.htm)

 

1997, ottobre 22

Appunto di don Ubaldo Braccini ai documenti relativi al carteggio Guetta-Braccini.

N.B.

La famiglia di Dante Guetta di Firenze, israelita, si rifugiò nel 1943-44 a Rancana di Costacciaro per sfuggire alla persecuzioni razziale, in casa di Lupini Tommaso, padre di Dusolina, domestica della famiglia.

Nel rastrellamento del 27 marzo 1944 furono fucilati dai nazisti Alberto e Pierluigi Guetta e il loro amico Piero Viterbo.

I genitori dei due Guetta e i fratelli più piccoli furono accompagnati a Gubbio presso D. Carlo Braccini da suo fratello Sebastiano residente a Rancana e furono ospiti del sacerdote finché trovarono altra sistemazione. Rimasero in corrispondenza fino alla liberazione sotto lo pseudonimo di Piccardi.

Dopo la liberazione ripresero nella corrispondenza con il nome Guetta.

 Rimasero affezionatissimi a Don Carlo e famiglia.

Ricordo di aver ricevuto un loro dono per la mia Ia Messa e di aver riveduto la Signora Irma e i suoi figli il 22 giugno 1964 per il XX° anniversario dell'eccidio dei 40 martiri.

Gubbio, 22 - X- 1997

Don Ubaldo Braccini

(figlio di Sebastiano)

(AVG, 3/26)

 

2000. maggio-agosto

"Mai più!" [45]

Questo grido, risuonato forte e ripetutamente dalle labbra del Pontefice, ha richiamato alla mia mente un triste episodio degli ultimi mesi della occupazione nazista.

Il 27 marzo 1944 fu sottoposto a rastrellamento l'interno del triangolo delimitato dalle strade che congiungono Gubbio - Scheggia - Fossato - Gubbio. Tutte le case e la campagna del vasto territorio montano subirono perquisizioni e rapine da parte delle "S.S.", che in questi casi avevano carta bianca.

Numerose le persone passare per le armi in comune di Gubbio, di Scheggia, Costacciaro e Sigillo: in genere lavoratori dei campi spaventati dall'improvviso apparire delle pattuglie o giovani renitenti alla leva della Repubblichina fascista.

A Scheggia furono nove i morti: quattro della stessa famiglia Fiorucci (il Picchio) Romano e Giulio, fratelli sulla quarantina, Ubaldo e Ugo, di 16 e 14 anni, figli di Romano e miei compagni di scuola nella pluriclasse di Rancana. I tedeschi avevano trovato nella loro abitazione miccia e polvere nera per spaccare i "ciocchi". trovarono la morte quel giorno tre giovani ebrei sfollati a Rancana da Firenze, ospitati a Rancana con la loro famiglia dal padre della loro donna di servizio Lupini Dusolina, ancora vivente.

Li avevo conosciuti nel febbraio precedente, quando passai qualche giorno in famiglia di ritorno dal Seminario Regionale di Assisi divenuto pericoloso. C'era neve alta quei giorni e partecipai con loro e con i miei coetanei a battaglie con palle di neve e altri giochi. La loro famiglia era spesso nostra ospite e anch'io non ebbi difficoltà, nonostante o forse, proprio per l'educazione assorbita in Seminario, a stringere amicizia con loro.

Di quel triste giorno quei ragazzi non videro il tramonto. Si erano allontanati da casa appena avvertiti del pericolo e inoltrati nei boschi verso Villamagna.

Chi avrebbe potuto trovarli in quei luoghi senza strade e conosciuti solo dai contadini dei casolari sperduti? Una pattuglia di "SS" li trovò e li uccise.

La sera non rientrarono come gli altri giovani e la mamma Irma seppe di tre morti sconosciuti nella zona di Villamagna (in comune di Gubbio). Si rivolse a mio padre: "ci hanno scoperti! ci ammazzeranno tutti: i bambini più piccoli; la gente generosa che ci ha tenuti nascosti!" Fu così che il babbo li accompagnò dal fratello (Don Carlo Braccini, cancelliere vescovile) al Vescovato di Gubbio, dove ebbero ospitalità fin quasi alla liberazione e poterono familiarizzare col Vescovo Mons. Beniamino Ubaldi.

Lo zio Don Carlo si occupò della loro sepoltura al Cimitero della Cima (Villamagna). Furono sepolti come sconosciuti e solo dopo la liberazione, con Atto Notorio, rivelò i loro nomi.

Non so dove il Vescovo e Don Carlo trovarono per questa famiglia un rifugio più sicuro di Gubbio, ma ho trovato tra le carte di mio zio cartoline postali firmate da pseudonimi e solo dopo la liberazione da Dante o Irma Guetta; e in un quadernino titolato "memoranda" la collocazione, negli scaffali della Curia, dei pacchetti contenenti i loro gioielli.

Passata la tempesta le salme dei ragazzi furono esumate e trasportate nella tomba di famiglia, ma è rimasta nel Cimitero della Cima una lapide che li ricorda, molto più "cristiana" delle altre che nel dopoguerra furono poste a ricordo dei caduti di Gubbio.

"Mai più ricada sul mondo questa barbarie"

Quante riflessioni dopo la visita recente a quel Cimitero! Se il Vescovo, un prete hanno provveduto a sfamare quelle bocche in tempo di miseria e di tesseramento degli alimenti, non potevano non avere disposizioni dalla S. Sede, da quel Pio XII tanto discusso da certa storiografia.

E perché un seminarista sedicenne già vestito di tonaca non si faceva scrupolo di unirsi ai loro giochi? certo aveva avuto la fortuna di non abbeverarsi alla ideologia razzista del tempo, ma di carpire le parole dette sottovoce dai grandi preti educatori del Seminario: Don Checco Baleani, Don Origene Rogari (purgati e bastonati nel '21 e nel '24), Don Panichi e Don Rughi!

E perché, dopo cinquantasei anni dagli eccidi provocati dalla guerra - che rende homo homini lupus - non si cambiano le lapidi nei Cimiteri di Torre Calzolari e della Cima rigurgitanti di odio?

 

2001

"Ebrei rifugiati a Gubbio: il testimone" [46]

(...)

Il triste episodio raccontato da don Ubaldo [Braccini] è quello relativo all'uccisione di tre giovani ebrei avvenuta il 27 marzo 1944, quando venne sottoposta a rastrellamento la zona compresa tra Gubbio, Scheggia e Fossato. in quell'occasione, numerose furono le persone passate per le armi: in genere contadini della zona e giovani renitenti alla leva della Repubblica Sociale Italiana. Don Ubaldo ricorda che, solo a Scheggia, i morti furono nove. Tra questi, i tre giovani ebrei Alberto e Pierluigi Guetta, e un loro amico, Piero Viterbo.

Sfollata da Firenze, la famiglia Guetta si era rifugiata a Rancana, ospite del padre della loro domestica, Dusolina Lupini, sui cui ricordi, oltre che sull'articolo e le memorie di don Ubaldo e sulla menzione contenuta nel libro di don Spaziani[47], si basa la ricostruzione dell'episodio qui presentato. Ospitare, nascondere degli ebrei significava allora non solo privarsi del già scarso cibo della tessera annonaria per dividerlo con gli ospiti perseguitati, ma soprattutto rischiare in prima persona le rappresaglie nazi-fasciste.

Dusolina lo ricorda ancora oggi molto vivamente e con dovizia di particolari. Ricorda, ad esempio, che i vicini sapevano tutti che la famiglia Lupini aveva ospitato degli ebrei, i Guetta appunto, che avevano trascorso a Rancana l'intero inverno.

Don Ubaldo aveva conosciuto i giovani ebrei, suoi coetanei, nel febbraio precedente quando, tornato in famiglia dal seminario di Assisi, si era unito ai loro giochi: lui giovane seminarista in procinto di diventare sacerdote.

Si è detto che, negli ultimi giorni del marzo 1944, la campagna intorno alle zone di Gubbio, Scheggia e Fossato venne sottoposta a rastrellamento. Dice Dusolina Lupini che c'erano pattuglie nazi-fasciste lungo la strada Flaminia: pattuglie costituite da cinque o sei persone, tra cui, quasi sempre, almeno un italiano.

Le pattuglie di rastrellamento battevano la zona anche a soprattutto alla ricerca di partigiani, a loro avviso nascosti nella macchia o preso i contadini del luogo. Su questo punto Dusolina è molto chiara: i nazi-fascisti ricercavano i partigiani, o sospetti tali, tanto che quando uccisero i giovani Guetta e Piero Viterbo molto probabilmente non sapevano che si trattasse di ebrei.

La sera precedente il 27 marzo i tre giovani avevano deciso di abbandonare la casa di Rancana e nascondersi nei boschi verso Villamagna, per tentare di sfuggire ai rastrellamenti.

Scoperti il giorno dopo da una pattuglia, furono catturati e condotti, assieme ad altri prigionieri, presso la casa di un contadino lì vicino, suocero di Dusolina, intimando ai presenti di consegnare i partigiani, pena la morte per tutti. Ma i partigiani, ricorda Dusolina, lì non c'erano, nessuno li teneva nascosti.

Rilasciati allora gli altri arrestati, la pattuglia fece uscire per ultimi i giovani ebrei, come se volesse rimettere in libertà anche loro. Ed invece, nascosta dietro una siepe, sparò sui giovani, abbandonandoli lungo il viottolo.

I genitori dei giovani Guetta, Dante e Irma, avuta notizia di tre giovani uccisi nella zona di Villamagna e intuita la tragedia, chiesero aiuto al padre di Don Ubaldo per tentare di salvare, quantomeno, ciò che era rimasto della loro famiglia, i figli più piccoli, ed evitare rappresaglie nei confronti di chi generosamente li aveva ospitati.

Accompagnati presso don Carlo Braccini, zio di Don Ubaldo e allora cancelliere vescovile, vennero tenuti nascosti nel Vescovato di Gubbio per quasi un mese. Poco prima della Liberazione il vescovo Beniamino Ubaldi e don Carlo trovarono per questa famiglia un rifugio sicuro in Toscana. I Guetta si rifugiarono prima a Siena e poi a Firenze, raggiunti poco dopo dalla fedele domestica Dusolina, rimasta presso di loro fino al giugno del 1945. I copri dei tre giovani erano stati intanto sepolti, come sconosciuti, da don Carlo Braccini nel cimitero di Madonna ella Cima, fino a quando non poterono essere trasportati nella tomba di famiglia.

E' rimasta, nel cimitero di Madonna della Cima, una lapide che li ricorda e che don Ubaldo definisce "più cristiana" di altre lapidi poste a ricordo delle vittime di quegli eccidi. Sulla lapide dei giovani ebrei è scritto: "Fucilati da tedeschi e fascisti per odio razziale. Mai più ricada sul mondo questa barbarie".

 

 

Nel suo articolo, comparso lo scorso settembre sul "Santuario di S. Ubaldo" lei fa riferimento al recente monito di Giovanni Paolo II.

Può spiegarci meglio a cosa si riferiva il Papa?

 

Parlava di tutto quello che è successo nel secolo XX: un secolo triste per l'umanità, in diverse parti del mondo. Si riferiva in modo particolare all'Olocausto, tenendo però presenti anche tanti altri fatti dolorosi avvenuti contro minoranze etniche, contro popoli interi. Sappiamo - adesso se ne riparla un po' - degli Armeni che sono stati distrutti. Abbiamo visto in San Pietro una celebrazione di cattolici armeni venuti con i loro vescovi da diverse parti ella terra, in particolare dalle Americhe, dove avevano trovato rifugio.

Il Papa dice: "Mai più". L'ha gridato sette volte: "Mai più succedano queste efferatezze".

A questo proposito, in occasione della visita al cimitero della Cima, il cimitero di Villamagna, quando sono andato a vedere il posto dove erano sepolti questi miei amici ebrei, ho trovato proprio quella espressione. "Mai più ricada sul mondo questa barbarie", il monito del Papa. La "Giornata della memoria" deve servire da insegnamento, per non ricadere più in queste situazioni, che invece continuano ancora oggi, e con maggiore efferatezza.

 

 

Negli anni dell'occupazione nazista cosa significò, in concreto, il fatto che le SS avevano "carta bianca", secondo l'espressione che lei ha usato? Non erano dunque esecutori di ordini che venivano dall'alto, come ha detto qualcuno di loro per giustificarsi?

 

Erano esecutori di ordini. Io ho parlato di "carta bianca" nei rastrellamenti perché - almeno da quello che ho potuto arguire, da quello che ho potuto capire - chi ha lasciato questi morti sulle strade o nei campi non ha dovuto rendere conto a nessuno, nemmeno ai propri capi, agli ufficiali. A Scheggia, lungo la strada che va dal cimitero a Rancana, hanno fatto nove moti: li hanno uccisi e lasciati sulla strada e nessuno è venuto a indagare. Io penso che non avessero controlli. Posso dire anche i nomi: c'è stato un Bugliosi proprio sulla strada, un ragazzo minorato psichico, che ha visto i tedeschi e si è messo a correre. Gli hanno sparato. Più sotto, Enrico Rosi, "Rigo de Balucchino" e il nipote che aveva le pecore lì attorno: hanno ammazzato tutte e due. Perché? Non lo sappiamo Poi i Fiorucci, famiglia nota con il soprannome "del Picchio", quattro persone, i quattro maschi della famiglia: due fratelli che avevano oltre 40 anni (Giulio e Romano) e i due figli di Romano che erano stati miei compagni di scuola. Si dice che abbiano trovato miccia e polvere da sparo in casa, che servivano per spaccare i "ciocchi" di legna. I quattro maschi li hanno ammazzati tutti quanti. Gli ebrei che ho conosciuto io forse hanno dato dei sospetti. Si sono fatti trovare nei boschi, ma non erano pratici di quei posti come la gente del luogo. C'erano ragazzi renitenti alla leva della RSI, la "repubblichina" fascista; c'erano altre persone tornare dal servizio militare dopo l08 settembre e che non si erano ripresentati. Quelli venivano passati per le armi. In genere li portavano a Perugia. A Perugia sono state fucilate diverse persone. Alcuni ragazzi di Sigillo sono stati portati a Perugia e fucilati per ordine di Rocchi che era il capo ella Provincia, all'epoca. Questi qui invece li hanno lasciati per strada. Per questo penso che in questi casi le SS avessero carta bianca. Quando si trattava di ordini superiori, i tedeschi li eseguivano a puntino: è nel loro carattere.

 

 

Nel suo racconto ha citato i nomi di quattro sacerdoti educatori nel Seminario da lei frequentato: Don Baleani, Don Origene, Don Panichi e Don Rughi. Può spiegarci meglio come la pensavano rispetto agli avvenimenti del tempo?

 

Adesso cerco di darvi una spiegazione. io sono nato nel '28, anno VI dell'era fascista. E questo perché dal '22, dalla marcia su Roma, hanno cominciato a contare gli anni, come dalla nascita di Gesù Cristo. Si metteva: 1928 VI. E. F. In prima elementare eravamo già Figli della lupa, poi a otto diventavamo Balilla, poi Avanguardisti. Era tutto un percorso che prendeva totalmente anche l'educazione della gioventù. Nel 1931 (il Concordato era stato sottoscritto nel '29) ci fu un taglio tra il regime fascista e la Chiesa perché nell'educazione dei giovani la Chiesa aveva le sue associazioni di Azione cattolica che vennero chiuse e le sedi bruciate, devastate. Noi eravamo cresciuti così. Se fossi rimasto a fare il ginnasio e il liceo nelle scuole pubbliche sarei stato imbevuto di quella ideologia. Invece, dopo la IV elementare, sono entrato in seminario e mi sono incontrato con il rettore, Mons. Francesco Baleani, conosciuto a Gubbio come don Checco. Mons. Panichi ci faceva latino e insegnava anche al liceo parificato di Gubbio, quello delle "Peppe". Non credo fosse laureato, ma se conosco un po' di latino lo devo a lui perché non ho fatto studi superiori. Don Origene lo abbiamo conosciuto, è morto pochi anni fa. Don Rughi era parroco a San Vittorino, era stato cappellano militare nella prima guerra mondiale; era stato in Albania, in Grecia, in Francia[48]. Era cresciuto con le vecchie idee e non aveva certamente accettato, ma al contrario contestato, le idee fasciste. Don Checco Baleani era stato purgato, don Origene manganellato[49]. Su don Rughi c'è un anedotto: i fascisti erano andati per dargli l'olio di ricino, a San Vitorino, ma sono stati purgati loro. Quando ce lo raccontava era simpaticissimo. Ecco come era andata: lui se l'aspettava da un giorno all'altro, quella visita. Faceva anche l'apicultore e quel giorno si è messo tra le api e ha scoperchiato qualche "buzzo"... Quando la perpetua - la donna di servizio - lo ha chiamato e gli ha detto che c'erano quattro persone che lo cercavano, lui aveva già capito che aria tirava. Le ha detto: "Dagli il miele, dagli da bere, che io vengo subito". Tra miele e vino a questi, a un certo momento, si è - come si dice - "smosso il corpo". Sono partiti di corsa dicendo: "Ci ritorneremo" e si sono infilati nel primo campo di granturco che hanno trovato.

 

 

Nel ripensare all'educazione ricevuta nel Seminario, lei ha usato termini contrastanti: afferma di aver stretto amicizia con degli ebrei (i Guetta) "nonstante" o forse "grazie" all'educazione assorbita in Seminario. Può spiegare meglio il senso della sua espressione? Quale educazione riceveva in Seminario un giovane futuro sacerdote, in particolare nei confronti dell'ebraismo e degli ebrei?

 

Sono cresciuto in seminario dopo secoli di dura contrapposizione tra cristianesimo ed ebraismo: ciò mi avrebbe dovuto spingere ad evitare i giovani Guetta. Ricordo che, prima della riforma liturgica di Giovanni XXIII, nella liturgia del Venerdì Santo, tra le altre preghiere, ce n'era una particolarmente significativa: "Oremus et pro perfidis Iudeais". Ma, nonostante questo, fu proprio grazie all'educazione ricevuta dai sacerdoti prima ricordati e al clima che si respirava nel Seminario di Assisi, che potei stringere amicizia con i giovani ebrei e unirmi ai loro giochi.

 

 

Quale fu il ruolo svolto dal vescovo di Gubbio Beniamino Ubaldi nel periodo dell'occupazione? Sappiamo che ospitò la famiglia Guetta: è a conoscenza di altri episodi simili, in cui il vescovo di Gubbio si prodigò a difesa dei perseguitati di quel periodo?

 

Abbiamo in archivio una busta[50] delle "Memorie personali di guerra" di Mons. Ubaldi, con diverse sezioni: i fatti dei 40 Martiri, in cui lui offrì addirittura la sua vita andando davanti al comandante tedesco e dicendo: "Liberate questi padri di famiglia e prendete me". Naturalmente la proposta non fu accettata. Questo è l'episodio più famoso, ma in quella busta ho trovato anche che vennero aperte le clausure dei monasteri per nascondere la gente: i frati ospitarono gli uomini e le suore le donne.

Da sottolineare che la clausura è una legge molto dura. Io, in 50 anni di sacerdozio, sono entrato nel monastero della Trinità solo perché una suora ultranovantenne ha chiesto di confessarsi da me. Sono potuto entrare solo con tanto di permesso. Prima non lo avevo mai fatto. Poi ci sono i "bustoni" con delle lettere: prima per salvare la vita agli antifascisti, poi - dopo la Liberazione - lettere in cui il vescovo testimoniava a favore di qualche persona accusata di fascismo, dicendo che in fondo non erano dei delinquenti.

 

 

Lei ha affermato che se il vescovo (Mons. Ubaldi) e un prete (suo zio don Carlo Braccini) avevano ospitato e aiutato degli ebrei, non potevano non avere avuto disposizioni da quel Pio XII tanto discusso da una certa storiografia. A quale storiografia si riferisce? La sua affermazione riflette una certezza o una speranza? Più esplicitamente: è a conoscenza di precise e ufficiali prese di posizione di Pio XII a favore degli ebrei?

 

C'è un discorso del Papa, del '42, molto forte in questo senso[51]. Ma Pio XII è stato un papa molto criticato: mi ricordo il dramma "Il Vicario"[52] che accusa Pio XII di connivenza col regime nazista, mentre i documenti non dimostrano questa cose. Spesso vedevo i quattro preti del seminario che parlavano sottovoce. Io avrò avuto quindici anni e, come tutti i ragazzi di quell'età, ero curioso. Allora alzavo un po' gli orecchi per sentire meglio. Parlavano piano perché fare discorsi contro il regime, antifascisti, significava essere messi dentro o mandati al confino. Ricordo che una volta ascoltai da loro anche delle critiche al Papa perché, secondo loro, la condanna al regime doveva essere più palese, più aperta. Ma il Papa vedeva la situazione di tutto il mondo: sapeva ad esempio che una lettera collettiva di condanna al nazismo e alla persecuzione degli ebrei, sottoscritta dai vescovi olandesi, aveva involontariamente aggravato la situazione perché, dopo, Hitler fece peggio ancora. Quindi il Papa doveva tener conto di tante cose che don Checco, don Luigi e don Origene non conoscevano.

 

 

Perché suo zio Don Carlo fece seppellire i giovani ebrei come sconosciuti e rivelò i loro nomi solo dopo la Liberazione?

 

Per non compromettere i familiari. Il papà, la mamma, i fratelli più piccoli e per non compromettere chi li aveva ospitati. Era proibito dare ospitalità agli ebrei; quindi, se avesse rivelato i nomi, ci sarebbero andati di mezzo anche quelli che li avevano aiutati.

 

 

Perché, in una delle lettere che ci ha mostrato e che Dante Guetta inviò in ringraziamento a suo zio (lettera[53] datata 20/04/44) si usano pseudonimi sia per il mittente che per il destinatario, e in un'altra lettera (datata 25/07/44) si usano invece i nomi reali? Cosa era cambiato in quei tre mesi?

 

C'era stata la cosiddetta Liberazione, cioè la sconfitta del nazismo[54]. Prima le lettere erano censurate, potevano anche essere lette dai funzionari preposti. Da notare che la cartolina postale con lo pseudonimo  non è indirizzata a mio zio, a don Carlo, ma a un mio cugino. E don Carlo non si nomina per niente. Non c'è una parola che possa comprometterlo. Ringrazia, poi manda baci alla nonna, alla mamma, al nipotino eccetera, ma non nomina mio zio perché, se veniva scoperto che Guetta l'ebreo scriveva al sacerdote, si sarebbero attivate perquisizioni e indagini. Dopo, con la Liberazione, i tedeschi non c'erano più, c'erano gli angloamericani. E ritenne non più necessario far scrivere ancora da Piccardi, lo pseudonimo che Guetta aveva prima usato.

 

 

Nel suo racconto lei ha contrapposto la violenza verbale di due lapidi (di Torre e Villamagna) che definisce "rigurgitanti di odio", alla lapide degli ebrei Guetta e Viterbo, dove è scritto: "Fucilati da tedeschi e fascisti per odio razzista. Mai più ricada sul mondo questa barbarie". Quale insegnamento ci dà, a suo parere, la lapide degli ebrei? Non le sembra che l'espressione "odio razzista" tocchi l'aspetto centrale che fa della Shoà un evento da non dimenticare?

 

Lì c'è la verità: "Fucilati da tedeschi e fascisti per odio razziale": Forse nemmeno se n'erano accorti che erano ebrei, però questa è la verità. Poi c'è scritto: "Mai più ricada sul mondo questa barbarie". Mentre sulle altre due lapidi - quella sulla tomba dei Pascolini, i "Lumachella", e quella di Torre, le iscrizioni che sono state fatte in memoria di questi caduti, di questi uccisi, ribollono di risentimento. Sulla tomba di Torre, ad esempio, c'è scritto: "La furia barbarica del tedesco invasore nei secoli apportatrice di lutti e rovine" e poi "I posteri non dimenticheranno". E' giusto: i posteri non dimenticheranno. Ma perché? perché non succeda mai più, non per rivalsa. La vendetta non è un sentimento cristiano. La memoria ci deve servire per non ricadere negli errori fatti.

 


APPENDICE B

 

 

LE LEGGI RAZZIALI DEL 1938

 

 

Si propone qui l'elenco delle leggi razziali del 1938 così come inserite nel sito

http://www.romacivica.net/novitch/LeggiRaz/Manifesto.htm

 

 

*  *  *  *  *

 

1  -  IL MANIFESTO DELLA RAZZA

    Il ministro segretario del partito ha ricevuto, il 26 luglio XVI, un gruppo di studiosi fascisti, docenti nelle università' italiane, che hanno, sotto l'egida del Ministero della Cultura Popolare, redatto o aderito, alle proposizioni che fissano le basi del razzismo fascista. (Da "La difesa della razza", direttore Telesio Interlandi, anno I, numero1, 5 agosto 1938, p. 2).

 

  1.  Le razze umane esistono. La esistenza delle razze umane non è già una astrazione del nostro spirito, ma corrisponde a una realtà fenomenica, materiale, percepibile con i nostri sensi. Questa realtà è rappresentata da masse, quasi sempre imponenti di milioni di uomini simili per caratteri fisici e psicologici che furono ereditati e che continuano ad ereditarsi. Dire che esistono le razze umane non vuol dire a priori che esistono razze umane superiori o inferiori, ma soltanto che esitono razze umane differenti.
  2. Esistono grandi razze e piccole razze. Non bisogna soltanto ammettere che esistano i gruppi sistematici maggiori, che comunemente sono chiamati razze e che sono individualizzati solo da alcuni caratteri, ma bisogna anche ammettere che esistano gruppi sistematici minori (come per es. i nordici, i mediterranei, i dinarici, ecc.) individualizzati da un maggior numero di caratteri comuni. Questi gruppi costituiscono dal punto di vista biologico le vere razze, la esistenza delle quali è una verità evidente.
  3. Il concetto di razza è concetto puramente biologico. Esso quindi è basato su altre considerazioni che non i concetti di popolo e di nazione, fondati essenzialmente su considerazioni storiche, linguistiche, religiose. Però alla base delle differenze di popolo e di nazione stanno delle differenze di razza. Se gli Italiani sono differenti dai Francesi, dai Tedeschi, dai Turchi, dai Greci, ecc., non è solo perché essi hanno una lingua diversa e una storia diversa, ma perché la costituzione razziale di questi popoli è diversa. Sono state proporzioni diverse di razze differenti, che da tempo molto antico costituiscono i diversi popoli, sia che una razza abbia il dominio assoluto sulle altre, sia che tutte risultino fuse armonicamente, sia, infine, che persistano ancora inassimilate una alle altre le diverse razze.
  4. La popolazione dell'Italia attuale è nella maggioranza di origine ariana e la sua civiltà ariana. Questa popolazione a civiltà ariana abita da diversi millenni la nostra penisola; ben poco è rimasto della civiltà delle genti preariane. L'origine degli Italiani attuali parte essenzialmente da elementi di quelle stesse razze che costituiscono e costituirono il tessuto perennemente vivo dell'Europa.
  5. È una leggenda l'apporto di masse ingenti di uomini in tempi storici. Dopo l'invasione dei Longobardi non ci sono stati in Italia altri notevoli movimenti di popoli capaci di influenzare la fisionomia razziale della nazione. Da ciò deriva che, mentre per altre nazioni europee la composizione razziale è variata notevolmente in tempi anche moderni, per l'Italia, nelle sue grandi linee, la composizione razziale di oggi è la stessa di quella che era mille anni fa: i quarantaquattro milioni d'Italiani di oggi rimontano quindi nella assoluta maggioranza a famiglie che abitano l'Italia da almeno un millennio.
  6. Esiste ormai una pura "razza italiana". Questo enunciato non è basato sulla confusione del concetto biologico di razza con il concetto storico-linguistico di popolo e di nazione ma sulla purissima parentela di sangue che unisce gli Italiani di oggi alle generazioni che da millenni popolano l'Italia. Questa antica purezza di sangue è il più grande titolo di nobiltà della Nazione italiana.
  7. È tempo che gli Italiani si proclamino francamente razzisti. Tutta l'opera che finora ha fatto il Regime in Italia è in fondo del razzismo. Frequentissimo è stato sempre nei discorsi del Capo il richiamo ai concetti di razza. La questione del razzismo in Italia deve essere trattata da un punto di vista puramente biologico, senza intenzioni filosofiche o religiose. La concezione del razzismo in Italia deve essere essenzialmente italiana e l'indirizzo ariano-nordico. Questo non vuole dire però introdurre in Italia le teorie del razzismo tedesco come sono o affermare che gli Italiani e gli Scandinavi sono la stessa cosa. Ma vuole soltanto additare agli Italiani un modello fisico e soprattutto psicologico di razza umana che per i suoi caratteri puramente europei si stacca completamente da tutte le razze extra-europee, questo vuol dire elevare l'italiano ad un ideale di superiore coscienza di se stesso e di maggiore responsabilità.
  8. È necessario fare una netta distinzione fra i Mediterranei d'Europa (Occidentali) da una parte gli Orientali e gli Africani dall'altra. Sono perciò da considerarsi pericolose le teorie che sostengono l'origine africana di alcuni popoli europei e comprendono in una comune razza mediterranea anche le popolazioni semitiche e camitiche stabilendo relazioni e simpatie ideologiche assolutamente inammissibili.
  9. Gli ebrei non appartengono alla razza italiana. Dei semiti che nel corso dei secoli sono approdati sul sacro suolo della nostra Patria nulla in generale è rimasto. Anche l'occupazione araba della Sicilia nulla ha lasciato all'infuori del ricordo di qualche nome; e del resto il processo di assimilazione fu sempe rapidissimo in Italia. Gli ebrei rappresentano l'unica popolazione che non si è mai assimilata in Italia perché essa è costituita da elementi razziali non europei, diversi in modo assoluto dagli elementi che hanno dato origine agli Italiani.

10.   I caratteri fisici e psicologici puramente europei degli Italiani non devono essere alterati in nessun modo. L'unione è ammissibile solo nell'ambito delle razze europee, nel quale caso non si deve parlare di vero e proprio ibridismo, dato che queste razze appartengono ad un ceppo comune e differiscono solo per alcuni caratteri, mentre sono uguali per moltissimi altri. Il carattere puramente europeo degli Italiani viene alterato dall'incrocio con qualsiasi razza extra-europea e portatrice di una civiltà diversa dalla millenaria civiltà degli ariani.

 

 

2  -  DICHIARAZIONE SULLA RAZZA

Il Gran Consiglio del Fascismo, in seguito alla conquista dell'Impero, dichiara l'attualità urgente dei problemi razziali e la necessità di una coscienza razziale. Ricorda che il Fascismo ha svolto da sedici anni e svolge un'attività positiva, diretta al miglioramento quantitativo e qualitativo della razza italiana, miglioramento che potrebbe essere gravemente compromesso, con conseguenze politiche incalcolabili, da incroci e imbastardimenti.
   Il problema ebraico non è che l'aspetto metropolitano di un problema di carattere generale.
   Il Gran Consiglio del Fascismo stabilisce:
   a) il divieto di matrimoni di italiani e italiane con elementi appartenenti alle razze camita, semita e altre razze non ariane;
   b) il divieto per i dipendenti dello Stato e da Enti pubblici - personale civile e militare - di contrarre matrimonio con donne straniere di qualsiasi razza;
   c) il matrimonio di italiani e italiane con stranieri, anche di razze ariane, dovrà avere il preventivo consenso del Ministero dell'Interno;
   d) dovranno essere rafforzate le misure contro chi attenta al prestigio della razza nei territori dell'Impero.

Ebrei ed ebraismo

Il Gran Consiglio del Fascismo ricorda che l'ebraismo mondiale - specie dopo l'abolizione della massoneria - è stato l'animatore dell'antifascismo in tutti i campi e che l'ebraismo estero o italiano fuoruscito è stato - in taluni periodi culminanti come nel 1924-25 e durante la guerra etiopica unanimemente ostile al Fascismo.
   L'immigrazione di elementi stranieri - accentuatasi fortemente dal 1933 in poi - ha peggiorato lo stato d'animo degli ebrei italiani, nei confronti del Regime, non accettato sinceramente, poiché antitetico a quella che è la psicologia, la politica, l'internazionalismo d'Israele. Tutte le forze antifasciste fanno capo ad elementi ebrei; l'ebraismo mondiale è, in Spagna, dalla parte dei bolscevici di Barcellona.

Il divieto d'entrata e l'espulsione degli ebrei stranieri

Il Gran Consiglio del Fascismo ritiene che la legge concernente il divieto d'ingresso nel Regno, degli ebrei stranieri, non poteva più oltre essere ritardata, e che l'espulsione degli indesiderabili - secondo il termine messo in voga e applicato dalle grandi democrazie - è indispensabile.
   Il Gran Consiglio del Fascismo decide che oltre ai casi singolarmente controversi che saranno sottoposti all'esame dell'apposita commissione del Ministero dell'Interno, non sia applicata l'espulsione nei riguardi degli ebrei stranieri i quali:
   a) abbiano un'età superiore agli anni 65;
   b) abbiamo contratto un matrimonio misto italiano prima del 1° ottobre XVI.

Ebrei di cittadinanza italiana

Il Gran Consiglio del Fascismo, circa l'appartenenza o meno alla razza ebraica, stabilisce quanto segue:
   a) è di razza ebraica colui che nasce da genitori entrambi ebrei;
   b) è considerato di razza ebraica colui che nasce da padre ebreo e da madre di nazionalità straniera;
   c) è considerato di razza ebraica colui che, pur essendo nato da un matrimonio misto, professa la religione ebraica;
   d) non è considerato di razza ebraica colui che è nato da un matrimonio misto, qualora professi altra religione all'infuori della ebraica, alla data del 1° ottobre XVI.

Discriminazione fra gli ebrei di cittadinanza italiana

Nessuna discriminazione sarà applicata - escluso in ogni caso l'insegnamento nelle scuole di ogni ordine e grado - nei confronti di ebrei di cittadinanza italiana - quando non abbiano per altri motivi demeritato - i quali appartengono a:
   1) famiglie di Caduti nelle quattro guerre sostenute dall'Italia in questo secolo; libica, mondiale, etiopica, spagnola;
   2) famiglie dei volontari di guerra nelle guerre libica, mondiale, etiopica, spagnola;
   3) famiglie di combattenti delle guerre libica, mondiale, etiopica, spagnola, insigniti della croce al merito di guerra;
   4) famiglie dei Caduti per la Causa fascista;
   5) famiglie dei mutilati, invalidi, feriti della Causa fascista;
   6) famiglie di Fascisti iscritti al Partito negli anni 19- 20- 21- 22 e nel secondo semestre del 24 e famiglie di legionari fiumani.
   7) famiglie aventi eccezionali benemerenze che saranno accertate da apposita commissione.

Gli altri ebrei

I cittadini italiani di razza ebraica, non appartenenti alle suddette categorie, nell'attesa di una nuova legge concernente l'acquisto della cittadinanza italiana, non potranno:
   a) essere iscritti al Partito Nazionale Fascista;
   b) essere possessori o dirigenti di aziende di qualsiasi natura che impieghino cento o più persone;
   c) essere possessori di oltre cinquanta ettari di terreno;
   d) prestare servizio militare in pace e in guerra. L'esercizio delle professioni sarà oggetto di ulteriori provvedimenti.
   Il Gran Consiglio del Fascismo decide inoltre:
   1) che agli ebrei allontanati dagli impieghi pubblici sia riconosciuto il normale diritto di pensione;
   2) che ogni forma di pressione sugli ebrei, per ottenere abiure, sia rigorosamente repressa;
   3) che nulla si innovi per quanto riguarda il libero esercizio del culto e l'attività delle comunità ebraiche secondo le leggi vigenti;
   4) che, insieme alle scuole elementari, si consenta l'istituzione di scuole medie per ebrei.

Immigrazione di ebrei in Etiopia

Il Gran Consiglio del Fascismo non esclude la possibilità di concedere, anche per deviare la immigrazione ebraica dalla Palestina, una controllata immigrazione di ebrei europei in qualche zona dell'Etiopia.
   Questa eventuale e le altre condizioni fatte agli ebrei, potranno essere annullate o aggravate a seconda dell'atteggiamento che l'ebraismo assumerà nei riguardi dell'Italia fascista.

Cattedre di razzismo

Il Gran Consiglio del Fascismo prende atto con soddisfazione che il Ministro dell'Educazione Nazionale ha istituito cattedre di studi sulla razza nelle principali Università del Regno.

Alle camicie nere

Il Gran Consiglio del Fascismo, mentre nota che il complesso dei problemi razziali ha suscitato un interesse eccezionale nel popolo italiano, annuncia ai Fascisti che le direttive del Partito in materia sono da considerarsi fondamentali e impegnative per tutti e che alle direttive del Gran Consiglio devono ispirarsi le leggi che saranno sollecitamente preparate dai singoli Ministri.

 

 

 

3  -  REGIO DECRETO - LEGGE 5 settembre 1938 - XVI, n. 1390

 

Provvedimenti per la difesa della razza nella scuola fascista

vittorio emanuele iii per grazia di dio e per volontà della nazione re d'italia imperatore d'etiopia

Visto l'art. 3, n.2, della legge 31 gennaio 1926-IV, n.100;
Ritenuta la necessità assoluta ed urgente di dettare disposizioni per la difesa della razza nella scuola italiana;
Udito il Consiglio dei Ministri;
Sulla proposta del Nostro Ministro Segretario di Stato per l'educazione nazionale, di concerto con quello per le finanze;
Abbiamo decretato e decretiamo;

Art. 1. All'ufficio di insegnante nelle scuole statali o parastatali di qualsiasi ordine e grado e nelle scuole non governative, ai cui studi sia riconosciuto effetto legale, non potranno essere ammesse persone di razza ebraica, anche se siano state comprese in graduatorie di concorso anteriormente al presente decreto; né potranno essere ammesse all'assistentato universitario, né al conseguimento dell'abilitazione alla libera docenza.

Art. 2. Alle scuole di qualsiasi ordine e grado, ai cui studi sia riconosciuto effetto legale, non potranno essere iscritti alunni di razza ebraica.

Art. 3. A datare dal 16 ottobre 1938-XVI tutti gli insegnanti di razza ebraica che appartengano ai ruoli per le scuole di cui al precedente art. 1, saranno sospesi dal servizio; sono a tal fine equiparati al personale insegnante i presidi e direttori delle scuole anzidette, gli aiuti e assistenti universitari, il personale di vigilanza delle scuole elementari. Analogamente i liberi docenti di razza ebraica saranno sospesi dall'esercizio della libera docenza.

Art. 4. I membri di razza ebraica delle Accademie, degli Istituti e delle Associazioni di scienze, lettere ed arti, cesseranno di far parte delle dette istituzioni a datare dal 16 ottobre 1938-XVI.

Art. 5. In deroga al precedente art. 2 potranno in via transitoria essere ammessi a proseguire gli studi universitari studenti di razza ebraica, già iscritti a istituti di istruzione superiore nei passati anni accademici.

Art. 6. Agli effetti del presente decreto-legge è considerato di razza ebraica colui che è nato da genitori entrambi di razza ebraica, anche se egli professi religione diversa da quella ebraica.

Art. 7. Il presente decreto-legge, che entrerà in vigore alla data della sua pubblicazione nella Gazzetta Ufficiale del Regno, sarà presentato al Parlamento per la sua conversione in legge. Il Ministro per l'educazione nazionale è autorizzato a presentare il relativo disegno di legge.

Ordiniamo

che il presente decreto, munito del sigillo dello Stato, sia inserto nella raccolta delle leggi e dei decreti del Regno d'Italia, mandando a chiunque spetti di osservarlo e di farlo osservare.

Dato a San Rossore, addì 5 settembre 1938 - Anno XVI Vittorio Emanuele Mussolini, Bottai, Di Revel

 

4  -  REGIO DECRETO - LEGGE 15 novembre 1938 - XVII, n. 1779

 

Integrazione e coordinamento in unico testo delle norme già emanate per la difesa della razza nella Scuola Italiana

vittorio emanuele iii per grazia di dio e per volontà della nazione re d'italia imperatore d'etiopia

Veduto il R. decreto-legge 5 settembre 1938-XVI, n. 1390;
Veduto il R. decreto-legge 23 settembre 1938-XVI, n. 1630;
Veduto il testo unico delle leggi e delle norme giuridiche sull'istruzione elementare approvato con R. decreto 5 febbraio 1928-VI, n. 877, e successive modificazioni;
Veduto il R. decreto-legge 3 giugno 1938-XVI, n. 928; Veduto l'art. 3, n. 2, della legge 31 gennaio 1926-IV, n.100;
Riconosciuta la necessità urgente ed assoluta di dettare ulteriori disposizioni per la difesa della razza nella Scuola italiana e di coordinarle in unico testo con quelle sinora emanate;
Udito il Consiglio dei Ministri; Sulla proposta del DUCE, Primo Ministro Segretario di Stato e Ministro per l'interno e del Nostro Ministro Segretario di Stato per l'educazione nazionale, di concerto con quello per le finanze;
Abbiamo decretato e decretiamo:

Art. 1. A qualsiasi ufficio od impiego nelle scuole di ogni ordine e grado, pubbliche e private, frequentate da alunni italiani, non possono essere ammesse persone di razza ebraica, anche se siano state comprese in graduatorie di concorsi anteriormente al presente decreto; né possono essere ammesse al conseguimento dell'abilitazione alla libera docenza. Agli uffici ed impieghi anzidetti sono equiparati quelli relativi agli istituti di educazione, pubblici e privati, per alunni italiani, e quelli per la vigilanza nelle scuole elementari.

Art. 2. Delle Accademie, degli Istituti e delle Associazioni di scienze, lettere ed arti non possono far parte persone di razza ebraica.

Art. 3. Alle scuole di ogni ordine e grado, pubbliche o private, frequentate da alunni italiani, non possono essere iscritti alunni di razza ebraica. è tuttavia consentita l'iscrizione degli alunni di razza ebraica che professino la religione cattolica nelle scuole elementari e medie dipendenti dalle Autorità ecclesiastiche.

Art. 4. Nelle scuole d'istruzione media frequentate da alunni italiani è vietata l adozione di libri di testo di autori di razza ebraica. Il divieto si estende anche ai libri che siano frutto della collaborazione di più autori, uno dei quali sia di razza ebraica; nonché alle opere che siano commentate o rivedute da persone di razza ebraica.

Art. 5. Per i fanciulli di razza ebraica sono istituite, a spese dello Stato, speciali sezioni di scuola elementare nelle località in cui il numero di essi non sia inferiore a dieci. Le comunità israelitiche possono aprire, con l'autorizzazione del Ministro per l'educazione nazionale, scuole elementari con effetti legali per fanciulli di razza ebraica, e mantenere quelle all'uopo esistenti. Per gli scrutini e per gli esami nelle dette scuole il Regio provveditore agli studi nomina un commissario. Nelle scuole elementari di cui al presente articolo il personale potrà essere di razza ebraica; i programmi di studio saranno quelli stessi stabiliti per le scuole frequentate da alunni italiani, eccettuato l'insegnamento della religione cattolica; i libri di testo saranno quelli di Stato, con opportuni adattamenti, approvati dal Ministro per l'educazione nazionale, dovendo la spesa per tali adattamenti gravare sulle comunità israelitiche.

Art. 6. Scuole d'istruzione media per alunni di razza ebraica potranno essere istituiti dalle comunità israelitiche o da persone di razza ebraica. Dovranno all'uopo osservarsi le disposizioni relative all'istituzione di scuole private. Alle scuole stesse potrà essere concesso il beneficio del valore legale degli studi e degli esami à sensi dell'art.15 del R. decreto-legge 3 giugno 1938-XVI n.928, quando abbiano ottenuto di far parte in qualità di associate dell'Ente nazionale per l'insegnamento medio: in tal caso i programmi di studio saranno quelli stessi stabiliti per le scuole corrispondenti frequentate da alunni italiani, eccettuati gli insegnamenti della religione e della cultura militare. Nelle scuole d'istruzione media di cui al presente articolo il personale potrà essere di razza ebraica e potranno essere adottati libri di testo di autori di razza ebraica.

Art. 7. Per le persone di razza ebraica l'abilitazione a impartire l'insegnamento medio riguarda esclusivamente gli alunni di razza ebraica.

Art. 8. Dalla data di entrata in vigore del presente decreto il personale di razza ebraica appartenente ai ruoli per gli uffici e gli impieghi di cui al precedente art.1 è dispensato dal servizio, ed ammesso a far valere i titoli per l'eventuale trattamento di quiescenza ai sensi delle disposizioni generali per la difesa della razza italiana. Al personale stesso per il periodo di sospensione di cui all'art.3 del R. decreto legge 5 settembre 1938-XVI, n. 1390, vengono integralmente corrisposti i normali emolumenti spettanti ai funzionari in servizio. Dalla data di entrata in vigore del presente decreto i liberi docenti di razza ebraica decadono dall'abilitazione.

Art. 9 Per l'insegnamento nelle scuole elementari e medie per alunni di razza ebraica saranno preferiti gl'insegnanti dispensati dal servizio a cui dal Ministro per l'interno siano state riconosciute le benemerenze individuali o famigliari previste dalle disposizioni generali per la difesa della razza italiana. Ai fini del presente articolo sono equiparati al personale insegnante i presidi e direttori delle scuole pubbliche e private e il personale di vigilanza nelle scuole elementari.

Art. 10. In deroga al precedente art. 3 possono essere ammessi in via transitoria a proseguire gli studi universitari studenti di razza ebraica già iscritti nei passati anni accademici a Università o Istituti superiori del Regno. La stessa disposizione si applica agli studenti iscritti ai corsi superiori e di perfezionamento per i diplomati nei Regi conservatori, alle Regie accademie di belle arti e ai corsi della Regia accademia d'arte drammatica in Roma, per accedere ai quali occorre un titolo di studi medi di secondo grado o un titolo equipollente. Il presente articolo si applica anche agli studenti stranieri, in deroga alle disposizioni che vietano agli ebrei stranieri di fissare stabile dimora nel Regno.

Art. 11. Per l'anno accademico 1938-39 la decorrenza dei trasferimenti e delle nuove nomine dei professori universitari potrà essere protratta al 1í gennaio 1939-XVII. Le modificazioni agli statuti delle Università e degl'Istituti d'istruzione superiore avranno vigore per l'anno accademico 1938-39, anche se disposte con Regi decreti di data posteriore al 29 ottobre 1938-XVII.

Art. 12. I Regi decreti-legge 5 settembre 1938-XVI, n. 1390, e 23 settembre 1938-XVI, n.1630, sono abrogati. è altresì abrogata la disposizione di cui all'art.3 del Regio decreto-legge 20 giugno 1935-XIII, n.1071.

Art. 13. Il presente decreto sarà presentato al Parlamento per la conversione in legge. Il Ministro proponente è autorizzato alla presentazione del relativo disegno di legge.

Ordiniamo

che il presente decreto, munito del sigillo dello Stato, sia inserto nella raccolta ufficiale delle leggi e dei decreti del Regno d'Italia, mandando a chiunque spetti di osservarlo e di farlo osservare.

Dato a San Rossore, addì 15 novembre 1938 - XVII

Vittorio Emanuele Mussolini, Bottai, Di Revel

 

 

 

5  -  DECRETO-LEGGE 17 novembre 1938-XVII, n.1728

 

Provvedimenti per la difesa della razza italiana

vittorio emanuele iii per grazia di dio e per volontà della nazione re d'italia imperatore d'etiopia

Ritenuta
la necessità urgente ed assoluta di provvedere;
Visto l'art. 3, n. 2, della legge 31 gennaio 1926-IV, n. 100, sulla facoltà del potere esecutivo di emanare norme giuridiche;
Sentito il Consiglio dei Ministri;
Sulla proposta del DUCE, Primo Ministro Segretario di Stato, Ministro per l'interno, di concerto coi Ministri per gli affari esteri, per la grazia e giustizia, per le finanze e per le corporazioni;
Abbiamo decretato e decretiamo:

CAPO I

Provvedimenti relativi ai matrimoni

CAPO II

Degli appartenenti alla razza ebraica

Nei casi preveduti alla lett. b), il beneficio può essere esteso ai componenti la famiglia delle persone ivi elencate, anche se queste siano premorte. Gli interessati possono richiedere l'annotazione del provvedimento del Ministro per l'interno nei registri di stato civile e di popolazione. Il provvedimento del Ministro per l'interno non è soggetto ad alcun gravame, sia in via amministrativa, sia in via giurisdizionale.

CAPO III

Disposizioni transitorie e finali

Ordiniamo

che il presente decreto, munito del sigillo dello Stato, sia inserto nella raccolta ufficiale delle leggi e dei decreti del Regno d'Italia, mandando a chiunque spetti di osservarlo e farlo osservare.

Dato a Roma, addì 17 novembre 1938 - XVII

Vittorio Emanuele, Mussolini, Ciano, Solmi, Di Revel, Lantini


6  -  DISCIPLINA DELL'ESERCIZIO DELLE PROFESSIONI DA PARTE DEI CITTADINI DI RAZZA EBRAICA

 

Con Legge 29 Giugno 1939, pubblicata sulla Gazzetta Ufficiale del 2 Agosto 1939-XVIII, N. 179, sono state dettate le norme seguenti circa l'esercizio delle professioni da parte di cittadini di razza ebraica:

CAPO I.

Disposizioni generali

CAPO II.

Degli elenchi speciali e delle condizioni per essere iscritti

CAPO III.

Disciplina degli iscritti negli elenchi speciali

CAPO IV.

Dell'esercizio professionale degli iscritti negli elenchi aggiunti e negli elenchi speciali

CAPO V.

Disposizioni transitorie e finali


REGIO DECRETO-LEGGE 7 settembre 1938-XVI, n. 1381

 

Provvedimenti nei confronti degli ebrei stranieri

vittorio emanuele iii per grazia di dio e per volontà della nazione re d'italia imperatore d'etiopia

Ritenuta la necessità urgente ed assoluta di provvedere;

Visto l'art. 3, n. 2, della legge 31 gennaio 1926-IV, n. 100;

Sentito il Consiglio dei Ministri;

Sulla proposta del Duce, Primo Ministro Segretario di Stato, Ministro Segretario di Stato per l'interno;

Abbiamo decretato e decretiamo:

Art. 5. Le controversie che potessero sorgere nell'applicazione del presente decreto-legge saranno risolte, caso per caso, con decreto del Ministro per l'interno, emesso di concerto con i Ministri eventualmente interessati.

Tale decreto non è soggetto ad alcun gravame né in via amministrativa, né in via giurisdizionale. Il presente decreto entra in vigore il giorno della sua pubblicazione nella Gazzetta Ufficiale e sarà presentato al Parlamento per la conversione in legge. Il Duce, Ministro per l'interno, proponente, è autorizzato a presentare il relativo disegno di legge.

Ordiniamo

che il presente decreto, munito del sigillo dello Stato, sia inserto nella raccolta ufficiale delle leggi e dei decreti del Regno d'Italia, mandando a chiunque spetti di osservarlo e di farlo osservare.

Dato a San Rossore, addì 7 settembre 1938-Anno XVI

Vittorio Emanuele, Mussolini
 


APPENDICE C

 

 

DOCUMENTI VARI SUGLI EBREI

 

 

1943, dicembre 29

Circolare del prefetto di Perugia.

p r e f e t u r a    d i   p e r u g  I a

10551 Gab.

raccomandata   riservata   urgente

oggetto: Requisizione delle opere d'arte di proprietà degli ebraica.

ai podesta' della provincia

e per conoscenza

al soprintendente alle gallerie e ai monumenti dell'umbria

all'intendente di finanza di perugia

1) - Con provvedimento del Ministero dell'Educazione Nazionale è stato disposto il sequestro di tutte le opere d'arte appartenenti ad ebrei, anche se discriminati[55] e ad istituzioni israelitiche. Per opere d'arte si intendono non solo le opere d'arte figurative (pittura, scultura, incisione, ecc.) ma anche le opere d'arte applicate, quando, per il loro pregio, non possano essere considerate oggetti di uso comune.

I proprietari o i detentori dei beni sottoposti al sequestro, dovranno presentare una denuncia per iscritto in duplice esemplare al Soprintendente alle Gallerie e ai monumenti in Perugia.

Nella denuncia dovrà risultare:

1)      La qualità delle opere ed una loro sommaria descrizione;

2)      L'autore di esse, ove sia noto:

3)      La località ove l'opera è attualmente conservata.

Una copia della denuncia dovrà essere restituita all'interessato con il timbro dell'ufficio ricevente; essa costituirà le prove dell'ottemperanza alla legge sul sequestro.

Nelle località diverse dal comune di Perugia le denunce potranno essere consegnate al Podestà, che ne curerà l'inoltro al Soprintendente a mezzo del capo della Provincia.

I Podestà sono tenuti a inoltrare entro il 10 gennaio al Capo della Provincia, insieme alle denuncie, l'elenco di tutti i cittadini di razza ebraica nella circoscrizione del Comune aggiungendo tutte le informazioni del caso sopra la possibilità che essi posseggano opere da porsi sotto sequestro.

Il Soprintendente  alle Gallerie provvederà d'ufficio a fare eseguire sopralluoghi per accertare i casi di mancata denunzia, avvalendosi, ove del caso, anche della forza pubblica.

2) Le denuncie devono essere presentate entro il giorno 7 gennaio 1944-XXII. Anche prima di tale data il Soprintendente alle Gallerie potrà disporre, ove lo ritenga opportuno, dei sopraluoghi, allo scopo di accertare la consistenza del patrimonio artistico di privati o di enti israelitici e potrà adottare tutti i provvedimenti cautelari che riterrà del caso.

3) Al sequestro delle opere d'arte di proprietà ebraica sono applicabili le disposizioni degli art. 295 e seguenti della legge di guerra e di neutralità, approvata con R.D. 8-8-1938 n. 1415, in quanto non siano incompatibili con il decreto in oggetto.

Il decreto di sequestro sarà, anche in questo caso, emesso dal Capo della Provincia, ma la richiesta relativa dovrà essere avanzata dal Soprintendente alle Gallerie. Ordinariamente e salvo casi eccezionali, da valutarsi d'accordo fra il Capo della Provincia e il Soprintendente alle Gallerie, saranno nominati sequestratari gli stessi detentori delle opere sequestrate.

Le opere d'arte sequestrate non saranno rimosse se non quando gravi circostanze lo consiglino.

Le mansioni di vigilanza sul sequestratario devolute all'Intendenza di Finanza, saranno esercitate di concerto con il Soprintendenza alle Gallerie, al quale spetta di dettare le disposizioni di carattere tecnico relative alla custodia e alla conservazione delle opere d'arte.

4) Le disposizioni relative al sequestro delle opere d'arte, si estendono alle collezioni di oggetti di antichità, alle raccolte numismatiche, alle raccolte di cimeli e in genere alle cose di cui alle lettere a(, b), c) dell'art. 1 della legge 1 Giugno 1939 n. 1089, sulla tutela delle cose di interesse artistico e storico.

5) Anche per gli oggetti di cui al n. 4) saranno adottati i criteri indicati al n. 3), per quelli riguarda le nomine del sequestratario e la conservazione delle opere sequestrate.

6) Le opere d'arte non denunziate o gli oggetti sui quali siano state fornite indicazioni false o incomplete allo scopo di evitare il sequestro, potranno essere confiscate. Il Decreto relativo sarà emesso dal Capo della Provincia e le cose che ne formano oggetto saranno prese in consegna dal Soprintendente alle Gallerie, ove trattisi di opere d'arte, e dai Soprintendenti alle Antichità e dai Soprintendenti Bibliografici, ove trattasi rispettivamente di oggetti di interesse archeologico e bibliografico.

Provvedere a portare a conoscenza degli interessati le disposizioni anzidette a mezzo di comunicazioni personali evitando, stante il carattere di riservatezza delle disposizione stesse, di divulgare a mezzo manifesto.

Raccomando la più stretta e tempestiva osservanza.

il capo della provincia

(Dr. Armando Rocchi)

F.to D. Armando Rocchi

(ACG, Cart., b. 1944/8/4, fasc. Ebrei. Varie)

 

1944, gennaio 4

Telegramma del prefetto Rocchi al Commissario di Gubbio.

N. 24 Gab. Provvedete immediata diffusione mezzo manifesto anche dattiloscritto mia seguente ordinanza vista ordinanza polizia comunicata ministero interno data 1 dicembre 43 ventiduesimo ritenuto che ebrei debbano considerarsi come sudditi nemici visto articolo 19 vigente T U legge comunale et provinciale ordino tutti debitori et detentori qualsiasi titolo di somme valori et genere beni et cose mobili di ebrei anche se discriminati sono tenuti at farne denuncia at banca d'Italia filiale Perugia entro giorno 15 gennaio corrente banca italia curerà ritiro et gestione somme er valori et provvederà inoltrare prefettura denuncie concernenti beni et cose mobili denuncie predette dovranno essere redatte secondo modalità indicate art. 309 decreto 8 luglio 1938 N. 1415 et presentate duplice esemplare di cui uno verrà restituito stampigliato at denunciante at carico contravventori at presente ordinanza sarà provveduto at norma legge guerra Perugia 4 gennaio 1944 ventiduesimo

Capo Prov. Rocchi

(ACG, Cart., b. 1944/8/4, fasc. Ebrei. Varie)

 

1944, gennaio 14

Telegramma del prefetto Rocchi al Commissario di Gubbio.

N. 236 Gab Trasmettete mezzo espresso elenco ebrei residenti comune corredato elenco completo beni mobili et immobili in proprietà at ciascuno di essi.

Capo Provincia Rocchi

(ACG, Cart., b. 1944/8/4, fasc. Ebrei. Varie)

 

1944, luglio 20

Manifesto.

N. 5190 Gab.

A.  M.  G.

r. prefettura di perugia

il prefetto reggente

vista l'ordinanza di polizia comunicata dal Ministero dell'Interno con telegramma N. 5 in data 1° dicembre 1943, con la quale fu disposto che tutti i beni mobili ed immobili di proprietà degli ebrei, anche se discriminati, a qualunque nazionalità appartenessero e comunque residenti nel territorio nazionale, dovevano essere sottoposti a sequestro;

visto il decreto legislativo 4 gennaio 1944 con cui venne, tra l'altro, disposta la confisca a favore della Repubblica Sociale Italiana dei beni mobili ed immobili e di ogni attività di pertinenza dei cittadini di razza ebraica;

visti i decreti prefettizi con i quali, in esecuzione alle disposizioni predette, furono sottoposti a sequestro o a confisca i beni mobili ed immobili e le attività di pertinenza dei cittadini di razza ebraica compresi nel territorio della Provincia;

consierato che le disposizioni di carattere razziale sono state imposte al servilismo fascista dalla prepotenza tedesca e sono contrarie al sentimento latino ed alla millenaria civiltà del popolo italiano, onde si rende urgente procedere alla revoca dei provvedimenti prefettizi anzidetti;

visto l'art 19 del T. U. della Legge Comunale e Provinciale approvato con R.D.L. 3 marzo 1934 N. 383;

in virtu' dei poteri delegatigli dal Comando Militare Alleato:

D E C R E T A

Sono revocati a tutti gli effetti i decreti prefettizi con i quali si è disposto il sequestro o la confisca dei beni mobili ed immobili e delle attività di pertinenza dei cittadini di razza ebraica, compresi nel territorio della Provincia.

I sequestratati dei beni predetti sono tenuti a presentare nei modi di legge, il rendiconto della loro gestione entro il termine di giorni 20 dalla data del presente decreto.

Gli interessati dovranno rivolgersi alla Prefettura per ottenere il reintegro nel possesso dei beni di loro proprietà.

Il prefetto Reggente

Avv. luigi peano

  (ACG, Cart., b. 1944/8/4, fasc. Ebrei. Varie)

 

1944, agosto 16

Il sindaco di Gubbio ai sigg.ri Aldo, Ettore e Giuseppe Ajò.

Oggetto: Decreto prefettizio n. 5190/Gab. del 20 luglio 1944.

Con decreto prefettizio n. 5190 Gab. del 20 luglio 1944 sono stati revocati a tutti gli effetti i decreti prefettizi con i quali si era disposto il sequestro e la confisca dei beni dei cittadini di razza ebraica.

Per ottenere il reintegro nel possesso dei vostri beni dovete rivolgervi alla R. prefettura.

il sindaco

F.to G. Salciarini

(ACG, Cart., b. 1944/8/4, fasc. Ebrei. Varie)

 

 


APPENDICE D

 

 

DOCUMENTI SULLE RICOMPENSE CONCESSE ALLE FAMIGLIE CHE AVEVANO AIUTATI I SOLDATI ALLEATI

 

 

1944, aprile 8

Circolare del prefetto di Perugia.

prefetira di perugia

N. 2313 gab.

Perugia, 8 aprile 1944 - XXII

Oggetto: Premi per recupero di apparecchi precipitati e per cattura di prigionieri di guerra.

Ai Podestà e Commissari della provincia.

Il locale Comando Germanico (Orst Kommandantur) desidera venga ricordato alla popolazione che, in base alle disposizioni precedentemente emanate, sono previsti dei premi in danaro a favore dei civili che abbiano comunque partecipato al recupero di apparecchi abbattuti o alla cattura di prigionieri di guerra evasi dai campi di concentramento.

Siete pertanto pregati di portare quanto sopra a conoscenza della popolazione, ricorrendo alla affissione di appositi manifesti, nei quali dovrà però essere posta in particolare rilievo l'avvertenza che contro coloro che si rendono responsabili di favoreggiamento verso gli equipaggi di apparecchi abbattuti o i prigionieri di guerra saranno applicate le gravissima sanzioni penali previste dalle speciali disposizioni in vigore, non esclusa la pena di morte.

il capo della provincia

(Dr. Armando Rocchi)

F.to Armando Rocchi

(ACG, Cart, b. 1944/8/4, fasc. varie in tempo di guerra)

 

1944, aprile 27

Circolare del prefetto di Perugia.

scscsc da Perugia 17401 388 tf 24/4 1235

podesta'  provincia

N. 3320 Gab.

Provvedete immediata pubblicazione mediante affissione manifesto seguente decreto duce 18 aprile u.s. relativo sanzioni penali carico militari et civili unitisi bande ribelli due punti

 

art. 1 = I militari di qualsiasi grado, classe e categoria e i non militari che prima o dopo l'8 settembre 1943 XXI hanno abbandonato il Reparto o l'abitazione per unirsi alle bande operanti in danno delle organizzazione militari o civili dello stato sono puniti per il fatto stesso di tale partecipazione con la pena di morte mediante fucilazione nella schiena.

Alla stessa pena è soggetto chiunque, all'infuori di una vera a propria partecipazione materiale all'attività delle bande, esplica una azione diretta ad agevolare l'opera delle bande stesse. Coloro che sono sorpresi con le armi alla mano sono immediatamente fucilati sul luogo stesso della cattura, senza bisogno di alcun giudizio.

art. 2 = Chiunque dà rifugio, fornisce vitto o presta comunque assistenza a taluna delle persone indicate nell'articolo precedente è punito con la pena di morte mediante fucilazione nella schiena.

La pena può tuttavia essere diminuita fino a un minimo di 15 anni di reclusione quando si tratti di rifugio, vitto o assistenza prestata a favore di un prossimo congiunto a norma dell'art. 307 Codice Penale.

art. 3 = I colpevoli di alcuno dei delitti previsti dagli articoli precedenti che si costituiscono volontariamente entro il termine di tenta giorni dalla data della pubblicazione del presente decreto andranno esenti da pene e non saranno sottoposti a procedimento penale.

art. 4 = La condanna per alcuno dei delitti previsti dagli articoli precedenti e la esecuzione sommaria prevista dal terzo comma dell'Art. 1 importano di diritto la confisca di tutti i beni mobili ed immobili appartenenti al colpevole.

art. 5 = La cognizione dei delitti previsti dal presente decreto spetta ai tribunali militari, i quali giudicano osservando le norme stabilite dalla legge per i Tribunali Militari e Straordinari di Guerra. Si applicano le norme predette anche per quanto attiene alla non impugnabilità dei giudicati.

Il presente decreto sarà pubblicato sulla Gazzetta Ufficiale d'Italia e inserito, munito del sigillo di stato, nella raccolta ufficiale delle Leggi e dei decreti. Esso entrerà in vigore il giorno stesso della sua pubblicazione sulla Gazzetta.=""

decreto dovra' avere larga diffusione nel comune et nelle frazioni et aticolo 3 dovrà essere riprodotto perticolare evidenza tipografica punto.

Capo Provincia rocchi

(ACG, Cart., b. 1944/8/4, fasc. Servizio del Lavoro)

 

1946, maggio 21

Il sindaco di Gubbio al quartiere generale per la ricerca dei dispersi e, per conoscenza, al prefetto di Perugia[56].

oggetto: Indagini relative a personale disperso della R.A.F.

Da informazioni assunte e da indagini esperite non è risultato che durante le operazioni belliche siano precipitati o siano stati costretti all'atterraggio, nel territorio di questo Comune, aereoplani alleati.

per il il sindaco

F.to A. Fiorucci

 

1947, marzo 17

Ricevuta rilasciata da don Paolo Nardi.

Il sottoscritto, Don Paolo Nardi, dichiara di aver ricevuto dal Sindaco del Comune di Gubbio, la somma di Lire 12.000, quale importo del compenso datogli dal Comando Alleato, per aver dato Asilo ed assistenza a militari inglesi nel periodo della occupazione nazi-fascista.

F.to D. Paolo Nardi

(ACG, Cart., b. 1944/8/4, fasc. Compensi corrisposti dal Comando Alleato a civili che dettero ricetto a militari inglesi)

 

1947, aprile 10

Il sindaco di Gubbio al prefetto di Perugia.

oggetto: Attività svolta da italiani in favore di prigionieri di guerra francesi ed alleati durante il recente conflitto.

Riferimento nota emarginata, si comunica che nel territorio di questo Comune non risulta che vi siano persone che abbiano facilitati l'evasione di prigionieri di guerra francesi.

il sindaco

(ACG, Cart., b. 1944/8/4, fasc. Pratiche con il Comando Alleato e Varie)

 

1947, maggio 7

Il sindaco di Gubbio al prefetto di Perugia.

oggetto: Gestione A.M.G. - Sistemazione somme somministrate dal Governo Militare Alleato.

Riferimento circolare n. 6828 del 6/3 c.a. comunico che sul bilancio trimestrale ottobre-dicembre 1944 fu concessa dall'A.M.G. un'anticipazione di L. 89026.= e che tale importo fu ritenuto sull'assegnazione del contributo in capitale per l'integrazione del bilancio 1944.

Si allega copia della decisione della Commissione Centrale per la Finanza locale in data 22/12/45.

il sindaco

(ACG, Cart., b. 1944/8/4, fasc. Pratiche con il Comando Alleato e Varie)

 

1947, giugno 17

Headquarters,

pow claims screening commission

c/o Military Attache

British Embassy

rome

Al sindaco di Gubbio

Il 23 giugno alle ore 12 un Ufficiale di questa Commissione giungerà al suo Ufficio per intervistare le persone che dettero aiuto ai prigionieri Inglesi secondo l'acclusa lista.

Voglia gentilmente avvertire gli interessati di trovarsi al Municipio per il giorno e l'ora indicati, pregandoli di essere puntuali.

Voglia inoltre avvertire che se gli interessati non possono venire, debbono inviare un loro rappresentante che sia a piena conoscenza dei fatti e possa esibire i documenti originali rilasciati dai prigionieri. E' da notare che questa sarà l'ultima volta che un Ufficiale Alleato verrà per investigazioni nella sua Provincia, ed è nell'interesse dei richiedenti che si presentino senza fallo.

F.to (illeggibile)

 

Alla comunicazione è allegata una lista di 25 nomi[57], di cui 4 di Umbertide.

Controllata e integrata la lista - esistevano degli sconosciuti e degli omonimi - il comune dirama l'invito del 23 a 19 eugubini residenti nelle seguenti località:

-         Biscina                                          N.        1

-         Caresto                                         N.        3

-         Carpiano                                       N.        1

-         Castiglione                         N.        1

-         Febino                                          N.        1

-         Fratticiola Selvatica.                      N.        1

-         Goregge                                        N.        3

-         Madonna della Pergola                  N.        1

-         Petroia                                          N.        2

-         San Bartolomeo                            N.        1

-         San Benedetto Vecchio                 N.        2

-         Santa Maria Maddalena                N.        1

-         Salia                                              N.        1

(ACG, Cart., b. 1944/8/4, fasc. Compensi corrisposti dal Comando Alleato a civili che dettero ricetto a militari inglesi)

 

 


APPENDICE E

 

 

DELIBERA DELLA GIUNTA MUNICIPALE DI GUBBIO DEL 13 APRILE 1954.

 

C I T T A'   D I   G U B B I O

Deliberazione numero 312 adottata dalla Giunta Municipale

oggetto

Elenco nominativo caduti nella lotta contro i nazifascisti.

L'anno millenovecentocinquanta 54, il giorno 13 del mese di aprile alle ore 18, in Gubbio, nel Palazzo di Città, e previo espletamento delle formalità prescritte dalla legge, si è riunita la Giunta Municipale.

Sono presenti i Signori

Bei Clementi Giuseppe                            Sindaco

Fofi Enrico                                             Assessore effettivo

Procacci Ubaldo                                        "                "

Facchini Oreste                                          "                "

Panfili Eda                                                  "                "

Casagrande Raffi Giuseppe             "                "

Fiorucci Alberto                                         "                "

Essendosi in numero legale per la validità dell'adunanza, assume la Presidenza il Signor Segretario Generale Signor Dr. Canilli Carlo.

la giunta municipale

Vista la nota in data 22 marzo u.s. n. 2606 colla quale l'Amministrazione Provinciale di Perugia chiede l'elenco coi nominativi dei Caduti nella lotta contro i nazifascisti da ricordare nella lapide che a cura dell'Amministrazione Provinciali stessa sarà collocata nel cortile del Palazzo della Prefettura e della Provincia nell'occasione del Decennale della Resistenza.

Su proposta del Sindaco e dell'Assessore Fiorucci Adolfo;

A voti unanimi palesi

d e l i b e r a

di approvare il seguente elenco dei nominativi dei caduti nella lotta contro i nazi fascisti:

1.      pascolini salvatore (...) = nato a Gubbio il 25/7/1898 = deceduto il 27/3/1944 = in seguito a rastrellamento delle truppe tedesche = (...).

2.      pascolini fernanda (...) = nata a Gubbio il 3/4/1925 = deceduta il 27/3/1944 = in seguito a rastrellamento delle truppe tedesche = (...).

3.      petrini rossi nazzareno (...) = nato a Gubbio il 5/7/1905 = deceduto il 27/3/1944 = in seguito a rastrellamento delle truppe tedesche = (...).

4.      anemone lamberto (...) = nato a Gubbio il 17/9/1883 = deceduto il 27/3/1944 in seguito a rastrellamento delle truppe tedesche = (...).

5.      bicchielli adolfo (...) = nato a Gubbio il 23/1/1913 = deceduto il 27/3/1944 = in seguito a rastrellamento delle truppe tedesche = (...).

6.      bei antonio (...) = nato a Gubbio l'11/3/1882 = deceduto il 9/5/1944 = in seguito a rastrellamento delle truppe tedesche = (...).

7.      smacchi palma (...) = nata a Gubbio il 28/2/1883 = deceduta il 9/5/1944 = in seguito a rastrellamento elle truppe tedesche = (...).

8.      mazzacrelli giovanni battista (...) = nato a Gubbio il 5/8/1923 = deceduto il 7/5/1944 = in seguito a rastrellamento delle truppe tedesche = (...).

9.      farabi gino (...) = nato a Gualdo Tadino il 4/6/1925 = deceduto il 22/6/1944 per esecuzione capitale effettuata da truppe tedesche = (...).

10.  minelli guerrino (...) = nato a Gubbio il 26/5/1917 = deceduto il 22/6/1944 per esecuzione capitale effettuata da truppe tedesche = (...).

11.  moretti franco (...) = nato a Foligno il 24/10/1923 = deceduto il 22/6/1944 per esecuzione capitale effettuata da truppe tedesche = (...).

12.  tomarelli luigi (...) = nato a Gubbio il 9/8/1883 = deceduto il 22/6/1944 per esecuzione capitale effettuata da truppe tedesche = (...).

13.  rossi domenico (...) = nato a Gubbio l'8/3/1903 = deceduto il 22/6/1944 per esecuzione capitale effettuata da truppe tedesche = (...).

14.  allegrucci giuseppe (...) = nato a Gubbio il 2/3/1910 = deceduto il 22/6/1944 per esecuzione capitale effettuata da truppe tedesche = (...).

15.  baldelli carlo (...) = nato a Gubbio il 15/1/1910 = deceduto il 22/6/1944 per esecuzione capitale effettuata da truppe tedesche = (...).

16.  felizianetti alberto (...) = nato a Gubbio il 25/5/1921 = deceduto il 22/6/1944 per esecuzione capitale effettuata da truppe tedesche = (...).

17.  romanelli gastone (...) = nato ad Anghiari il 25/10/1927 = deceduto il 22/6/1944 per esecuzione capitale effettuata da truppe tedesche = (...).

18.  bedini ferdinendo (...) = nato a Watwil (Svizzera) il 16/3/1905 = deceduto il 22/6/1944 per esecuzione capitale effettuata da truppe tedesche = (...).

19.  cacciamani enrico (...) = nato a Gubbio il 22/4/1894 = deceduto il 22/6/1944 per esecuzione capitale effettuata da truppe tedesche = (...).

20.  piccotti autilio (...) = nato a Naters (Svizzera) il 23/5/1903 = deceduto il 22/6/1944 per esecuzione capitale effettuata da truppe tedesche = (...).

21.  paoletti marino (...) = nato a Gubbio l'8/10/1914 = deceduto il 22/6/1944 per esecuzione capitale effettuata da truppe tedesche = (...).

22.  sollevanti giacomo (...) = nato a Gubbio il 15/10/1926 = deceduto il 22/6/1944 per esecuzione capitale effettuata da truppe tedesche = (...).

23.  zizolfi giovanni (...) = nato a Mirto il 18/9/1921 = deceduto il 22/6/1944 per esecuzione capitale effettuata da truppe tedesche = (...).

24.  migliarini innocenzo (...) = nato a Gubbio il 28/10/1904 = deceduto il 22/6/1944 per esecuzione capitale effettuata da truppe tedesche = (...).

25.  rampini raffaele (...) = nato a Gubbio il 6/4/1901 = deceduto il 22/6/1944 per esecuzione capitale effettuata da truppe tedesche = (...).

26.  baldoni virgilio (...) = nato a Gubbio il 17/10/1906 = deceduto il 22/6/1944 per esecuzione capitale effettuata da truppe tedesche = (...).

27.  profili guido (...) = nato a Gubbio il 3/2/1890 = deceduto il 22/6/1944 per esecuzione capitale effettuata da truppe tedesche = (...).

28.  battaglini enea (...) = nato a Gubbio il 28/3/1924 = deceduto il 22/6/1944 per esecuzione capitale effettuata da truppe tedesche = (...).

29.  minelli luigi (...) = nato a Gubbio il 13/10/1902 = deceduto il 22/6/1944 per esecuzione capitale effettuata da truppe tedesche = (...).

30.  mariotti ubaldo (...) = nato a Gubbio il 27/2/1926 = deceduto il 22/6/1944 per esecuzione capitale effettuata da truppe tedesche = (...).

31.  ghigi miranda (...) = nata a Gubbio il 24/6/1914 = deceduta il 22/6/1944 per esecuzione capitale effettuata da truppe tedesche = (...).

32.  pelicci zelinda (...) = nata a Gubbio il 12/2/1880 = deceduta il 22/6/1944 per esecuzione capitale effettuata da truppe tedesche = (...).

33.  moretti luigi (...) = nato a Foligno il 10/4/1922 = deceduto il 22/6/1944 per esecuzione capitale effettuata da truppe tedesche = (...).

34.  bellucci ubaldo (...) = nato a Gubbio il 18/2/1910 = deceduto il 22/6/1944 per esecuzione capitale effettuata da truppe tedesche = (...).

35.  roselli luciano (...) = nato a Gubbio il 19/3/1921 = deceduto il 22/6/1944 per esecuzione capitale effettuata da truppe tedesche = (...).

36.  scarabotta enrico (...) = nato a Gubbio il 6/11/1908 = deceduto il 22/6/1944 per esecuzione capitale effettuata da truppe tedesche = (...).

37.  bartolini sante (...) = nato a Gubbio il 12/4/1889 = deceduto il 22/6/1944 per esecuzione capitale effettuata da truppe tedesche = (...).

38.  bedini francesco (...) = nato a Gubbio il 2/3/1894 = deceduto il 22/6/1944 per esecuzione capitale effettuata da truppe tedesche = (...).

39.  gaggioli francesco (...) = nato a Gubbio il 9/3/1927 = deceduto il 22/6/1944 per esecuzione capitale effettuata da truppe tedesche = (...).

40.  rogari nazareno (...) = nato a Gubbio il 17/5/1894 = deceduto il 22/6/1944 per esecuzione capitale effettuata da truppe tedesche = (...).

41.  rossi francesco (...) = nato a Gubbio il 31/3/1895 = deceduto il 22/6/1944 per esecuzione capitale effettuata da truppe tedesche = (...).

42.  lisarelli alessandro (...) = nato a Gubbio l'11/9/1921 = deceduto il 22/6/1944 per esecuzione capitale effettuata da truppe tedesche = (...).

43.  cacciamani cesare (...) = nato a Gubbio il 28/9/1892 = deceduto il 22/6/1944 per esecuzione capitale effettuata da truppe tedesche = (...).

44.  pannacci gustavo (...) = nato a Gubbio il 19/9/1908 = deceduto il 22/6/1944 per esecuzione capitale effettuata da truppe tedesche = (...).

45.  roncigli vittorio (...) = nato a Gubbio il 26/1/1906 = deceduto il 22/6/1944 per esecuzione capitale effettuata da truppe tedesche = (...).

46.  pierotti francesco (...) = nato a Gubbio il 23/1/1904 = deceduto il 22/6/1944 per esecuzione capitale effettuata da truppe tedesche = (...).

47.  testadura cacciamani giuseppe (...) = nato a Gubbio il 28/11/1925 = deceduto il 22/6/1944 per esecuzione capitale effettuata da truppe tedesche = (...).

48.  marcheggiani raffaele (...) = nato a Gubbio il 16/12/1887 = deceduto il 22/6/1944 per esecuzione capitale effettuata da truppe tedesche = (...).

49.  pauselli maria (...) = nata a Gubbio il 7/5/1910 = deceduta il 15/7/1944 in seguito ad operazioni di guerra = (...).

50.  menichetti fernando (...) = nato a Gubbio il 3/9/1918 = deceduto il 13/7/1944 ucciso da soldati tedeschi = (...).

51.  guetta alberto (...) = nato a Livorno il 6(1/1922 = deceduto il 27/3/1944 con colpi di moschetto da soldati tedeschi e militi fascisti = (...).

52.  viterbo piero (...) = nato a Livorno l'11/2/1922 = deceduto il 27/3/1944 con colpi di moschetto da soldati tedeschi e militi fascisti = (...).

53.  girelli floriano (...) = nato a Pietralunga nel 1925 = deceduto l'11/5/1944 fucilato dai tedeschi perché partigiano = (...).

54.  bartolini aurelio (...) = nato a Gubbio il 16/6/1926 = deceduto il 7/5/1944 in combattimento contro le truppe tedesche = (...).

55.  angeloni sergio (...) = nato a Gubbio il 26/2/1925 = deceduto il 4/6/1944 in combattimento contro le truppe tedesche = (...)

56.  radicchi adelmo (...) = nato a Pietralunga il 24/1/1925 = deceduto il 4/6/1944 in combattimento contro le truppe tedesche = (...).

57.  camelia nello (...) = nato a Gubbio il 17/4/1925 = deceduto il 4/6/1944 in combattimento contro le truppe tedesche = (...).

58.  tarini ciro (...) = nato a Montecicardo il 10/10/1923 = deceduto il 28/6/1944 caduto in combattimento a Gubbio = (...).

59.  carfora giovanni (...) = nato a Napoli il 15/5/1922 = deceduto il 30/6/1944 fucilato dai tedeschi a Fassia = (...).

60.  tolmino anemone (,,,) = nato a Aulsuè (Francia) il 3/7/1924 = deceduto il 30/6/1944 fucilato dai tedeschi a Fassia = (...).

61.  parruccini umberto (...) = nato a Gubbio il 28/7/1914 = deceduto il 5/7/1944 fucilato dai tedeschi[58] = (...).

62.  Turziani Domenico (...) = nato a Gubbio il 22/2/1912 = deceduto l'8/6/1944 assassinato dai fascisti = (...).

63.  balducci dante (...) = nato a Gubbio il 20/11/1922 = deceduto l'8/10/1944 - partigiano combattente - deceduto causa malattia partigiana = (...).

64.  bellucci luigi (...) = nato a Gubbio il 23/3/1925 = caduto in combattimento a Pietralunga il 7/7/1944 = (...).

65.  Cap. minelli luigi (...) = nato a Gubbio il 1/7/1909 = deceduto il 7/10/1943 fucilato dai tedeschi in Albania = (...).

66.  gatti umberto giuseppe (...) = nato a Gubbio l'8/5/1910 = deceduto il 19/10/1943 - caduto in combattimento in Jugoslavia = (...).

67.  guetta pier luigi (...) = nato = deceduto il 27/3/1944 = caduto in combattimento a Rancana[59] = sepolto nel cimitero di Villamagna[60] = (...).  

(ACG, Carteggio, b. 1960/8/5)

 


 

 


BIBLIOGRAFIA

 

 

-         F. Andrade, La Wehrmacht in Italia. la guerra delle forze armate tedesche contro la popolazione civile 1943-1945., Roma 1997.

-         U. Braccini, Mai più!, in "Ancora Insieme", a. XIII (2000), n. 23, pp. 15-16.

-         U. Braccini, Mai più!, in "Santuario di Sant'Ubaldo", a. XIX (2000), nn. 3-4, pp. 40-41.

-         S. Bellucci, D. Castellani, L. Panfili (a cura di), Gli ebrei in Italia tra il 1938 e il 1945. Gubbio e la persecuzione razziale, Gubbio 2001.

-         F. Cece, Beniamino Ubaldi: Memorie personali di guerra (1944-1945), Gubbio 2001 (dispensa).

-         F. Cece, Gubbio 1943-1944. Memorie, Gubbio 2002, (dispensa).

-         F. Cece, Gubbio 1944-1945. Miscellanea di documenti vari riferibili all'operato di monsignor Beniamino Ubaldi, parte seconda, Gubbio 2002 (dispensa).

-         F. Cece, Gli ecclesiastici eugubini nella Grande Guerra, Gubbio 2003 (dispensa).

-         M. Franzinelli, Le stragi nascoste. L'armadio della vergogna. Impunità e rimozione dei crimini di guerra nazifascisti 1943-2001. Milano 2002.

-         D.R. Nardelli (a cura di), I luoghi dei crimini nazisti. Dal dolore della memoria all'impegno per la pace. Corso di aggiornamento per insegnanti della scuola elementare, media e secondaria superiore, Gubbio, Centro Servizi S. Spirito, 20-21 novembre 1997, Materiali, Gubbio 1997 (fascicolo di fotocopie).

-         G. Pellegrini, Gubbio e l'eccidio dei quaranta martiri, in Dal tramonto all'alba. La provincia di Pesaro e Urbino tra fascismo guerra e ricostruzione. Atti del convegno di studi svoltosi a Pesaro il 14-15 ottobre 1994. Bologna 1995, pp. 57.72.

-         G.S. Rossi, La destra e gli ebrei. Una storia italiana, Soveria Mannelli 2003.

-         C. Spaziani, Orrori e stragi di guerra nel territorio eugubino, Gubbio 1947.

-         A. Colombo, La spoliazione dei beni degli ebrei in Italia in seguito alle leggi razziali del 1938 e le relative restituzioni, in www.morasha.it/tesi/clmb/clmbo2.html#29



[1] Si vedano i documenti in appendice.

[2] Per alcuni documenti riguardanti le ricompense concesse alle famiglie che avevano aiutato gli Alleati si veda l'appendice C. Ricordo che tali ricompense si dovettero all'interessamento di Godolphin Francis d'Arby Osborne, già ambasciatore a Washington e presso la Santa Sede.

In quegli anni era attivo anche a Gubbio il Comitato Provinciale per i Patrioti (diramazione dell'Allied Control Commission Patriots Branc) che prevedeva il riconoscimento di particolari condizioni per gli ex-partigiani.

[3] Sul rastrellamento del 27 marzo 1944 cfr. Pellegrini 1995, pp. 62-63; Andrade 1997, pp. 135-136; Franzinelli 2002, p. 20.

[4] Secondo quanto riportato in Andrade 1997, pp. 135-136, la responsabilità del rastrellamento e dell'uccisione di tante persone non fu opera delle SS:

"Unità del reparto esplorativo 103 e del 4° battaglione genieri 'annientano' alla fine di marzo a nord di Perugia una 'banda partigiana', uccidono 57 uomini e ne catturano 44. Probabilmente si tratta in questo caso di una razzia a Gubbio del giorno 25 e di una seconda operazione analoga del 27 marzo, in occasione delle quali, tra l'altro, in una masseria contadina, vengono catturati numerosi ebrei che vi si nascondevano. Il contadino, un altro uomo e la figlia di questi vengono passati per le armi".

A parte l'esagerazione sulla masseria piena di ebrei (il riferimento alla vicenda dei tre giovani è però limpido), quello che conta è che l'azione viene attribuita all'esercito regolare, il quale si rese colpevoli di orrori paragonabili a quelli che sono state sempre attribuiti alle SS. Così come le stragi compiute dagli italiani, per esempio, nel Balcani, non furono opera di reparti fascisti, ma del Regio Esercito.

L'attribuzione del rastrellamento al 103° reparto esplorativo è confermata da un documento trascritto in appendice sotto la data 27 marzo 1944. Si tratta del rapporto che riepiloga l'azione compiuta.

[5] Cfr. con la lettera di don Biagiotti datata 30 marzo 1944.

[6] "Tra la fine dell'aprile e il maggio 1944 il sottosegretario [della R. S. I.] Paolo Zerbino , responsabile dell'Ufficio di collegamento con le autorità militari germaniche, scrisse ben sette memoriali al comando superiore germanico per far conoscere situazioni incresciose. Ecco la parte centrale del rapporto sui rastrellamenti tedeschi in provincia di Perugia:

Segnalavo a codesto Ministero le gravi conseguenze di un'azione di rastrellamento di ribelli svolta nella zona di Gubbio da un reparto germanico e nella quale trovarono la morte 57 persone, la maggior parte delle quali non erano ribelli né loro favoreggiatori.

(...)

Debbo ora segnalare che in una [...] azione svolta sempre della FFAA Germaniche nella zona del Comune di Scheggia Pascelupo il 27 marzo, sono stati uccisi 4 componenti della stesa famiglia e precisamente il padre del 1902 e due figli rispettivamente del 1927 - 1929, nonché il fratello del 1906.

Secondo quanto mi è stato possibile accertare i predetti sarebbero stati passati per le armi perché in possesso di 600 grammi di polvere nera, sei metri di miccia e 10 capsule, materiale destinato alla spaccatura di grossi tronchi d'albero abbattuti nell'azienda agricola da loro condotta a mezzadria.

Richiamandomi alle precedenti relazioni mi permetto fermare l'attenzione di codesto Ministero sulla gravità di tali incidenti, le cui ripercussioni, ove dovessero ripetersi ulteriormente, oltre che costituire una continua minaccia per il mantenimento dell'ordine pubblico, vengono a sminuire il prestigio delle FFAA Germaniche, tenuto anche conto del giustificabile risentimento che comincia a serpeggiare nella popolazione a seguito dei recenti indiscriminati rastrellamenti che reparti germanici della SS stanno effettuando nelle vie e nelle piazze anche di Comuni non soggetti all'influenza dei ribelli" (Franzinelli 2002, p. 20 e nota n. 9 a p. 273).

[7] Dopo la fotografia dei due defunti segue la seguente iscrizione:

qui nell'abbraccio della morte - riposano insieme / salvatore pascolini / di anni 46 / e la figlia fernanda pascolini di anni 19 / che intenti al lavoro dei campi - il 27 marzo 1944 / furono trucidati dalla belva tedesca / chiamata e guidata dall'odio fascista / al terrore delle popolazioni – allo scempio delle famiglie / alla devastazione - al saccheggio - alla strage / i cittadini e i posteri - non dimenticheranno.

[8] Approfitto dell'argomento trattato, cioè quello degli ebrei durante gli ultimi anni del fascismo e nella I G.M., per inserite con un'apposita appendice i testi delle leggi razziali del 1938 di cui tutti abbiamo sentito parlare, ma che in pochi abbiamo letto. L'argomento, delicato, vasto e troppo poco documentato localmente (almeno fino ad ora), meriterebbe una ricerca meticolosa su fonti originarie, ufficiali e non. Come noto a Gubbio la presenza ebrea era limitata alla famiglia Ajò la quale, però, al suo interno ebbe uomini che si trovarono in posizioni, oserei dire, opposte. Tanto per fare un esempio cito Giuseppe Ajò, segretario del Partito Nazionale Fascista di Gubbio per alcuni anni (sicuramente lo fu nel 1935; una sola domanda: come avrà accolto l'emanazione delle leggi razziali del 1938?) e il fratello Ettore Ajò, avvocato antifascista (si vedano i brani del suo diario la cui pubblicazione è stata meritoriamente concessa dall'erede Ajò; cfr. Bellucci, Castellani, Panfili 2001).

[9] C'erano delle persone che, temendo azioni di quel tipo, stava in allerta.

[10] Alla luce di questa ricostruzione appare fuorviante quanto riportato nel libro di Ugo Jona (cfr. doc. 1992) secondo il quale i tre ebrei furono uccisi  perché un "malvagio repubblichino" li aveva denunciati alle "SS". In presenza di una delazione i tedeschi e i militi fascisti che erano soliti accompagnarli non si sarebbero di certo lasciati sfuggire i genitori dei Guetta.

[11] E' ipotizzabile che i tedeschi non si siano affatto resi conto di aver fucilato tre ebrei. Teoricamente li avrebbero potuti identificare come tali dal segno della circoncisione: sembra però improbabile immaginare che i componenti della pattuglia si siamo messi a spogliare uomini vestiti con abiti "rattoppati".

[12] Cfr. docc. del 27 e 29 marzo 1944.

[13] Nel cimitero di Villamagna è rimasta una lapide che, accanto alle fotografie dei tre ebrei, porta la seguente iscrizione:

qui furono sepolti i giovani israeliti / alberto guetta / pierluigi guetta / piero viterbo / fucilati dai tedeschi e fascisti il 27-3-1944 / per odio razzista / mai più ricada sul mondo questa barbarie.

E' da notare che tra gli appunti di mons. Carlo Braccini vi è pure il testo di un'iscrizione che, forse, è stata poi modificata. Dopo la stella di David seguono le seguenti parole :

Alberto Guetta   Pier Luigi Guetta   Piero Viterbo

                      fieri          belli       buoni

        assassinati dai tedeschi e militi fascisti

                   Villamagna 27 marzo 1944

(AVG, 3/26, matteriale di mons. Carlo Braccini).

Ricordo, infine, che i tre israeliti figurano, accanto ad altri 64 caduti, nella lista dei caduti approvata dalla giunta comunale eugubina nella seduta del 13 aprile 1954 ("Elenco nominativo caduti della lotta contro i nazifascisti"). Quei nomi, chiesti dalla provincia di Perugia, dovevano essere inseriti nella lapide che la detta amministrazione avrebbe collocato nel cortile del palazzo della Prefettura e della Provincia in occasione del decennale della  Resistenza (ACG, Carteggio, B. 1960/8/5-3).

[14] In quel tempo tutto il grano proveniente dalla battitura era portato nei magazzini dell'ammasso. Ogni persona del podere si vedeva assegnata la quota di 150 kg che doveva bastare per tutto l'anno. Ma la parte spettante a ciascuna famiglia, chiaramente insufficiente, veniva "arrotondata" con mille espedienti.

[15] Nei pressi di Costacciaro.

[16] Cfr. il brano della pubblicazione di mons. Carlo Spaziani che ho qui riportato tra i documenti sotto la data 1947.

[17] Il familiare abito lungo pieno di bottoni.

[18] Alla sua età (16 anni) la carta d'identità non veniva rilasciata. Il foglio di riconoscimento in bollo Ubaldo lo aveva fatto in occasione degli esami di ammissione al liceo "Armanni".

[19] Dal presidio di Pascolo una ventina di tedeschi, con fusti di petrolio, avevano raggiunto Rancana e incendiato il fabbricato con il corpo di Antonio Lupini che i parenti avevano sistemato sul letto in attesa di dargli regolare sepoltura.

[20] Don Lorenzo Biagiotti, parroco di Scheggia.

[21] Il punto è evidenziato in verde nella mappa allegata in fine della dispensa.

[22] Cece, 20022, pp. 37-38.

[23] Giuseppe Pacido Maria Nicolini, benedettino, vescovo di Assisi.

[24] Cece, 20022, pp. 37-38.

[25] Cece, 20022, p. 38.

[26] Don Venanzo Lucarini di Gubbio.

[27] Il ritorno dei seminaristi Braccini e Pastorelli ebbe senz’altro dell’avventuroso. Partiti con il treno raggiunsero Ponte San Giovanni e lì dovettero fermarsi perché la linea era stata bombardata. Al Bosco fecero l’autostop ad alcuni camion tedeschi ma non vennero caricati. Quindi, a piedi, si avviarono al Piccione. C’era la neve. Alta e solo con un minimo di rotta. Braccini, scoraggiato per le difficoltà che incontrano nel procedere, ancora reduce dalla malattia, con lo stomaco vuoto, cominciò a scoraggiarsi ma fu sostenuto con energia da Pastorelli il quale ogni tanto gli diceva che entro breve avrebbero raggiunto la casa del suo “compare” e li si sarebbero potuti rifocillare. Il ristoro giunse solo alle Casacce, ma, per i due “pretini” Eugubini, fu il pasto più desiderato della loro vita!

[28] Cece, 2001, p. 5.

[29] Annotazione postuma di don Ubaldo Braccini che chiarisce il significato delle annotazioni di suo zio. "Fatti di Rancana. Si riferisce al rastrellamento in cui furono uccisi da Nazisti i tre giovani ebrei".

[30] Nota di don Ubaldo: "Conto di £ 1.785. Spese per la tumulazione dei tre al cimitero della Cima". Si tratta del cimitero posto nella località Madonna della Cima.

[31] Nota di don Ubaldo: "collocazione degli effetti personali della famiglia Guetta negli scaffali della Curia". Nella cassaforte erano probabilmente custoditi i preziosi e i libretti di banca di cui all'elenco del 31 marzo 1944 (cfr. documento in pari data).

[32] Cece, 20021, pp. 52-53.

[33] Si tratta degli israeliti Alberto e Pier Luigi Guetta e del loro amico Piero Viterbo.

[34] Importo in £ del denaro depositato sul libretto.

[35] Pseudonimo usato da Dante Guetta, padre di Alberto e Pierluigi fucilati il 27 marzo, che scrive da Firenze, Via Orivolo 3.

[36] Cugino di don Ubaldo. Un'annotazione, "R/2.5.44", precisa che la cartolina fu ricevuta il 2 maggio 1944.

[37] Passato il fronte, sono venute meno le ragioni che avevano consigliato l'uso di uno pseudonimo.

[38] Cece 20021, p. 22.

[39] Cece 20021, pp. 53-54.

[40] Spaziani 1947, pp. 134-136.

[41] Ponte Calcara.

[42] Località La Pezza.

[43] Nota Originale di mons. Spaziani: "Le brave suore aprirono anche un asilo all'aperto".

[44] La lettera è su carta intestata: "dante guetta, Viale Fratelli Rosselli, 78 - Telefono 20-094".

[45] Braccini 2000.

[46] Bellucci, Castellani, Panfili 2001, pp. 57-66.

[47] Nota originale: "c. spaziani, Orrori e stragi della guerra, Gubbio, 1974".

[48] Per notizie e scritti di don Rughi cfr. Cece 2003.

[49] Su questi fatti che coinvolsero i due sacerdoti, ho raccolto alcuni documenti inediti che, oltre a fare un po' di luce sui fatti, ci danno i visione nuova e, per certi versi, drammatica di quello che a tali fatti seguì. Spero di darne conto il prima possibile.

[50] Tutta la documentazione è stata trascritta, assieme ad altra, nelle seguenti dispense curate da chi scrive:

-          Beniamino Ubaldi: Memorie personali di guerra (1944-1945), Gubbio 2001;

-          Gubbio 1943-1944. Memorie, Gubbio 2002;

-          Gubbio 1944-1945. Miscellanea di documenti vari riferibili all'operato di monsignor Beniamino Ubaldi, parti I e II, Gubbio 2002.

[51] Nota originale della pubblicazione: "Si tratta del messaggio radiofonico della vigilia del Natale 1942, durante il quale il Papa si espresse in difesa del popolo ebraico con queste parole: 'L'umanità è in debito di questa promessa con le centinaia di migliaia di persone, le quali senza propria colpa, talora solo per ragioni di nazionalità o di stirpe, sono destinate alla morte o a un progressivo deperimento'".

[52] Nota originale della pubblicazione: "Opera teatrale del tedesco Rolf Hochhuth, del 1963".

[53] In realtà si tratta di una cartolina postale,

[54] Naturalmente don Ubaldo si riferiva al passaggio del fronte e quindi alla liberazione, dell'Italia centrale.

[55] Le condizioni per le quali alcuni ebrei poterono sottrarsi alla normativa razziale sono elencati al punto "Discriminazione fra gli ebrei di cittadinanza italiana" del capitolo "2 - DICHIARAZIONE SULLA RAZZA" inserita nell'appendice B.

[56] La prefettura aveva inviato anche degli appositi questionari da riempire accompagnati da una circolare esplicativa.

[57] Di alcuni di essi esiste anche una documentazione relativa al loro operato. L'assistenza agli alleati, soprattutto inglesi, si traduceva in rifornimento viveri, ospitalità, indicazioni sulle strade da percorrere, ecc. I soldati in fuga lasciavano alle volte dei biglietti con le proprie generalità che poi furono portati dagli eugubini come prova del loro operato al momento della riscossione del compenso. Dei soldati soccorsi sono documentati però due soli nomi: Leslie Austin e Albert George Morris (aiutati a Caresto dall'8 9 febbraio 1944 fino alla ritirata dei tedeschi). Si accenna pure a "4 jugoslavi evasi dal campo di concentramento di Arezzo" soccorsi da un abitante di Santa Maria di Burano

[58] Alla luce di quanto si conosce questa sembra una inesattezza, anche se la sostanza resta quella che vede nei soldati tedeschi appostati presso la prima cappelluccia i responsabili della morte del vigile Parruccini.

[59] E’ poco comprensibile come sia stata inserita questa motivazione e come il nome di Pier Luigi sia stato inserito solo alla fine dell’elenco, separandolo da quello degli altri due israeliti, Alberto Guetta e Piero Viterbo.

[60] Cioè a Madonna della Cima.